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Omicidio di Letojanni, si scava nei cellulari per capire i contatti e stringere il cerchio
di Andrea Rifatto | 31/08/2022 | CRONACA
di Andrea Rifatto | 31/08/2022 | CRONACA
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L'abitazione del delitto rimane sotto sequestro
La chiave di volta delle indagini sull’omicidio di Massimo Canfora potrebbe essere l’esame dei contatti telefonici avvenuti quella mattina. Proprio per questo motivo si scaverà nei cellulari sequestrati dai Carabinieri e della Procura, che stanno conducendo l’inchiesta sulla morte dell’operatore ecologico. Questa mattina il sostituto procuratore Alessandro Liprino ha affidato l’incarico per una consulenza tecnica al dottor Filippo Impellizzeri, perito che avrà il compito di esaminare i quattro telefonini appartenenti alla vittima, al 18enne tunisino Feres Bayar attualmente in carcere con l’accusa di aver assassinato il 56enne e alle altre due persone che la mattina del 18 agosto si trovavano nella palazzina di via Nenzi 8, un uomo che vive al primo piano e un suo amico. Il consulente avrà il compito di analizzare i dispositivi elettronici, acquisendo il contenuto e soprattutto i messaggi scambiati in quelle ore, al fine di verificare se possano emergere elementi utili ai fini delle indagini. Proprio tra le 7.15 e le 7.45 ci sarebbe stato uno scambio di messaggi tra il presunto assassino e un’altra persona che si trovava nel palazzo e l’esame degli smartphone potrebbe far emergere ulteriori dettagli utili a far capire chi sia entrato nell’appartamento di Canfora al secondo piano e per quale motivo, fino ad ucciderlo. Per l’accusa ad accoltellarlo sarebbe stato proprio Bayar, che in sede di interrogatorio ha però accusato l’inquilino del piano di sotto, con il quale ha ammesso di aver consumato cocaina alla presenza di un altro giovane di Taormina, escludendo di aver poi consumato un rapporto sessuale con la vittima. Secondo il gip Simona Finocchiaro, invece, che ha convalidato il fermo di Feres Bayar per l’omicidio, le dichiarazioni di quest’ultimo “oltre a risultare non costanti, contraddittorie e inverosimili, sono state smentite dalle dichiarazioni dei numerosi testi escussi, si da non lasciare margini di valutazione allo stato in ordine all’individuazione dell’odierno indagato quale autore del gesto criminoso per il quale si procede, il cui movente deve individuarsi verosimilmente in contrasti economici sorti nell’ambito di una relazione omosessuale occasionale tra la persona offesa e l’indagato, il quale a sua volta si trovava in stato di alterazione psicofisica per aver fatto uso di cocaina”. A difendere il 18enne tunisino sono gli avvocati Giovambattista Freni e Giuseppe Marino, mentre la famiglia Canfora è assistita dall’avvocato Giacomo Rossini. Parallelamente procedono gli accertamenti del Ris dei Carabinieri e l’abitazione di Massimo Canfora rimane sotto sequestro.