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Letojanni, sindaco e dirigente a processo per la morte di Roberto Saccà
di Andrea Rifatto | 31/01/2020 | CRONACA
di Andrea Rifatto | 31/01/2020 | CRONACA
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Il dirigente Campailla e il sindaco Costa
Se vi siano state responsabilità degli organi politici e amministrativi del Comune di Letojanni nella morte di Roberto Saccà, il commerciante messinese di 74 anni deceduto durante l’alluvione del 25 novembre 2016, lo stabilità il processo. Nel tardo pomeriggio di ieri il giudice dell’udienza preliminare Valeria Curatolo del Tribunale di Messina ha infatti rinviato a giudizio il sindaco Alessandro Costa e il dirigente dell’Ufficio tecnico, l’architetto Carmelo Campailla, così come chiesto dal sostituto procuratore Anna Maria Arena, che ha coordinato le indagini iniziate nel 2018. Il processo si aprirà il 20 maggio davanti la Seconda Sezione Penale collegiale. Ieri si è costituito nel procedimento anche il Comune di Letojanni, citato dal legale di parte civile, l’avvocato Orazio Carbone, per rispondere dell’eventuale risarcimento dei danni patiti dai suoi assistiti, la moglie di Roberto Saccà, Pina Cannistraci, le figlie Luisa e Laura e altri familiari della vittima, tutti assenti ieri così come il loro difensore. La Giunta comunale ha nominato giovedì scorso come legale dell’Ente l’avvocato Corrado Rizzo, intervenuto ieri in udienza insieme agli avvocati Fabio Di Cara e Salvatore Gentile, difensori di Costa e Campailla (entrambi in udienza). Tutti e tre avevano chiesto il proscioglimento dei loro assistiti perché il fatto non sussiste o per non averlo commesso. Quel pomeriggio Saccà, in sella alla sua moto, stava percorrendo la strada nell’alveo del Sillemi, unica via per accedere ai complessi abitativi a monte, per raggiungere il centro di Letojanni, quando arrivato sotto il ponte della Statale 114 venne sorpreso dall’ondata di acqua e fango finendone travolto e trascinato in mare. Il suo corpo fu ritrovato tre giorni dopo al largo dell’Isola Bella di Taormina. Le accuse. Costa (imputato anche come ufficiale di Governo per la protezione civile) e Campailla sono accusati di rifiuto di atti d’ufficio perché “nella qualità di pubblici funzionari operanti all’interno del Comune di Letojanni rifiutavano di adottare provvedimenti necessari per prevenire il rischio di esondazione del torrente Silemi, pericolo aggravato dalla deviazione degli alvei del torrenti Vallone Serro Ercia e Galeri, omettendo di disporre l’interdizione della strada torrente al traffico di pedoni e veicoli, provvedimento necessario e indifferibile al fine di assicurare pubblica incolumità in caso di precipitazioni intense”; entrambi devono poi rispondere dell’accusa di morte in conseguenza di altro reato perché “omettendo di precludere la strada determinavano il decesso di Roberto Saccà, che stava transitando nella strada insediata nell’alvei del torrente Silemi e veniva investito dalla colata di acqua che proveniva dalla montagna, morendo annegato”. Oltre ai familiari di Saccà, le altre parti offese sono gli Assessorati regionali Territorio e Ambiente e Infrastrutture e Mobilità, il Dipartimento regionale di Protezione civile e il Ministero dell’Ambiente. L'udienza preliminare. Gli avvocati Di Cara e Gentile, nei loro interventi, hanno rimarcato come quel 25 novembre del 2016, sin da primo pomeriggio, il sindaco Costa e l’architetto Campailla, seppur non fosse stata emanata allerta meteo rossa, alle prime avvisaglie di pioggia avessero attivato il Centro operativo comunale di Protezione civile e disposto la chiusura della strada nel torrente Sillemi, dove già dal 2012 vige comunque un divieto di transito in caso di condizioni meteo avverse, sbarrandola fisicamente con delle transenne sia in entrata che in uscita. Entrambi i legali hanno evidenziato poi il Comune si sia attivato in questi anni impegnandosi per la messa in sicurezza del territorio e ottenendo finanziamenti per 10 milioni di euro, compreso un intervento sul Silemi, e come la competenza sul torrente sia del Genio civile, alla luce anche della sentenza del 2016 del Tribunale delle Acque che ha escluso la responsabilità del Comune nel dover interdire quella strada, unica via di accesso ai complessi residenziali di Sillemi. Accuse, quelle della Procura, che per i difensori sono infondate anche perché manca il dolo e perché sindaco e tecnico hanno fatto il possibile, mentre è stato fatto presente al Gup che Saccà, che sapeva come in caso di maltempo il torrente fosse interdetto, non doveva trovarsi in quel posto dopo aver oltrepassato le barriere e ha pagato con la vita il suo sbaglio, con una condotta che ha determinato autonomamente l’accaduto. Un processo, dunque, da non celebrare secondo l’avvocato Rizzo, che ha sottolineato come il dibattimento non aggiungerebbe nulla alla vicenda e come sia profondamente ingiusto attribuire agli attuali amministratori e tecnici responsabilità vecchie di decenni, anche perché sarebbe stato impossibile in concreto che il sindaco dovesse chiudere perennemente la strada, perché altrimenti avrebbe lasciato intrappolate migliaia di persone. Tesi che secondo il Gup Curatolo vanno invece approfondite a processo.