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Le intercettazioni del caso Fenapi: "Pelo sullo stomaco… ci può passare la mietierba"
di Andrea Rifatto | 14/11/2017 | CRONACA
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Cateno De Luca
Le accuse dell’inchiesta sulla Fenapi che mercoledì scorso hanno portato ai domiciliari Cateno De Luca e Carmelo Satta e a finire sotto indagine altre otto persone tra collaboratori, commercialisti e consulenti con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata all’evasione fiscale si basano anche su una serie di intercettazioni telefoniche captate nel periodo in cui era in corso la verifica fiscale da parte della Guardia di Finanza presso il Caf Fenapi Srl e durante il quale, secondo le Fiamme Gialle, gli indagati erano impegnati nel reperimento e “sistemazione” della documentazione contabile da produrre all’Agenzia delle Entrate per controdedurre alle criticità oggetto di contestazione fiscale. L’accusa riguarda la gestione dei rapporti tra il Caf Fenapi e la Fenapi nel periodo tra il 2009 e il 2013. Ai Caf sarebbero stati addebitati i costi per il mantenimento delle sedi e del personale distaccato mentre le spese venivano in realtà sostenute dalla Fenapi nazionale, che essendo una associazione senza scopo di lucro pagava imposte al 3% e non al 27,5% come sarebbe toccato al Caf. Voci di costo che in sostanza erano l’anticipo del personale in prestito dai circoli Fenapi, che però non si sono mai visti rimborsare il relativo pagamento se non in termini di contributi sindacali. Le indagini hanno riguardato anche movimentazioni contabili di segno contrario, dalla Fenapi nazionale ai Caf e giroconti interni disposti dalla stessa Fenapi. In questo modo la Caf Fenapi Srl avrebbe evaso Ires e Iva per 1,7 milioni di euro. Prima di analizzare alcune conversazioni di quelle riportate dell’ordinanza di custodia cautelare, risalenti al periodo compreso tra novembre 2014 e gennaio 2015, facciamo un passo avanti fino a luglio 2015, quando viene ricostruita la nascita della Fenapi. La nascita della Fenapi. La genesi della Federazione nazionale autonoma piccoli imprenditori è contenuta negli interrogatori del 10 luglio 2015 di De Luca e Satta davanti al pubblico ministero Antonio Carchietti, che coordina l’inchiesta. Il magistrato chiede a De Luca se conosca Satta. “L’ho conosciuto perché ho iniziato il percorso in Fenapi grazie al cav. Filippo Satta, padre di Carmelo. Io c’ho messo l’ingegno, lui i soldi. Mi prestò quasi 300 milioni di lire, poi restituitigli fino alla sua morte nel 2006”. Carmelo Satta lo stesso giorno racconta al pm di aver conosciuto De Luca nel 1994 quando suo padre ha inaugurato una sede comunale del patronato allora esistente, spiegando che lo stesso si appoggiasse a De Luca che aveva aperto una sede del Claai. “Mio padre mi parla di Cateno De Luca, che mi propose l’istituzione di una sede di patronato ad Alì. Da qui nasce tutto. Lui all’inizio era ‘zero’ con i computer e aveva bisogno di ingrandirsi anche sotto il profilo informatico. Io già usavo discretamente il computer e da lì nasce il rapporto”. Satta spiega come inizi quindi a lavorare più con De Luca che con lo studio di geometra. Poi il “grande salto” con l’apertura di una sede a Messina. I numeri crescono e iniziano i rapporti con la Fna Confsal e la Fenapi, dove Satta diviene di lì a poco presidente. “Abbiamo promosso la Fenapi su tutto il territorio nazionale con enormi sacrifici. Nel 1999 riceviamo il riconoscimento da parte del Ministero. E così è nato il ‘mondo’ Fenapi, con strutture e circoli autonomi e aderenti alla Fenapi, oltre che con circa 800 sedi Caf. Cateno De Luca oggi per me, dopo ventuno anni, è un amico” conclude Satta. In prima battuta viene richiamata una conversazione del 28 novembre 2014 tra Carmelo Satta e Floretana Triolo, diretta collaboratrice di De Luca, nel corso della quale i due discutevano della documentazione che avrebbero dovuto consegnare all’Agenzia delle Entrate. Dal tenore della conversazione - secondo gli inquirenti - si evince che il contenuto del carteggio era stato più volte modificato anche su indicazione di Cateno De Luca: “perché lui me le ha fatte fare in tante versioni quindi…” dice Triolo. Nella stessa giornata Cristina Triolo contattata De Luca al fine di chiedere lumi circa la redazione di alcuni documenti, verosimilmente relativi al Caf Fenapi, che di lì a poco sarebbero dovuti essere consegnati all’Agenzia delle Entrate. De Luca - per il gip - era pienamente a conoscenza delle gestione di tutte le società coinvolte nell’indagine e impartiva precise disposizioni alla sua collaboratrice, la quale a sua volta era incaricata di girare le direttive al resto del personale. Il giorno dopo era Carmelo Satta a contattare De Luca per discutere sempre della documentazione. Satta chiede lumi sull’attualizzazione di alcune schede e riceve disposizione di “farle in tutti e due modi”, sottolineando però che si sarebbero avuti due risultati diversi “perché sono due importi diversi capisci?”. Nonostante tale precisazione, De Luca confermava la disposizione impartita “certo… li devi fare in tutti e due i modi” aggiungendo che in base al risultato ottenuto avrebbero deciso quale prospetto consegnare “e poi in base a come escono, decidiamo cosa presentare”. Affermazione per gli inquirenti fa trasparire il modus operandi dei soggetti indagati, “volto alla mistificazione della realtà relativa alla gestione amministrativa delle società, secondo un preordinato e sistematico tentativo di confondere gli organi accertatori attraverso la presentazione di copiosa documentazione che non è certo il risultato delle annotazioni contabili dei fatti gestionali”. “Si riscontra un affannarsi per far quadrare i conti – si legge nell’ordinanza di custodia – emblematico del fatto che i bilanci piuttosto che essere il frutto di operazioni precise e trasparenti, fossero di contro il risultato di artifici contabili tradottisi in condotte illecite che con difficoltà si riuscivano a ricostruire a posteriori e a ricondurre nell’alveo di una parvenza di legalità. Ed è proprio dalle parole degli interlocutori che si evince come i dati riportati in contabilità risultassero errati e dunque difficili da spiegare nell’ambito della verifica condotta dall’Agenzia delle Entrate”. In una intercettazione del 5 dicembre 2014 De Luca e Floretana Triolo continuano a commentare le problematiche relative alla relazione da presentare all’Agenzia, manifestando costantemente la preoccupazione di far quadrare i conti. Triolo: “però noi non possiamo cambiare gli importi… perché questi importi che porti là sopra… sono stati messi… in altre tabelle… in altre cose… cose che ha fatto Satta, cose che sono state fatte in passato… e sono… i numeri che corrispondono ad altri documenti… quindi modificarli… succede un casino”. E De Luca replica: “no, ma noi stiamo parlando del ‘12 il problema… ma qua ci sono ogni anno i problemi…scusami”. La Triolo ribatte: “ma io te l’ho detto che ci sono ogni anno… ti ho… non è che sono problemi… quadra tutto… il problema quale è? Che ci sono i riporti nell’anno successivo per esempio, comincia nel 2007… perché in ordine io… cioè io”. E De Luca ancora: “per me è importante che le somme algebriche alla fine mi danno il risultato del valore economico, perché questa storia, non è un mio vezzo… il vero problema è che loro vogliono verificare attraverso i bilanci… ecco quale è il problema capisci?”. Gli inquirenti annotano come a loro avviso fosse evidente che De Luca fosse preoccupato della necessità che proprio i numeri esposti in bilancio quadrassero e per questo chiedeva lumi ed aiuto alla sua collaboratrice. “Fregatene, è tutta cipria”. Seguono ulteriori conversazioni dove emerge che “la preoccupazione degli indagati, primo tra tutti De Luca che di fatto gestisce come dominus le società oggetto dell’accertamento fiscale, fosse quella di produrre documentazione contenente dati il più possibile verosimili e credibili. Ciò costituisce un’importante conferma non solo dell’avvenuta manipolazione della documentazione messa in atto dal De Luca e dai suoi stretti collaboratori, che si mostravano chiaramente a conoscenza delle problematiche e che si sono prestati ad assecondarne i voleri – prosegue il gip – ma anche di un tentativo da parte degli stessi di creare confusione attraverso il deposito di una mole di dati e documenti tra cui difficilmente ci si sarebbe potuti districare”. In tal senso viene richiamata una conversazione del 20 dicembre 2014 tra De Luca e Cristina Triolo nel corso della quale il primo rappresentava alcune sue preoccupazioni circa l’invio di ispettori nei Caf Fenapi: “Comunque le cose, pur se non si sono fatte, comunque devono apparire verosimili che si sono fatte […] si fanno le cose tanto perché vengono chieste… però… nel fare le cose non ci si pone la domanda come farle e come quadrarle… a caso… ad orecchio […] e poi si impallano ovviamente”. Triolo: “Perché non c’è… diciamo, tra virgolette, la certezza di quello che è…”. De Luca: “non c’è la certezza… quando una cosa non è stata fatta…”. Triolo: “di come si è operato”. De Luca: “è inutile che tu ci… ci… giri attorno… pelo sullo stomaco ci può passare la mietierba ormai… non è che a me…” Triolo “si… si …”. De Luca: “mi prendi per il culo… perché ho tutta una serie di metodi di verifica ormai acquisiti… la tabella vedi? E’ bastata una tabella per far emergere una storia…”. A distanza di qualche giorno Cristina Triolo contatta De Luca per dirgli di aver notato una incongruenza nella relazione presentata all’Agenzia delle Entrate: De Luca risponde: “ma fregatene…è fatto tanto per sceneggiata… non è che… cipria, quella”, frase questa che per il magistrato rappresenta “una chiara conferma che molti dati contenuti nelle relazioni presentate sono stati inseriti al mero fine di creare confusione”. I dubbi di Giuseppe Ciatto. In una conversazione del 21 gennaio 2015 tra De Luca e Satta, il primo chiede informazioni su Giuseppe Ciatto, commercialista che si occupava di bilanci, scritture contabili e dichiarazioni fiscali del Caf Fenapi. De Luca: “ma senti a Peppe Ciatto cosa gli è preso?” ottenendo in risposta dal suo interlocutore: “e non lo so! Abbiamo… cercato di convincerlo, qua c’era pure Nino Bartolotta (stretto collaboratore di De Luca, ndc)… “e che Ciatto “… ha insistito, insiste e poi una cosa così… dice sotto forma di dichiarazione ora sta facendo sotto forma di relazione della serie che lui… a seguito che stava guardando delle cose ha trovato una bozza di relazione… diciamo… la presenta assieme alla dichiarazione della documentazione… che ne so… non lo abbiamo potuto convincere a stare tranquillo… cioè questo è!”. Successivamente Satta riferisce che è giunta anche Carmelina Cassaniti (rappresentante legale Caf Impresa Fenapi e membro Consiglio direttivo Fenapi Nazionale) e comunica a De Luca che le documentazioni di Delnisi e Nisaweb erano complete ma che occorreva vedere il comportamento di Ciatto. De Luca: “erano completi! Perché dipende quello (Ciatto) che cazzo combina […] Digli a Nino (Bartolotta) che gli dia un’occhiata per cortesia che non faccia cazzate questo, nel senso che magari poi… là mette… nel… comporre ora ricomporre le cose e… salta qualche cosa va… minchia, era fatta bene era sistemata e tutto”. “Dal contenuto delle conversazioni si comprende come fosse proprio De Luca a manovrare le attività di tutte le società coinvolte nell’accertamento – si legge nell’ordinanza – tanto che nessuno si permetteva di prendere iniziative senza prima consultarsi e ricevere disposizioni da lui. Emerge come tutte le dichiarazioni rilasciate dai vari soggetti rappresentanti o liquidatori delle società monitorate (Satta, Ciatto, Cassaniti) fossero state preventivamente concordate con De Luca. Trapela inoltre come Ciatto non fosse affatto convinto di sottoscrivere la relazione predisposta ad hoc da De Luca e che fosse preoccupato dei possibili risvolti penali delle condotte anche a lui riconducibili. Preoccupazioni che non avrebbero ragion d’essere ove l’agire degli indagati fosse stato improntato a criteri di trasparenza e legalità”. Ciatto, dopo aver firmato le dichiarazioni allegate al verbale di acquisizione della documentazione relativi alla Delnisi e alla Nisaweb, accusa un malore. La notizia viene data da Cristina Triolo a De Luca, che dopo aver appreso tale particolare, prosegue nelle conversazione. Poco dopo De Luca contattava Satta lamentandosi che Ciatto “è stato scorretto… quando l’ho chiamato siamo rimasti sempre in un modo.. gli ho detto: ti prego come un fratello… ormai non ti mettere a modificare niente, perché io da qua… non mi rendo conto ora tutto quello che sta succedendo… quindi non mi mettere”. “Così confermando di fatto – sottolinea ancora una volta il gip – il suo ruolo di dominus nell’ambito di tutta l’organizzazione”.