Mercoledì 26 Marzo 2025
Le accuse dopo le indagini di Carabinieri e Finanza con le Procure di Messina e Catania


La mafia catanese a Taormina e Giardini, 39 arresti per spaccio ed estorsioni - I NOMI

di Redazione | 13/03/2025 | CRONACA

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Operazione congiunta di Carabinieri e Finanza

Associazione per delinquere di tipo mafioso e trasferimento fraudolento di valori, associazione finalizzata al narcotraffico, numerosi episodi di spaccio di stupefacenti, estorsione, rapina, accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti, reati aggravati poiché commessi con metodo mafioso o con il fine di agevolare il clan Cappello-Cintorino di Cosa nostra catanese. Sono le accuse mosse dalle Direzioni distrettuali Antimafia di Messina e Catania nei confronti di numerose persone finite questa mattina agli arresti a cavallo tra le due province, in esecuzione di due ordinanze di custodia cautelare notificate dai Carabinieri del Comando provinciale di Messina e dalla Guardia di Finanza dei Comandi provinciali di Catania e Messina. emesse dai giudici per le indagini preliminari di Catania e Messina, con le quali sono state disposte misure cautelari personali nei confronti, complessivamente, di 39 persone. All’operazione hanno preso parte oltre 260 tra carabinieri e finanzieri, con il supporto di militari dell’Arma dei Carabinieri, segnatamente dello Squadrone Eliportato Cacciatori “Sicilia”, del Nucleo Cinofili e del 12° Nucleo Elicotteri di Catania r personale della Guardia di Finanza della Compagnia Pronto impiego Catania (“Baschi Verdi” e unità cinofile) e della Sezione Aerea di Manovra di Catania. Nelle due ordinanze, i gip di Messina e Catania si sono riservati di valutare, a seguito di interrogatorio preventivo, l’adozione delle misure cautelari nei confronti di ulteriori 13 indagati.

Le indagini hanno delineato, nel periodo dal 2020, un quadro aggiornato degli equilibri criminali e della loro evoluzione nella fascia di territorio a cavallo tra le province di Catania e Messina, documentando l’influenza su quell’area del clan catanese Cappello di Catania e l’attualità del sodalizio criminale mafioso clan Cintorino, costituente articolazione locale della organizzazione catanese, con cui è risultato storicamente e stabilmente collegato e alleato, attivo in particolare tra Calatabiano, Giardini Naxos, Taormina (ME) e zone limitrofe. Le due ordinanze sono il risultato della strettissima sinergia investigativa attuata dalle Dda di Catania e di Messina, sotto il coordinamento della Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, nonché fra i Carabinieri e la Guardia di Finanza, finalizzata a contrastare più efficacemente le persistenti attività, anche di sfruttamento economico del territorio, proprie dei citati sodalizi nei territori “di confine” dei distretti di Catania e Messina. In tale contesto, sarebbero state ricostruite molteplici vicende criminali che avrebbero confermato, come ricostruito sulla base di indizi ritenuti gravi, come gli indagati si adoperassero per il mantenimento in vita e il rafforzamento del sodalizio mafioso, avvalendosi della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva, per commettere una serie indeterminata di “reati fine”, tra cui, in particolare, quelli legati ad attività estorsive ed al traffico organizzato e spaccio di sostanze stupefacenti. Nel dettaglio, le investigazioni delegate dalle Dda ai finanzieri dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria etneo-Gico - anche mediante intercettazioni telefoniche e ambientali, servizi di osservazione e riscontro, acquisizione di dati e notizie tramite banche dati in uso alla Finanza, avrebbero permesso di acquisire molteplici evidenze indiziarie fortemente sintomatiche della perpetua operatività del clan Cintorino, quali l'impegno mai scemato degli indagati per il mantenimento in carcere dei vertici storici del clan, il coinvolgimento in attività estorsive, il controllo del territorio, la disponibilità di armi da fuoco e il ricorso a figure apparentemente “pulite” e distanti per la loro custodia, l'uso delle armi nei confronti di altri soggetti, l'attitudine a dirimere controversie attraverso il richiamo alla potenza e alla capacità di intimidazione propria del clan mafioso, e ancora l'attitudine di un'esponente storico a continuare ad impartire direttive dal carcere attraverso apparecchi telefonici a lui clandestinamente procurati dai familiari e comunque da persone vicine. Nell’ambito delle indagini dirette dalla Dda di Catania sull’associazione mafiosa, a seguito del coordinamento tra gli Uffici requirenti, sono state valorizzate anche utili risultanze delle attività investigative condotte dai Carabinieri del Comando provinciale di Messina sotto la direzione della Dda peloritana. La Guardia di Finanza etnea veniva, altresì, delegata dalle Dda ad individuare i soggetti di spicco della predetta associazione, destinatari poi del provvedimento custodiale, ricostruendone le vicende criminali nel periodo investigato. 

Elementi di spicco individuati in Mariano Spinella, che avrebbe assunto il ruolo di promotore/reggente del clan Cintorino, mentre Riccardo Pedicone, braccio destro del boss Mario Pace del clan Cappello, avrebbe rappresentato il referente per tale sodalizio mafioso etneo, affermandosi come organizzatore delle illecite attività sul versante jonico, circostanza questa ultima, specie per il territorio messinese, emersa chiaramente nella indagine condotta anche dai Carabinieri. Per quanto concerne gli altri partecipi, alle figure storiche di Carmelo Spinella (fratello di Mariano) e Giuseppe Raneri, attualmente detenuti, si affiancherebbero soggetti emergenti, come Alessandro Galasso, Diego Mavilla, uomo di fiducia di Pedicone, Christopher Filippo Cintorino legato a vincoli di sangue con l’esponente di spicco da cui origina la denominazione del clan essendo nipote del boss Antonino. Quest’ultimo, avvalendosi dell’autorità derivante dai legami familiari, si sarebbe imposto sul territorio, primariamente nel settore degli stupefacenti. I molteplici episodi osservati confermerebbero come il gruppo Cintorino avrebbe attuato un ramificato controllo del territorio, anche attraverso una metodica attività estorsiva nel comprensorio di Calatabiano e nei comuni limitrofi della fascia jonica etnea e messinese a danno di operatori economici dell’edilizia, dei trasporti e di attività turistico-ricettive. Significativo riscontro della forza d’intimidazione territoriale del clan si desumerebbe inoltre dalle richieste di intervento rivolte al reggente del sodalizio Mariano Spinella, per dirimere controversie insorte tra sodali e tra questi ultimi e soggetti esterni all’organizzazione per le questioni più varie, da quelle di carattere economico a quelle sentimentali.  Nel settore degli stupefacenti, l’affiliato Christopher F. Cintorino, imparentato con il capo storico del sodalizio Antonino Cintorino, avrebbe rivestito un ruolo di primo piano, dirigendo e gestendo un gruppo capace di assicurare in maniera stabile un mercato operativo a “ciclo continuo”, relativo a stupefacenti del tipo cocaina, hashish e marijuana, che avrebbe avuto un nucleo centrale costituito dal predetto sodale, con ruolo direttivo, e da altri tre partecipi Alessandro Galasso, Carmelo Mobilia e Cinzia Muratore, che avrebbero il ruolo di organizzatori dediti alla contrattazione, al trasporto, al confezionamento e all’occultamento della sostanza stupefacente, affiancato da una rete di spacciatori, stabilmente collegata. Le indagini tecniche delegate dalle Dda ai Finanzieri etnei avrebbero poi restituito gravi indizi in merito al fiorente business criminale del traffico di stupefacenti, nonostante le cautele adottate dagli indagati, volte a dissimulare l’attività realmente svolta per non attrarre le forze dell’ordine.  Non sarebbero stati rari i tentativi di dissimulare il reale oggetto della conversazione mediante riferimenti all'attività di allevamento canino o a una nota bevanda gassata per la cocaina e sarebbe stato inoltre appurato l’utilizzo di telefoni dedicati e applicazioni di messaggistica non intercettabili con le comuni tecniche, con il verosimile fine di eludere eventuali investigazioni. Nel corso delle investigazioni delegate dalle Dda alle Fiamme Gialle del Nucleo Pef di Catania, sarebbero, inoltre, stati monitorati diversi episodi di approvvigionamento e di cessione di narcotico, che hanno portato complessivamente, nell’intero corso delle indagini, all’arresto in flagranza di 5 indagati ed al sequestro di circa 13 kg di cocaina, 55 di hashish e 72 di marijuana. Significativo è risultato il ritrovamento e sequestro di 71,5 kg di marijuana tipo Skunk, quasi 1 kg di hashish e 3 etti di cocaina all’interno del cimitero di Giarre, risultata una delle basi operative e di deposito del gruppo criminale.

Riccardo Pedicone, le Regionali del 2022 e il controllo su Giardini Naxos. Sarebbe stato inoltre accertato, sulla base degli indizi raccolti, come Riccardo Pedicone del clan Cappello, attivo a Giardini Naxos, in occasione delle consultazioni regionali del settembre 2022, si fosse adoperato per supportare la campagna elettorale di un candidato catanese per l’Assemblea regionale siciliana. Le risultanze investigative sulla ricerca del sostegno elettorale, seppur non abbiano consentito di configurare a livello di gravità indiziaria il patto idoneo ad integrare il reato di scambio elettorale politico mafioso di cui all’art 416-ter cp, avrebbero consentito, comunque, di acquisire ulteriori elementi indiziari in ordine al riconoscimento mafioso della citata figura di Pedicone, in quanto sodale influente ed in grado di assicurare l’appoggio elettorale anche in occasione di elezioni di livello regionale. Grazie alle investigazioni delegate dalle Dda all’Arma dei Carabinieri di Messina sarebbe stato evidenziato, a livello di gravità indiziaria, il ruolo di primo piano di Pedicone, che a partire dal 2020, insieme ad altri soggetti ritenuti appartenenti alla stessa organizzazione mafiosa, tra cui Carmelo Sicali, avrebbe spostato nel territorio di Giardini Naxos una parte degli interessi illeciti del gruppo, avviando una fiorente attività nell’ambito del narcotraffico, avvalendosi dei propri canali di rifornimento della città etnea e operando nella commissione di estorsioni.  Proprio dalle intercettazioni delegate dalle Dda ai Carabinieri emergeva come dai vertici del clan Cappello di Catania fosse stata imposta la presenza sul territorio di Giardini Naxos di Riccardo Pedicone, il quale, secondo il linguaggio criptico utilizzato dagli indagati, avrebbe dovuto giocare in quel paese con i bambini, espressione quest’ultima intesa dagli investigatori, secondo una interpretazione condivisa dalle autorità giudiziarie, per indicare i sottoposti nell’ambito del gruppo criminale. Nel ragionare sulle dinamiche interne alla consorteria, gli indagati si sarebbero definiti tutti una cosa, espressione che rafforzava il vincolo associativo e modo per intendere l’unità dell’organizzazione criminale, in un contesto in cui ciascuno poteva contare sul sostegno degli altri sodali anche nel caso in cui qualcuno cascava in galera. Sarebbe poi emerso che Pedicone, ritenuto sulla base del quadro indiziario acquisito capo dell’organizzazione, nel corso dell’indagine, si fosse trasferito dalla città etnea a Giardini Naxos per organizzare meglio gli affari illeciti e si sarebbe avvalso principalmente di soggetti del posto, al fine di gestire lo smercio di sostanze stupefacenti e le richieste estorsive, esercitando il proprio ascendente, derivante dalla sua appartenenza al clan catanese e agendo con tipiche modalità mafiose, spesso con azioni violente. Le indagini delegate dalle Dda e condotte dai Carabinieri hanno inoltre documentato l’esistenza e l’operatività, in maniera quasi monopolistica a Giardini Naxos e nelle zone limitrofe, di due distinti gruppi criminali attivi nel narcotraffico, con assetti che avrebbero visto quale medesimo capo Riccardo Pedicone, gravemente indiziato di essere legato al clan Cappello il quale avrebbe operato sul territorio con piena autonomia decisionale. 

La rapina e il via alle indagini. Le attività investigative sul traffico di stupefacenti sono state avviate nel febbraio 2020, a seguito di una rapina con l’utilizzo di armi ai danni di una sala giochi di Giardini Naxos, dalle cui prime risultanze, tramite il monitoraggio dei soggetti individuati come indiziati, sarebbero emersi indizi relativi ad un vasto traffico di sostanze stupefacenti. In particolare, i due gruppi criminali, con un vertice definito e ruoli suddivisi tra fornitori, corrieri, vedette, gestori delle basi operative e della “cassa”, avrebbero smerciato nel territorio jonico della provincia messinese cocaina, marijuana e hashish, avvalendosi di basi logistiche individuate dapprima in un’officina meccanica e poi in un bar di Giardini Naxos. Lo stupefacente sarebbe stato trasportato a Giardini Naxos dai componenti dei sodalizi, riforniti dal clan Cappello, a cui sarebbero stati destinati i proventi dello smercio, vuoi a conferma dell’affermazione del dominio economico e criminale dell’associazione mafiosa sul territorio, che per le necessità di mantenimento economico dei propri esponenti detenuti. Nel corso delle indagini, sarebbero state inoltre documentate intimidazioni e violenti pestaggi che sarebbero stati messi in atto dagli associati, su ordine di Riccardo Pedicone quale capo dei sodalizi, nei confronti di pusher, anche intranei ai gruppi, che avevano trattenuto per loro il narcotico, o erano insolventi o ritardavano la consegna delle somme ricavate dallo smercio dello stupefacente. La struttura dei sodalizi dalle indagini svolte sarebbe risultata definita e caratterizzata da assetti e ruoli che variavano nel corso del tempo, al punto che lo stesso capo promotore dei gruppi sarebbe stato temporaneamente sostituito al vertice dell’organizzazione da altro soggetto, Matteo Fortunato Mario Crimi, a seguito di un periodo di convalescenza dovuto a un conflitto a fuoco, avvenuto a Catania, in cui era stato ferito. Nell’ambito dell’attività investigativa delegata dalle Dda ai Carabinieri, sono già state arrestate in flagranza di reato 17 persone, con il sequestro complessivamente di più di 11 kg di stupefacente, tra marijuana, hashish e cocaina.

Il controllo sulle escursioni all’Isola bella di Taormina. L’altro filone investigativo focalizzato sull’area di Taormina, delegato al Gico del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di finanza di Messina, ha consentito di acquisire gravi indizi in ordine all’attività estorsiva posta in essere nei comuni della fascia jonica della provincia di Messina e nelle zone limitrofe sempre da Riccardo Pedicone per il clan Cappello, nonché da referenti dell’articolazione dei Cintorino e del sodalizio mafioso Brunetto-Santapaola, in prosecuzione di pregressi accordi spartitori dei proventi estorsivi che sarebbero stati stabiliti anni indietro. Si è trattato di un’attività investigativa che si pone in continuità con le indagini già condotte dai Finanzieri etnei sotto la direzione della Dda catanese, nell’ambito dell’operazione “Isola Bella” nei confronti dell’articolazione Cintorino del clan Cappello, per atti estorsivi perpetrati (sino al settembre del 2017) nel settore della gestione di escursioni turistiche nel tratto di mare antistante l’Isola Bella di Taormina e sfociate nell’emissione di misure cautelari personali e reali nel giugno 2019, con successive sentenze di condanna di primo e secondo grado. Le odierne indagini delegate al Gico della Guardia di Finanza di Messina hanno attualizzato le situazioni cristallizzate nel procedimento “Isola Bella”, mettendo in primo piano il ruolo del referente del clan Cappello, Riccardo Pedicone, cognato di un esponente arrestato nella precedente indagine e protagonista con altri sodali di plurimi episodi di estorsione aggravata. Le indagini hanno consentito di acquisire gravi indizi in ordine ad una serie di estorsioni, aggravate dalle modalità mafiose, compiute nei comuni della fascia jonica della provincia di Messina, in danno di privati ed imprenditori locali e, soprattutto, di imprese impegnate nel settore delle escursioni turistiche, svolte con barche da diporto nel tratto di mare antistante la spiaggia di Isola bella di Taormina, col precipuo scopo di agevolare l’associazione mafiosa e, al contempo, di finanziare l’assistenza di soggetti affiliati detenuti in carcere. Per vincere eventuali resistenze degli estorti, i sodali avrebbero impiegato ogni strumento di persuasione psicologica e minacce (usavano diverse espressioni gergali arrivando anche ad esercitare la violenza fisica nei riguardi un imprenditore che si voleva opporre alle pretese ed apponendo, in un caso, una bottiglia con liquido infiammabile ed accendino sulla porta di un esercizio commerciale). In una particolare circostanza, Giuseppe Raneri avrebbe persino tentato di sfondare la porta di ingresso dell’abitazione di una vittima, in orario notturno, lanciando poi oggetti contundenti contro la finestra della casa per indurre la vittima ad uscire di casa e cedere ai soprusi. Gli elementi raccolti avrebbero così dimostrato che, dopo una preliminare fase di spartizioni delle aree di influenza, attuata tramite diversi comportamenti estorsivi, una delle compagini, dopo aver cacciato altri affermati imprenditori dalla zona più esclusiva nel settore delle escursioni turistiche e sbaragliato la concorrenza, è riuscita finanche a diventare impresa, gestendo, direttamente, il lauto guadagno generato dall’enorme flusso di turisti che, ogni anno, da marzo a ottobre, visitano una delle spiagge più belle al mondo.

GLI ARRESTATI IN CARCERE 

CINTORINO Christopher Filippo, nato il 26.04.1992 a Taormina (ME);
GALASSO Alessandro, nato il 31.01.1978 a Taormina (ME);
DE LUCA Antonino, nato il 26.04.1998 a Taormina (ME);
MAVILLA Diego Enrico, nato il 19.10.1976 a Catania;
MOBILIA Carmelo, nato il 24.02.1975 a Calatabiano (CT);
MURATORE Cinzia, nata il 10.02.1979 a Sesto San Giovanni (MI),;
MURATORE Gianluigi, nato il 27.05.1992 a Taormina (ME);
PEDICONE Riccardo, nato il 07.02.1980 a Catania; 
RANERI Giuseppe (inteso “Peppe Castelmola”), nato a Taormina (ME) il 27.02.1972;
RAMO Giovanni Lorenzo Salvatore nato il 31.03.1993 a Taormina (ME);
RICCIARDI Ciro, nato il 22.06.2001 a Caserta (CE);
SPINELLA Carmelo, nato il 15.10.1971 a Calatabiano (CT);
SPINELLA Mariano (inteso “U biondu”), nato il 12.03.1966 a Graniti (ME);
TREMANTE Anna, nata il 08.10.1980 a Napoli.

ALFONSO Renato, nato a in Germania il 28.10.1981;
CIPRONE Letterio, nato a Taormina (ME) il 01.12.1975;
CRIMI Matteo Fortunato Mario, nato a Catania il 12.07.1980;
CURCURUTO Alessandro, nato a Mongiuffi Melia (ME) il 01.12.1955;
D’AMORE Carmelino Antonino, nato a in Svizzera il 07.06.1971;
FERRARA Salvatore, nato a Milazzo (ME) il 26.01.1975;
GALASSO Alessandro, nato a Taormina (ME) il 31.01.1978;
LE MURA Carmelo, nato a Taormina (ME) il 22.11.1973;
MAZZULLO Giuseppe Daniele, nato a Taormina (ME) il 12.11.1977;
PEDICONE Riccardo, nato a Catania il 07.02.1980;
RANERI Giuseppe, nato a Taormina (ME) il 27.02.1972;
RUGGERI Giuseppe, nato a Taormina (ME) il 15.05.1965;
RUSSO Nicola, nato a Giarre (ME) il 11.06.1983;
SESSA Carmelo, nato a Catania il 18.12.1977;
SICALI Carmelo, nato a Catania il 24.07.1966;
TREMANTE Anna, nata a Napoli il 08.10.1980;

GLI ARRESTATI AI DOMICILIARI 

CRIMI Salvatore, nato a Taormina (ME) il 25.02.1969
DI STEFANO Giuseppe Concetto, nato a Catania il 26.02.1979;
MANGIAGLI Rosario, nato a Catania il 24.08.1963;
MIRABILE Rosalinda, nata a Taormina (ME) il 20.01.1980;
NASSI Gianfranco, nato a Taormina (ME) il 17.03.1995;
NOCE Rosario, nato a Taormina (ME) il 13.07.1990;
RANERI Rosario, nato a Taormina (ME) il 21.12.1977;
RONSISVALLE Vincenzo, nato a Catania il 15.12.1974;
SICALI Annamaria, nata a Catania il 23.04.1987.


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