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Inchiesta De Luca, la Procura chiude le indagini: confermate tutte le accuse
di Andrea Rifatto | 22/11/2017 | CRONACA
di Andrea Rifatto | 22/11/2017 | CRONACA
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De Luca davanti al Tribunale
Siglato questa mattina l’avviso di conclusione delle indagini preliminari da parte della Procura della Repubblica di Messina nell’inchiesta sulla Fenapi che vede coinvolto il neodeputato Cateno De Luca, accusato di associazione a delinquere finalizzata all’evasione fiscale per un importo contestato di 1,742 milioni di euro. Il sostituto procuratore Antonio Carchietti, pubblico ministero che ha coordinato il lavoro di Guardia di Finanza e Carabinieri, al termine degli accertamenti ha confermato tutte le ipotesi di reato già messe nere su bianco in sedici capi di imputazione nell’ordinanza di arresto firmata dal Gip Monia De Francesco, che l’8 novembre ha portato ai domiciliari De Luca e il suo braccio destro Carmelo Satta, ossia associazione a delinquere finalizzata alla dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti. Oltre a De Luca e Satta, il provvedimento è stato notificato agli altri dieci indagati per gli stessi reati, tra collaboratori, dipendenti e professionisti operanti nell’orbita Fenapi e collegate, ossia Cristina Triolo, Floretana Triolo, Antonino Bartolotta (ex sindaco di S. Teresa ed ex presidente dell’Ente Fiera di Messina), Francesco Vito, Carmelina Cassaniti (ex consigliere comunale di S. Teresa), Giuseppe Ciatto, Fabio Nicita, Domenico Magistro e al Caf Fenapi come ente giuridico. A Bartolotta viene contestata anche la recidiva infraquinquennale in quanto nell’ottobre 2012 ha riportato una condanna definitiva in Cassazione per il reato di peculato, per fatti commessi nel 2003 quando era primo cittadino di S. Teresa, per aver utilizzato soldi pubblici per pagare le spese di viaggio anche alla moglie durante una trasferta un Francia per un gemellaggio. Gli indagati avranno adesso la facoltà, entro venti giorni, di presentare memorie, produrre documenti, depositare documentazione relativa ad investigazioni condotte dai propri difensori, chiedere al pubblico ministero il compimento di atti di indagine nonché di presentarsi per rilasciare dichiarazioni o chiedere di essere sottoposti ad interrogatorio. Poi la Procura deciderà se chiedere il rinvio a giudizio oppure optare per l’archiviazione. L’accusa riguarda la gestione dei rapporti tra il Caf Fenapi e la Fenapi, tramite accordi quadro, nel periodo tra il 2009 e il 2013. Ai Caf sarebbero stati addebitati i costi per il mantenimento delle sedi e del personale distaccato mentre le spese venivano in realtà sostenute dalla Fenapi nazionale, che essendo una associazione senza scopo di lucro pagava imposte al 3% e non al 27,5% come sarebbe toccato al Caf. Voci di costo che in sostanza erano l’anticipo del personale in prestito dai circoli Fenapi, che però non si sono mai visti rimborsare il relativo pagamento se non in termini di contributi sindacali. Le indagini hanno riguardato anche movimentazioni contabili di segno contrario, dalla Fenapi nazionale ai Caf e giroconti interni disposti dalla stessa Fenapi. In questo modo la Caf Fenapi Srl avrebbe evaso Ires e Iva per 1,7 milioni. A Satta e De Luca viene contestato anche l’aver fatturato i costi delle sedi a Roma. Per De Luca e Satta lunedì il Gip Carmine De Rose ha disposto la revoca dei domiciliari in quanto “il quadro indiziario, pur non risultando del tutto caducato nella sua complessiva gravità e consistenza, appare meno schiacciante e più sfumato”. Il giudice ha quindi sostituito gli arresti con la misura interdittiva del divieto di ricoprire cariche apicali negli enti interessati al caso, ossia Fenapi, Caf Fenapi Srl e altre società collegate. Confermato il sequestro preventivo per 1,7 milioni di euro, che però è stato “spostato” dai beni personali e dai conti correnti di De Luca e Satta e sui beni del Caf Fenapi sul patrimonio immobiliare dello stesso Caf Fenapi. Nei giorni scorsi è stata inoltre depositata la sentenza della Commissione tributaria provinciale che ha accolto in parte i ricorsi della Fenapi contro l’Agenzia delle Entrate per avvisi di accertamento per le attività tra il 2007 e il 2010: un documento, quello dei giudici contabili, che presenta dei punti di collegamento con la vicenda penale. La Guardia di Finanza sostiene che la Fenapi non avrebbe potuto dedurre alcuni costi, mentre la sentenza stabilisce che si dovrà procedere al ricalcolo degli importi soggetti a tassazione con una riduzione quantificabile in diverse centinaia di migliaia di euro e che “la genericità della fatturazioni non appare precludere il possibile riconoscimento dell’inerenza (e soprattutto la riferibilità) del costo, ove vi sia a monte un contratto scritto contenente le prestazioni da eseguire”. Tornando alla questione penale, Cateno De Luca e Carmelo Satta, che si sono dimessi dalle rispettive cariche, attendono adesso il responso del Tribunale del Riesame, al quale si sono rivolti presentando istanza contro l’ordinanza di custodia, soprattutto in merito alla revoca della misura interdittiva ancora in atto.