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Il femminicidio di Lorena Quaranta: "Nessuno stress da Covid, solo efferata violenza"
di Andrea Rifatto | oggi | CRONACA
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Antonio De Pace e Lorena Quaranta
“Ed allora tirando le fila questa Corte non ravvisa nella condotta tenuta dall'imputato prima, durante e dopo il grave fatto omicidiario alcun elemento di carattere positivo in grado di influenzare la determinazione della pena. Si ritiene infatti che la situazione di stress che certamente stava vivendo il De Pace non fosse di intensità tale da consentire la concessione delle circostanze attenuanti generiche in presenza di numerosi e pregnanti elementi di segno negativo posti in essere successivamente al grave fatto omicidiario”. Così la Corte d’assise di appello di Reggio Calabria motiva la sentenza che lo scorso 28 novembre ha confermato la condanna alla pena dell’ergastolo per Antonio De Pace, il 33enne calabrese che il il 31 marzo del 2020 ha ucciso a Furci Siculo Lorena Quaranta, la studentessa 27enne di Favara sua fidanzata. Un verdetto arrivato al termine del processo “bis”, nato dopo che la Corte di Cassazione ha disposto l’annullamento con rinvio, limitatamente all’applicabilità delle attenuanti generiche, della condanna all’ergastolo già inflitta dalla Corte d’appello di Messina il 18 luglio 2023. I giudici calabresi hanno escluso lo “stress da Covid” che la Cassazione aveva chiesto di considerare ritenendo che i giudici di merito non avessero verificato se la specificità del contesto, il periodo Covid e la difficoltà di porvi rimedio avessero costituito fattori incidenti sulla misura della responsabilità penale dell’imputato. Adesso nelle motivazioni viene spiegato il motivo della decisione assunta dalla Corte calabrese presieduta dalla giudice Angelina Bandiera. “Non esiste un solo elemento in grado di neutralizzare l'efferatezza del crimine commesso - scrive la Corte - la pandemia ha certamente fatto da sfondo all'omicidio, è indubbio che il De Pace, come peraltro l'intera popolazione mondiale, fosse scosso dal clima che si respirava e ciò potrebbe costituire l'unico aspetto positivamente valutabile che tuttavia si scontra e viene annullato dalla presenza di fattori negativi di pregnanza di gran lunga superiore così come sopra evidenziati. Pur nella condivisione della censura formulata dai giudici di primo grado in ordine all'affermazione che si legge nelle sentenze di merito relativamente al rimprovero mosso all'imputato di non avere fatto nulla per infrenare lo stato di angoscia derivante dal pericolo di contaminazione, ritiene questo Collegio che forse troppo rilievo è stato dato a questo aspetto (alla paura di contagio) a fronte di elementi che depongono in senso contrario, quali l'incontro con l'amico il giorno prima, l'abbraccio con la fidanzata al suo rientro, la cena consumata insieme e finanche il film insieme sotto le coperte. Questi descritti sono tutti comportamenti che ridimensionano la portata dello stress da Covid 19 di cui era portatore l’imputato”. Da qui la decisione di confermare la sentenza emessa in data 14 luglio 2022 dalla Corte d'assise di Messina, come riformata dalla sentenza di Appello in termini di determinazione della pena e dunque l'esclusione della concessione delle circostanze attenuanti generiche. La sentenza descrive le fasi del delitto e anche il comportamento assunto da Antonio De Pace nei periodi successivi e si evidenzia come “lo stato di agitazione più volte evocato, dettato perlopiù dal timore di essere contagiato dal virus da parte della vittima, appare distonico o comunque non particolarmente grave, rispetto ad altri elementi che sono emersi dalle indagini tutti riportati nelle sentenze. È emerso infatti che a circa 24 ore dall'omicidio il De Pace ha trascorso una serata a giocare con la PlayStation con un amico; il 30 marzo dopo il tentativo di allontanamento da Furci è rientrato in casa, ha abbracciato la fidanzata lungo la scala, ha insieme a lei consumato la cena e per ultimo, i due fidanzati hanno guardato un film trasmesso sulla piattaforma Netflix, insieme sotto le coperte, in quello stesso letto in cui dopo qualche ora il De Pace uccideva la giovane Lorena”. A completamento dell'aspetto che attiene alla paura di contagio del Covid da parte dell’infermiere Calabrese, la corte reggina segnala che “durante la carcerazione, a febbraio 2022 e dunque in un momento di molto successivo all'esplosione della pandemia, il De Pace ha contratto il virus senza tuttavia manifestare particolari paure o forme di disagio. Né si è palesato un particolare timore nel corso della fase iniziale della sua carcerazione, negli ambienti in cui è nota la promiscuità delle persone, e dove non era possibile l'adozione di particolari cautele se non a seguito di contagio del virus. Dunque di immediata percezione che il timore di contaminazione da cui sarebbero derivate ben più gravi conseguenze, che agisce da sfondo e da elemento determinante della condotta del De Pace, non avesse quella portata tanto enfatizzata dalla difesa”. L’assassino non ha mai chiarito perchè abbia ucciso Lorena e i motivi del litigio esploso quella mattina, ma le modalità del delitto “non lasciano alcuno spazio ad una positiva considerazione - evidenziano i giudici - per la sopraffazione fisica manifestata attraverso la stretta soffocativa durata 3-4 minuti, pochi minuti in senso assoluto, un'eternità se si pensa a chi in quei minuti non riusciva a respirare e si divincolava per allentare la morsa. Il tentativo di difendersi da parte della giovane da un lato e la pervicacia del gesto da parte del De Pace che avrebbe avuto il tempo di mollare la stretta sono tutti elementi che danno l'esatta percezione della condotta posta in essere dall’imputato”. In sentenza si fa riferimento anche al comportamento di Antonio De Pace in carcere, in particolare alle giornate del 9, 12 e 14 novembre 2021 quanto ha assunto atteggiamenti violenti nei confronti degli altri detenuti (nel corso dell'ora d'aria, nei confronti del compagno di cella e per ultimo nei confronti di un'altra persona ristretta), comportamenti che come già evidenziato dalla Corte d'Assise di Messina “possono avere una duplice spiegazione: o si tratta di comportamenti funzionali ad introdurre una chiave di lettura a lui favorevole visto che era in corso la perizia psichiatrica ovvero che ci si trovi al cospetto di un soggetto incline alla violenza non in grado di controllare gli istinti. Quale che sia la lettura (esclusa o la possibilità di inquadrare detti episodi nel contesto psichiatrico) - conclude la Corte d’assise d’appello di Reggio Calabria - si tratta di connotazioni negative che incidono nella valutazione e determinazione della sanzione”