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Omicidio Scipilliti, Ceccio e Caminiti condannati all'ergastolo
di Andrea Rifatto | 09/01/2019 | CRONACA
di Andrea Rifatto | 09/01/2019 | CRONACA
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Ceccio e Caminiti. Sullo sfondo il luogo del delitto
Ergastolo. È questa la condanna per Fabrizio Ceccio e Fortunata Caminiti, gli “amanti diabolici” accusati dell’omicidio di Roberto Scipilliti, il vigile del fuoco di Roccalumera ucciso a Savoca il 5 gennaio del 2017 e trovato cadavere il 14 gennaio nelle campagne della frazione Rina, coperto da un sacco sotto le foglie ai bordi di un canalone di scolo della strada provinciale agricola 234. La Corte d’assise del Tribunale di Messina ha emesso oggi il verdetto per i due, condannati al carcere a vita per omicidio premeditato, occultamento di cadavere e per un’altra serie di reati quali falsità materiale, sostituzione di persona, falsa attestazione di identità, detenzione abusiva di armi e munizioni, ricettazione, per un totale di dodici capi di imputazione. I giudici hanno quindi accolto la richiesta formulata il 22 novembre dal pubblico ministero Antonella Fradà, alla quale si era associato il difensore delle parti civili, l’avvocato Antonio Roberti. La Corte presieduta dal giudice Massimiliano Micali ha stabilito l’isolamento diurno per quattro mesi per Ceccio e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici per entrambi. Fissate delle provvisionali immediatamente esecutive da 60mila euro ciascuno per i due figli di Scipilliti, da 40mila euro per il padre e da 20mila per le due sorelle (un altro fratello non si era costituito parte civile), oltre al risarcimento dei danni da decidere in sede civile. Stabilita altresì la confisca di quanto sequestrato a Ceccio e Caminiti, ossia pistole, munizioni, telefoni cellulari e altre apparecchiature. Le motivazioni della sentenza si conosceranno tra 90 giorni. Un delitto in cui non è mai stato ben chiaro il movente: un piccolo debito da 1.500-2.000 euro della vittima verso la coppia oppure qualcosa di molto più grosso. Per comprenderne di più bisognerà attendere le motivazioni. La sentenza di primo grado riconosce quindi i due amanti come coloro che quel 5 gennaio di due anni hanno giustiziato Roberto Scipilliti con un colpo alla nuca nella regione parieto-occipitale, con foro di uscita alla base della piramide nasale, esploso da dietro mentre era in auto. L’avvocato Silvestro aveva chiesto per Ceccio l’assoluzione dai reati di omicidio e occultamento, sostenendo come il 45enne di Pagliara non si trovasse con la Caminiti al momento dell’omicidio, portando come prova le telefonate intercettate tra i due proprio quel pomeriggio. Per la 49enne di Mandanici il suo legale, l’avvocato Katia Veneziani, aveva chiesto la derubricazione del reato da omicidio premeditato a colposo, in quanto quel giorno nelle campagne di Rina il colpo di pistola, secondo la sua tesi, sarebbe partito accidentalmente mentre la Caminiti aveva in mano la semiautomatica Sig Sauer calibro 9, come dichiarato dalla donna in una delle ultime udienze. Ma la Corte d'assise li ha riconosciuti entrambi colpevoli di omicidio premeditato.