Nizza, un nuovo processo sul depuratore: rinviati a giudizio in sei tra sindaci e tecnici
di Andrea Rifatto | 15/12/2020 | CRONACA
di Andrea Rifatto | 15/12/2020 | CRONACA
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La Corte d'appello ha disposto il giudizio
Partirà un secondo processo sulla gestione del depuratore intercomunale di Nizza di Sicilia, utilizzato anche dai centri di Alì Terme e Fiumedinisi, nel periodo compreso tra gennaio 2018 e febbraio 2019. Ieri la Corte d’Appello di Messina ha infatti ribaltato in parte la sentenza emessa il 27 febbraio scorso in udienza preliminare dal Gup Monica Marino relativamente alle assoluzioni parziali e ha disposto il rinvio a giudizio per il reato di omissione d’atti d’ufficio (capo 11) a carico di sindaci e tecnici coinvolti nell’inchiesta scattata nel 2019, che erano stati invece prosciolti con la formula “perché il fatto non sussiste”. Il collegio presieduto dal giudice Alfredo Sicuro, con a latere Daria Orlando e Maria Teresa Arena, ha quindi deciso che si apra un altro dibattimento a carico di sei imputati, i sindaci Piero Briguglio (Nizza), Giovanni De Luca (Fiumedinisi) e Carlo Giaquinta (Alì Terme), l'ex sindaco di Alì Terme Giuseppe Marino e due funzionari dell'Ufficio tecnico di Nizza, Rosario Porto e Umberto Valerini. Confermata nel resto la sentenza del Gup Monica Marino, che aveva prosciolto dall’accusa di abuso d’ufficio (capi 7 e 8) i tecnici Porto e Valerini e il gestore dell’impianto, Agatino Mantarro, così come Valerini era stato assolto dal reato di getto pericoloso di cose e violazioni ambientali (capi 9 e 10). In udienza preliminare era arrivato il rinvio a giudizio di sindaci, tecnici e gestore solo per i reati contravvenzionali e nel processo, in corso davanti al giudice monocratico Adriana Sciglio, devono rispondere a vario titolo delle accuse di getto pericoloso di cose, violazione del Testo unico ambientale per il superamento dei limiti dei valori inquinanti e attività di gestione rifiuti non autorizzata (solo Mantarro). Dal secondo processo, che si aprirà il 7 aprile 2021 davanti al Tribunale in composizione collegiale, rimane dunque fuori solo il gestore dell’impianto. Secondo la Procura, che ha condotto l’inchiesta con il sostituto procuratore Rosanna Casabona e ha chiesto alla Corte d’appello di impugnare la sentenza del Gup nella parte delle assoluzioni, è stato commesso anche il reato omissivo in quanto i sei, nel febbraio 2019, “in concorso tra loro e nelle rispettive qualità”, consentivano “il funzionamento dell’impianto consortile di depurazione delle acque reflue sito in contrada Piana in condizioni inadeguate al corretto ciclo depurativo e in assenza di adeguata manutenzione”; inoltre “consentendo il funzionamento dell’impianto in assenza di autorizzazione allo scarico dei reflui fognari nelle acque marine attraverso una condotta sottomarina (con autorizzazione della Regione del 17 ottobre 2010 revocata l’11 gennaio 2013), omettevano indebitamente di compiere un atto del loro ufficio che, per ragioni di igiene e sanità, doveva essere compiuto senza ritardo consistente nel procedere al trattamento delle acque reflue provenienti dal territorio comunale attraverso un impianto di depurazione a norma di legge”. La sentenza era stata impugnata dal Pm Casabona in quanto è stato ritenuto che il Gup ha proceduto ad una ricostruzione dei fatti alternativa al fine di dimostrare la non colpevolezza degli imputati, effettuando una valutazione di merito che non gli competeva perché spettante al giudice del dibattimento, decidendo in sostanza sulla base dell’elemento soggettivo del reato, rinviando a giudizio per le contravvenzioni (per cui è sufficiente la colpa) e prosciogliendo per i delitti (per cui è richiesto il dolo), mentre secondo la Procura tale distinzione non poteva essere fatta in udienza preliminare. Gli imputati sono difesi dagli avvocati Giovanni Calamoneri, Giovanni Mannuccia, Massimo Brigandì, Giovambattista Freni, Antonio Scarcella e Carmelo Lombardo.