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Incendi e persecuzioni a Forza d’Agrò: quattro condanne per 17 anni e due assoluzioni
di Andrea Rifatto | 27/11/2023 | CRONACA
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L'auto di Zinna incendiata davanti alla caserma
Le auto bruciate, le persecuzioni, i tentativi di estorsione. E poi un giro di spaccio in diversi comuni jonici, tra il 2020 e il 2021. Erano queste le accuse di cui dovevano rispondere i sei protagonisti del processo scaturito dall’operazione che abbiamo denominato “Nerone bis”, condotta dai carabinieri della Compagnia di Taormina e culminata con i sei arresti scattati il 30 giugno dello scorso anno ai danni dei componenti di una banda accusata di aver attuato danneggiamenti e persecuzioni a cittadini e uomini alle Forze dell’ordine, soprattutto a Forza d’Agrò, in esecuzione di un'ordinanza di custodia cautelare emessa dalla gip Ornella Pastore su richiesta del sostituto procuratore Alessandro Liprino della Procura della Repubblica di Messina, che condusse le indagini con il Gruppo reati contro persone e cose coordinato dal procuratore aggiunto Vito Di Giorgio. Ad un anno dall’avvio si è chiuso il procedimento di primo grado (un troncone era terminato nei mesi scorsi con il rito abbreviato) che vedeva sul banco degli imputati i fratelli forzesi Gabriele e Davide Pitasi (rinchiusi in carcere), la madre Franca Bartolone, Giuseppe Macrì, Andrea Micali e il santateresino Salvatore Lenzo. Nell’articolata sentenza emessa dalla giudice monocratica Monica Marino sono arrivate le condanne per Gabriele Pitasi a 8 anni e 3 mesi di reclusione e 7mila 400 euro di multa e Davide Pitasi a 7 anni 5 mesi e 10 giorni e 6mila euro di multa per diversi capi di imputazione: il danneggiamento aggravato con incendio dell’autovettura Alfa Romeo Giulietta dell’allora comandante della Stazione Carabinieri, il luogotenente Maurizio Zinna, oggi in servizio a Santa Teresa di Riva, bruciata davanti la caserma la notte del 31 marzo 2021; la tentata estorsione al titolare dell’hotel e ristorante “Agostiniana” di Forza d’Agrò, Pippo Bondì, con una bottiglietta di benzina sul parabrezza dell’auto di un suo dipendente accompagnata da un biglietto con la richiesta di 65mila euro (X PIPPO BONDI’ PROCURA 65MILA € HO TROVATI GLI AMICI BUONI”), prospettandogli anche il pericolo che alcuni mezzi della sua impresa “Edilagrò”, di cui è titolare con la moglie, potessero essere incendiati; lo stalking alla famiglia Stracuzzi, limitatamente al padre Sebastiano e al figlio Gianpaolo, con appostamenti, pedinamenti, molestie; la cessione di droga tra cocaina, crack e marijuana (otto episodi per Gabriele, cinque per Davide) riqualificata però in spaccio di lieve entità. I fratelli Pitasi, insieme alla madre, sono stati assolti per non aver commesso il fatto dall’accusa di aver incendiato l’auto Dacia Sandero del figlio dell’architetto Sebastiano Stracuzzi, all’epoca responsabile dell’Ufficio tecnico comunale, bruciata la sera dell’1 dicembre 2020; i due giovani hanno ottenuto l’assoluzione anche per un episodio di cessione di droga perchè il fatto non sussiste, per un altro per non aver commesso il fatto e in un terzo caso perchè il fatto non è più previsto come reato. Bartolone è stata assolta anche dall’accusa di stalking nei confronti della famiglia Stracuzzi e rimessa in libertà con la revoca degli arresti domiciliari; madre e figli sono stati prosciolti dall’accusa di stalking nei confronti della moglie di Sebastiano Stracuzzi, Giuseppina Gullotta, per non doversi procedere per difetto di querela. Per il santateresino Salvatore Lenzo è arrivata una condanna a 7 mesi e 1.132 euro di multa per la cessione di un grammo di cocaina (riqualificato in lieve entità). I Pitasi e la Bartolone sono stati difesi dagli avvocati Giuseppe Marino e Giovambattista Freni, Lenzo dall’avvocato Salvatore Silvestro. Macrì e Micali, difesi dall’avvocato Tancredi Traclò, avevano scelto il rito abbreviato e in primo grado sono stati condannati ad un anno e mezzo ciascuno per due episodi di spaccio e cessione di droga riqualificati in lieve entità, mentre in appello Andrea Micali è stato assolto da tutte le accuse e per Giuseppe Macrì la pena è stata ridotta ad un anno, con sentenze divenute definitive. Al processo si sono costituite come parti civili Sebastiano e Gianpaolo Stracuzzi assistiti dall’avvocato Felice Di Bartolo e Pippo Bondì con l’avvocato Bonaventura Candido. I Pitasi sono stati condannati inoltre all’interdizione perpetua dai pubblici uffici, all’interdizione legale durante l’esecuzione della pena, al divieto di espatrio e al ritiro della patente di guida per due anni, oltre al divieto di soggiorno per tre anni a Forza d’Agrò, Sant’Alessio Siculo e Santa Teresa di Riva. Condannati inoltre in solido a risarcire 5mila euro di danni agli Stracuzzi e 1.000 euro a Bondì, oltre alle spese di difesa pari 2mila 394 euro alle due parti civili. Per Davide Pitasi è stata revocata la sospensione condizionale della pena stabilita nel 2017 dalla Corte d’appello per i minorenni. I due fratelli sono stati condannati al pagamento delle spese di mantenimento in carcere e insieme a Lenzo al pagamento di quelle processuali. Le motivazioni della sentenza si conosceranno tra 90 giorni e nelle more è stato sospeso il termine delle misure cautelari in corso di esecuzione per i fratelli Pitasi.