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Omicidio Scipilliti, rinviati a giudizio Ceccio e Caminiti. Prosciolto Scionti
di Andrea Rifatto | 01/12/2017 | CRONACA
di Andrea Rifatto | 01/12/2017 | CRONACA
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I due imputati e il luogo dove venne trovato il corpo
Due rinviati a giudizio e un prosciolto. Il processo sull’omicidio di Roberto Scipilliti, il vigile del fuoco di Roccalumera ucciso il 5 gennaio e trovato cadavere il 14 dello stesso mese nelle campagne di Rina, frazione di Savoca, si aprirà il 7 marzo 2018 dinanzi alla Corte d’assise di Messina con due imputati, Fabrizio Ceccio, 45 anni di Pagliara, e Fortunata Caminiti, 48enne di Mandanici, accusati di omicidio premeditato, occultamento di cadavere, detenzione illegale di armi, falsità materiale e sostituzione di persona. Il terzo indagato, Letterio Scionti, 51 anni di Messina, è stato invece assolto nel giudizio abbreviato dall’accusa di favoreggiamento perché il fatto non costituisce reato. È quanto deciso questa mattina nell’udienza preliminare dal Gup Simona Finocchiaro, dopo la richiesta di rinvio a giudizio formulata il 20 settembre dal sostituto procuratore Antonella Fradà e dall'aggiunto Giovannella Scaminaci. Ceccio e Caminiti sono difesi dall’avvocato Salvatore Silvestro, mentre Scionti, che esce di scena grazie all’applicazione della causa di non punibilità perché in sostanza si era attribuito azioni non commesse allo scopo di tutelarsi, era rappresentato dall’avvocato Cesare Santonocito. Ceccio si trova ristretto in carcere a Barcellona Pozzo di Gotto, mentre la Caminiti è agli arresti domiciliari a Pagliara. Secondo l’Accusa Fabrizio Ceccio e Fortunata Caminiti hanno agito attirando in trappola Scipilliti il pomeriggio del 5 gennaio a S. Teresa di Riva, riuscendo a farlo salire a bordo della Fiat Panda gialla in uso ai due, noleggiata dalla donna a Giarre con documenti falsi, sul lungomare nella zona sud del paese, dove il pompiere aveva parcheggiato la sua auto. Una volta seduto sul sedile anteriore lato passeggero, il vigile del fuoco è stato ucciso con un colpo di pistola calibro 9 a bruciapelo alla nuca, morendo all’istante. I due si sarebbero quindi affrettati a scaricare il corpo sulla Strada provinciale agricola Rina-Savoca, a ridosso di un canale di scolo, coprendolo con un sacco nero e completando le operazioni di occultamento nel giro di sette minuti. La svolta è arrivata dall’analisi dei tabulati del cellulare della vittima e di quelli ritrovati in possesso a Ceccio e Caminiti. I filmati di diverse telecamere della zona hanno poi consentito di rintracciare l’auto usata per l’omicidio, nella quale i Ris hanno trovato numerose tracce di sangue che i due hanno tentato di ripulire dopo il delitto, senza però accorgersi che nel vano porta oggetti posto sotto il sedile del passeggero anteriore vi era una pozza di sangue. Dopo il delitto Ceccio e Caminiti sono partiti verso la Toscana, dove l'uomo trascorreva la latitanza per precedenti vicende giudiziarie, salvo ritornare il 14 gennaio, quando sono stati arrestati a Messina e trovati in possesso di armi in auto. Rimane da chiarire chi abbia realmente premuto il grilletto e il movente del delitto, ossia capire se l’omicidio possa essere maturato nell’ambito degli interessi illeciti e delle truffe che accomunavano i due presunti assassini e la loro vittima, oppure, come ipotizzato dagli inquirenti, nell’ambiente delle chat erotiche e degli appuntamenti a pagamento. Un movente che processualmente ancora non è emerso.