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Le auto bruciate a Stracuzzi e Zinna: "Zitto o ti taglio la testa e ti sparo nelle gambe"
di Andrea Rifatto | 02/07/2022 | CRONACA
di Andrea Rifatto | 02/07/2022 | CRONACA
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Le auto di Stracuzzi e Zinna date alle fiamme
Che dietro gli incendi di quelle autovetture a Forza d’Agrò ci fosse la mano di uno o più malviventi i carabinieri lo avevano scoperto sin da subito, ma hanno dovuto lavorare pazientemente per mettere a posto ogni tassello e costruire un solido castello accusatorio, grazie soprattutto alle riprese delle telecamere di videosorveglianza e alle intercettazioni telefoniche ed ambientali attivate dopo i fatti. Un’indagine certosina condotta dai militari del Nucleo Operativo della Compagnia di Taormina, guidati dal capitano Giovanni Riacà, che ha portato ai sei arresti con l'operazione "Nerone bis". Per l’incendio dell’auto di Stracuzzi dell'1 dicembre 2020, di evidente matrice dolosa, inizialmente il procedimento penale era stato iscritto a carico di ignoti, ma in seguito alle indagini sono emersi indizi a carico di Gabriele e Davide Pitasi. “L’incendio costituiva solo uno dei più recenti illeciti posti in essere in danno dei componenti della famiglia Stracuzzi - scrive il Gip - destinatari di numerosi atti intimidatori tra cui gli incendi nel 2013 e nel 2017 di altre due autovetture”. Dalle sommarie informazioni rese da Gianpaolo Stracuzzi e dal padre Sebastiano i carabinieri hanno appreso che da diverso tempo i membri della famiglia Stracuzzi erano vittime di reiterati e gravi atti di intimidazione, verosimilmente attribuibili ai componenti della famiglia Pitasi, a causa di risalenti controversie dovute a questioni di confine tra terreni di rispettiva proprietà. Intimidazioni iniziate già tra il 2009 e il 2010 dopo che una pratica edilizia avviata da Giorgio Pitasi e Franca Bartolone aveva ricevuto parere negativo dalla Commissione edilizia, in seguito al quale Stracuzzi era stato denunciato per abuso d’ufficio e la cui posizione era stata poi archiviata. Poi il 31 marzo l’incendio all’auto di Zinna: “Già nell’immediatezza si coglievano evidenti analogie e le finalità chiaramente minatorie e ritorsive - scrive il giudice - un atto plateale posto in essere al fine di intimidire il comandante e verosimilmente gli altri militari in servizio nella caserma al fine di indurli a compiere atti contrari ai propri doveri o ad omettere atti del loro ufficio o servizio”. L’incendio dell’auto di Stracuzzi. Le immagini registrate dalle telecamere di videosorveglianza hanno permesso di ricostruire l’esatta dinamica dei fatti e di dimostrare il diretto coinvolgimento dei fratelli Pitasi e della madre Franca Bartolone. “Quella sera, alle 22.54, le telecamere registrano il transito di una sola autovettura, la Mercedes Classe A di proprietà di Giorgio Pitasi, sovrintendente della Polizia di Stato in servizio alla Questura di Ragusa, in uso ai figli. Alle 23.03.03 terminano le manovre di parcheggio e gli occupanti rimangono a bordo con le luci anteriori accese, come se ciò fosse un segnale convenuto. Alle 23.03.32 scende Davide Pitasi, che si sposta verso la parte posteriore della Mercedes e indossa un giaccone. Alle 23.03.40 giunge un altro uomo, che si ritiene essere Gabriele Pitasi, che proviene da vico Rocca I e si dirige verso la Dacia Sandero. Alle 23.03.54 scende dal lato passeggeri della Mercedes Franca Bartolone, avvicinata da Davide Pitasi e alle 23.03.56 si nota Gabriele Pitasi armeggiare sul lato destro della Dacia Sandero, potendosene dedurre che vi appiccava l’incendio. Alle 23.04.02 si nota una forte fiammata divampare sulla Dacia e quindi Gabriele Pitasi fugge di corsa ripercorrendo vico Rocca I. Davide Pitasi e la madre attraversano la carreggiata verso la ringhiera panoramica, con lo sguardo rivolto all’auto in fiamme, e si soffermano ad osservare l’incendio per alcuni secondi. Poi si allontanano, verosimilmente perchè qualora avessero fatto rientro a casa, avrebbero dovuto dare l’allarme - evidenzia il gip - considerata la vicinanza della loro abitazione rispetto al luogo dell’incendio”. La segnalazione viene fatta invece da un cittadino alle 23.24. Alle 07.12.33 della mattina successiva Gabriele Pitasi rientra a casa dopo aver trascorso la notte fuori. Il 15 maggio 2021 i fratelli Pitasi vengono convocati dalla Compagnia Carabinieri di Taormina e informati di essere indagati per gli incendi delle autovetture. Risaliti in macchina avvisano il padre. Ecco uno stralcio della conversazione: Davide Pitasi: “Papà, possono fare quello che vogliono, tu forse non l’hai capito… per me, più cose mi mandano… possono fare ciò che vogliono loro" L’incendio dell’auto di Zinna. “Dalle immagini riprese da una telecamera comunale si nota all’1.08 del 31 marzo un soggetto avvicinarsi ed armeggiare al lato destro dell’autovettura del luogotenente Maurizio Zinna in via De Gasperi e il propagarsi di una forte vampata. Da una seconda telecamera all’1.09 si vedono le sagome di due soggetti che fuggono di corsa svoltando per la via Del Tramonto: il secondo procede in leggero ritardo rispetto al primo, poiché durante la corsa rallenta e si avvicina alla ringhiera esterna della strada, per poi riprendere la fuga e raggiungere il complice. Da una terza telecamera, posta sul lato nord di piazza Santa Maria Annunziata, all’1.16 si nota un individuo con un giubbino rosso, riconosciuto senza alcun ombra di dubbio nel giovane pregiudicato locale Pitasi Gabriele, che proviene da solo dalla via Del Tramonto, maneggia uno smartphone acceso ed attraversa a piedi la piazzetta, in direzione di via Roma; non essendo state notate altre persone, si deduce che lo stesso Pitasi potesse essere uno dei due autori dell’atto criminale - ricostruisce il giudice - e che l’altro individuo notato nelle immagini precedente potesse essersi separato dal Pitasi nella stessa via Del Tramonto. A questo punto, riguardando a ritroso le registrazioni video, si ricostruisce il percorso di andata dello stesso Pitasi Gabriele: alle 00.49 attraversa la piazza provenendo da via Roma, dirigendosi a piedi da solo verso la via Del Tramonto e tiene in mano un sacchetto di plastica bianco/trasparente, verosimilmente contenente capi di abbigliamento di colore nero o comunque scuro, di cui si era successivamente disfatto”. Gli inquirenti ritengono quindi che Pitasi si sia disfatto di tale sacchetto di plastica proprio in via Del Tramonto, dove abita un conoscente e frequentatore di Pitasi: alle 4 del mattino del 31 marzo viene dunque effettuata la perquisizione in quella abitazione e viene trovata una busta di cellophane di colore bianco, che con ogni probabilità risultava la stessa portata in mano da Gabriele Pitasi, contenente reperti fortemente odoranti di benzina o gasolio: un pantalone, t-shirt, felpa, sotto-tuta termico, giubbino e scaldacollo di colore neri, un paio di scarpe ginniche; una maschera in plastica carnevalesca, riproducente il volto stilizzato simile a quello più noto di Guy Fawkes; uno scontrino fiscale “Decathlon” di Milazzo, dell’importo di 15,14 euro, del 30 marzo alle ore 19.08. L’uomo viene quindi ascoltato e afferma la propria estraneità ai fatti, dichiarando di essere rientrato a casa la sera alle 22.30 e che poco dopo l’1 si era presentato Gabriele Pitasi, il quale dopo essere entrato si era cambiato di abbigliamento indossando un giubbotto rosso, lasciando gli abiti dismessi e intimandogli testualmente: “tienimi questa busta e non dire niente a nessuno, altrimenti ti taglio la testa e ti sparo nelle gambe”. Alle 6.30 scatta la perquisizione a casa dei Pitasi e sull’autovettura Mercedes classe A e vengono trovati e sequestrati un giubbotto di colore rosso nella camera da letto di Gabriele Pitasi e nell’auto uno scontrino dell’area di servizio Agip di Calatabiano, del 29 marzo, dell’importo di 7,08 euro. In una scarpata in prossimità del luogo dell’incendio viene poi rinvenuta una bottiglietta di plastica contenente residui di liquido infiammabile. I Ris hanno trovato nella parte interna della maschera una traccia dermica di origine digitale, che confrontata con le impronte digitali di Gabriele Pitasi ha dato esito positivo, e sullo scaldacollo e sugli abiti sono stati trovati dei profili genetici maschili. Le telecamere del rifornimento Agip di Calatabiano hanno tra l'altro immortalato Gabriele Pitasi mentre riempiva di carburante un bidoncino di plastica. I sospetti sull’altro soggetto immortalato dalle telecamere si sono concentrati poco dopo su Macrì, residente proprio in via De Gasperi, che dopo l’incendio dell’auto avrebbe fatto rientro a casa compiendo un particolare giro per non essere ripreso dalla telecamera posta sulla scuola. Davide Pitasi viene ritenuto responsabile in quanto con ogni probabilità era presente al momento dell’acquisto del carburante, seduto al posto di guida dell'auto, e il suo telefono dalle 21.42 del 30 marzo alle 11.29 del giorno successivo è rimasto spento, secondo gli inquirenti per non consentire la localizzazione durante la commissione del reato.
Giorgio Pitasi: “E uno poi li denuncia… per telefono non parliamo, andiamo direttamente dall’avvocato”…Questi pazzi sono, non sanno quello che devono fare, eh…Minchia la macchina di Stracuzzi e la macchina di Zinna… ma questi saranno lesi, ma perchè non li levano questi Carabinieri? Cose dell’altro mondo…”
“Emerge quindi chiaramente come il padre raccomandasse ai figli di fare attenzione e di non parlare apertamente nel corso dei colloqui telefonici - si legge nell’ordinanza - a chiara dimostrazione della illiceità degli argomenti affrontati. Dalle intercettazioni e dalle riprese delle telecamere appare quindi possibile affermare che l’1 dicembre 2020 Davide Pitasi e la madre Franca Bartolone, dopo essersi portati a Milazzo dove gestiscono una creperia, facevano rientro a Forza d’Agrò e attendevano che Gabriele Pitasi appiccasse il fuoco all’autovettura e una volta verificato che l’azione era andata a buon fine, si allontanavano imboccando la via Rocca”