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Mongiuffi Melia, Lo Giudice condannato a 30 anni per l'omicidio di Lo Turco
di Andrea Rifatto | 27/03/2018 | CRONACA
di Andrea Rifatto | 27/03/2018 | CRONACA
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L'assassino, la vittima e il luogo dell'omicidio
È stato condannato a 30 anni di reclusione Leonardo Lo Giudice, l’operaio di 65 anni di Mongiuffi Melia che l’1 ottobre ha ucciso nel piccolo paese della valle del Chiodaro il 64enne Pietro Lo Turco. L’uomo è stato condannato alla pena massima per il reato di omicidio aggravato determinata per effetto della scelta del rito abbreviato. A suo carico il giudice del Tribunale di Messina Eugenio Fiorentino ha disposto anche l’applicazione delle pene accessorie dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici e dell’interdizione legale per la durata della pena ed inoltre lo ha condannato al risarcimento alle parti civili, la moglie Carmela Saglimbene e le due figlie Melania e Lorena difese dagli avvocati Mariella Muscolino di Letojanni e Salvatore Berritta di Taormina, con una provvisionale di 50mila euro per ciascuna, per un totale di 150mila euro. La sentenza è arrivata oggi, a meno di sei mesi dal tragico omicidio del pensionato rinvenuto cadavere la mattina del 1 ottobre 2017 nel suo terreno di Melia. L'imputato era difeso dagli avvocati Alfio Ardizzone di Letojanni e Giuseppe Carrabba di Messina. L'Arma dei Carabinieri evidenzia come la tempestività e la qualità delle indagini, svolte dai Carabinieri della Compagnia di Taormina e del Comando provinciale di Messina, in piena sinergia con la Procura della Repubblica di Messina, ha portato in tempi brevissimi alla condanna dell’imputato nel primo grado di giudizio. Un’attività investigativa definita un esempio di efficienza del sistema di contrasto nel territorio messinese. Leonardo Lo Giudice era stato arrestato dai Carabinieri di Taormina il 22 dicembre scorso in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Messina, su richiesta della locale Procura della Repubblica guidata dal procuratore capo. Maurizio De Lucia. Lo stesso giorno, durante l’interrogatorio in carcere, aveva confessato il delitto e spiegato il movente. Il provvedimento restrittivo aveva recepito gli esiti della complessa attività di indagine, coordinata dal sostituto procuratore Annalisa Arena e sviluppata dalla Compagnia Carabinieri di Taormina, ai comandi del capitano Arcangelo Maiello, d’intesa con il Reparto Carabinieri Investigazioni Scientifiche di Messina. La vittima si era recata in un fondo agricolo per compiervi alcuni lavori, era stata affrontata e uccisa con tre colpi di fucile semiautomatico calibro 12 caricato a pallettoni, esplosi alla testa da distanza ravvicinata. L’attività investigativa, nel suo complesso, aveva consentito di identificare l’autore dell’efferato delitto, individuato sulla base della riconducibilità del materiale balistico rinvenuto sulla scena del crimine ad un’arma di sua proprietà, nonché di fare piena luce sul movente dell’omicidio, da ricondurre ai frequenti dissidi legati ai cattivi rapporti di vicinato tra il pensionato e il suo assassino. Le investigazioni svolte dai Carabinieri si erano rapidamente sviluppate attraverso gli interrogatori delle persone informate sui fatti, sopralluoghi, perquisizioni, esame delle riprese dei sistemi degli impianti di videosorveglianza e mediante intercettazioni telefoniche ed ambientali nonché attraverso indagini tecnico-scientifiche condotte dai Ris. Erano state eseguite numerose perquisizioni nei confronti di cittadini di Mongiuffi Melia che detenevano legalmente armi compatibili con quella utilizzata dal killer e tale attività aveva consentito di sequestrare il fucile calibro 12 semiautomatico marca Breda legalmente detenuto da Lo Giudice. L’arma, sottoposta ad accertamenti tecnico – scientifici presso il Ris di Messina era risultata essere proprio quella che aveva esploso i colpi mortali all’indirizzo di Lo Turco. Contestualmente si era ricostruita, sulla base delle testimonianze raccolte, dapprima l’esistenza di dissidi tra la vittima e l’assassino dovuti al cattivo rapporto di vicinato esistente tra i due e, successivamente, si erano ricostruiti gli spostamenti dell’indagato il giorno dell’omicidio appurando che, in un orario compatibile con quello in cui l’omicidio era stato commesso egli aveva sostato circa quattro minuti in una località assai prossima alla scena crimine. Sulla base dello schiacciante quadro indiziario elaborato, la Procura della Repubblica di Messina aveva ottenuto dal Gip il provvedimento cautelare a carico di lo Giudice che oggi è stato confermato dalla condanna in primo grado.