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Omicidio di Lorena Quaranta a Furci Siculo: Antonio De Pace condannato all'ergastolo
di Andrea Rifatto | 14/07/2022 | CRONACA
di Andrea Rifatto | 14/07/2022 | CRONACA
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Lorena Quaranta aveva 27 anni
Ergastolo. È la pena decisa per l’omicidio di Lorena Quaranta, emessa oggi pomeriggio dalla Corte d’Assise di Messina presieduta dal giudice Massimiliano Micali dopo diverse ore di camera di consiglio, per Antonio De Pace, il trentenne calabrese che il 31 marzo del 2020 ha ucciso a Furci Siculo la fidanzata, originaria di Favara, studentessa di Medicina all’Università di Messina. L’infermiere di Dasà (Vibo Valentia) era imputato con l’accusa di omicidio aggravato e premeditato per aver ucciso la compagna 27enne, con la quale conviveva nella villetta di via Delle Mimose nella cittadina furcese, e la Corte ha accolto oggi la richiesta di condanna avanzata l’11 maggio dal pubblico ministero Antonio Conte. Nella sentenza è stata riconosciuta la sussistenza dell'aggravante della convivenza, mentre sono state escluse quelle della premeditazione e dei motivi abietti e futili. Ma ciò non ha evitato all’imputato la condanna al carcere a vita. La Corte ha stabilito una provvisionale da liquidare subito ai familiari di Lorena, 50mila euro ciascuno per i genitori e 30mila euro ad ognuno dei tre fratelli, oltre al risarcimento di 3mila 600 euro al Centro Donne Antiviolenza Onlus di Messina. Tutte le altre richieste risarcitorie sono state rigettate dalla Corte. Nei mesi scorsi De Pace è stato dichiarato imputabile dopo la perizia psichiatrica disposta dai giudici della Corte d’assise e affidato nell’ottobre del 2021 al professor Stefano Ferracuti, ordinario di Psichiatria e criminologia all’Università “La Sapienza” di Roma, per verificare la capacità di intendere e di volere del giovane al momento del femminicidio e durante il processo. Dalla relazione è emerso che il giovane “non presenta elementi clinicamente rilevanti tali da configurare un quadro nosograficamente definito in ambito psichiatrico” e dunque è stata evidenziata una capacità da parte di De Pace di stare in giudizio, perché “non ha una anamnesi di disturbi psichiatrici”. A richiedere di analizzare le condizioni mentali dell’imputato, reo confesso la sera stessa del delitto, era stato il pubblico ministero Roberto Conte, sulla base della perizia di parte depositata dalla difesa di De Pace, rappresentata dai legali Bruno Ganino e Salvatore Silvestro. La difesa della famiglia Quaranta è stata invece assistita dall’avvocato Giuseppe Barba. Antonio De Pace era accusato di aver premeditato l’uccisione di Lorena Quaranta e di non aver agito in preda ad un raptus o preso dalla rabbia, oppure perchè viveva in uno stato d'ansia per il timore di rimanere contagiato dal Covid. A sostegno di questa tesi alcuni messaggi WhatsApp inviati prima del delitto alla sorella e al fratello, con i quali manifestava la volontà di trasferire i risparmi, accumulati nel proprio conto corrente, ai nipoti: messaggi che poi ha cancellato dal cellulare per non lasciare tracce. Per la Procura era un segno che aveva pianificato il delitto attuato nella villetta di via Delle Mimose ed era certo delle conseguenze che ne sarebbero derivate. L’assassino, secondo quanto ricostruito dalle indagini, ha colpito Lorena con un oggetto contundente per tramortirla e poi le ha messo la mani al collo per strangolarla, causandone la morte pochi istanti dopo per asfissia acuta da soffocazione diretta. A processo si sono costituite parti civili anche otto associazioni impegnate nella sensibilizzazione contro la violenza sulle donne, "Al Tuo Fianco" di Roccalumera (che gestisce un centro antiviolenza proprio a Furci), "Evaluna Onlus", "Insieme per Marianna Manduca", "Genesis", "Gens Nova", "Pink Project", "Cedav Messina" e "Una di noi Onlus”.