Sabato 23 Novembre 2024
Tentata estorsione con metodo mafioso. Uno degli arrestati bloccato in Germania


Le mani di Cosa nostra sugli appalti nell'Alcantara: due arresti dei Cc di Taormina

di Andrea Rifatto | 03/08/2018 | CRONACA

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La bottiglia incendiaria e i Cc di Malvagna

La presenza dei clan catanesi di Cosa nostra sulla provincia di Messina e in particolare sulla Valle dell’Alcantara, come confermato nei giorni dalla relazione della Direzione Investigativa Antimafia sulle indagini svolte del secondo semestre 2017, trova riscontri nell’attività dei Carabinieri della Compagnia di Taormina. Mafia e appalti, un connubio che sembra inscindibile. Questa volta la criminalità organizzata tentava di mettere le mani su un’opera pubblica nel comune di Malvagna. I militari dell’Arma della Compagnia taorminese, guidati dal capitano Arcangelo Maiello, hanno spedito in carcere, dando esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip del Tribunale di Messina su richiesta della Procura della Repubblica Direzione Distrettuale Antimafia di Messina, due personaggi ritenuti elementi di spicco di Cosa nostra etnea e in particolare del clan “Ragaglia-Sangani”, affiliato alla consorteria “Laudani” ed egemone nella frazione nord-orientale dell’area sub-etnea. Le manette sono scattate per Rosario Russo, 25 anni originario di Castiglione di Sicilia (Ct), e Francesco Confalone, 36 anni originario di Malvagna ma residente in Germania. Il provvedimento cautelare, eseguito con il coinvolgimento dei canali di cooperazione internazionale di Polizia, è scaturito da una complessa attività d’indagine, convenzionalmente denominata “Porto Franco” svolta dai militari della Compagnia Carabinieri di Taormina attraverso l’utilizzo di intercettazioni telefoniche ed ambientali, che hanno permesso di riscontrare un grave quadro indiziario, nel quale i soggetti citati emergono come responsabili di tentata estorsione con l’aggravante del metodo mafioso.

Le indagini hanno preso origine da una denuncia, sporta nel febbraio 2016 alla Stazione Carabinieri di Malvagna dal responsabile di cantiere della società di Paternò che si era aggiudicata l’appalto pubblico (per un importo di 630.332,36 euro) relativo ai lavori di completamento della circonvallazione di Malvagna. Nella denuncia veniva formalizzato il rinvenimento di una bottiglia di plastica contenente del liquido infiammabile, un accendino ed un biglietto recante una frase manoscritta in dialetto siciliano dal chiaro tenore estorsivo “CECCATI U AMICO BUONO DI CUSSA” (letteralmente “CERCATI UN AMICO BUONO DI CORSA”), che era stata  attaccata alla maniglia di una macchina escavatrice. Le indagini, immediatamente avviate, si indirizzavano dapprima su alcuni pregiudicati della circondario e, successivamente si concentravano su Russo e Confalone i quali, come emerso dalle testimonianze raccolte, erano stati notati mentre si aggiravano, con fare giudicato “sospetto”, nei pressi del cantiere che era in fase d’avvio. I Carabinieri della Compagnia di Taormina richiedevano, di concerto con l’Autorità giudiziaria competente, l’autorizzazione per eseguire intercettazioni telefoniche e ambientali; le attività tecniche consentivano di accertare inequivocabilmente il coinvolgimento diretto dei due indagati nel tentativo estorsivo ed il loro agire finalizzato a costringere le vittime ad accettare il pagamento per la “protezione” criminale. In particolare, dalle conversazioni captate si documentavano in modo minuzioso i vari abboccamenti posti in essere sia dal Confalone che dal Russo per cercare di vincere le resistenze delle vittime; il tentativo di persuadere le vittime “attraverso la dialettica” era caratterizzato da non comune protervia e spregiudicatezza, peraltro non disdegnando all’occorrenza il ricorso all’uso della forza per ottenere un incontroNonostante le “pressioni” esercitate, gli indagati non riuscivano tuttavia a strappare l’agognato “appuntamento” con la vittima la quale è sempre rimasta determinata a non cedere alle pretese estorsive. La resistenza incontrata ha indotto gli indagati ad inasprire i toni delle minacce, lasciando presagire un’escalation nella gravità degli atti intimidatori che avrebbero messo in campo e di cui la bottiglietta corredata dal biglietto minatorio avrebbe costituito solo il punto di partenza. Ma proprio il manoscritto recante le minacce ha costituito l’ulteriore elemento di prova a carico dei i due indagati che ha chiuso il cerchio circa la loro responsabilità. Infatti ad integrazione del grave quadro indiziario raccolto dai Carabinieri di Taormina sono arrivati gli accertamenti tecnico scientifici svolti dal Reparto Carabinieri Investigazioni Scientifiche di Messina. Le comparazioni grafiche svolte sul manoscritto estorsivo, condotte con perizia e meticolosità dagli esperti della Sezione di Grafica del RIS, hanno infatti permesso di stabilire con massima precisione che l’autore dello scritto fosse proprio Russo.

Relativamente all’aggravante del metodo mafioso, il provvedimento cautelare del Gip ha evidenziato la rilevanza dell’atteggiamento degli indagati che hanno agito in un contesto ambientale “...connotato dalla pervasiva presenza di consorterie criminali aduse ad imporre il giogo estorsivo alle imprese aggiudicatarie di rilevanti commesse pubbliche...” e “…conformando il proprio agire a canoni comportamentali ormai tristemente noti…ricorrendo ad atteggiamenti obliqui ed insinuanti e formalizzando la richiesta attraverso una formula idonea a evocare una modalità comunicativa tipicamente mafiosa”. Dalle risultanze investigative è emersa, inoltre, una consolidata rete di rapporti con esponenti della criminalità organizzata mafiosa locale, in particolare con il clan “Ragaglia-Sangani” di Randazzo, facente capo ad Antonino Salvatore Ragaglia inteso “Nino”, attualmente detenuto.          


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