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Operazione "Nerone bis": la famiglia Pitasi in silenzio davanti al Gip, in tre rispondono
di Andrea Rifatto | 06/07/2022 | CRONACA
di Andrea Rifatto | 06/07/2022 | CRONACA
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L'incendio dell'autovettura di Zinna con una sagoma che fugge
In tre hanno deciso di rispondere, gli altri tre hanno scelto per il momento la strada del silenzio. Si sono conclusi gli interrogatori di garanzia dei sei arrestati giovedì scorso nell’ambito dell’operazione “Nerone bis” condotta dai Carabinieri della Compagnia di Taormina, che ha portato due persone in carcere e quattro agli arresti domiciliari con le accuse, contestate a vario titolo, di danneggiamento seguito da incendio, atti persecutori, tentata estorsione, spaccio di sostanze stupefacenti. Gli indagati sono comparsi davanti al Gip Ornella Pastore, che il 27 giugno ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare, assistiti dai propri legali. Gabriele Pitasi (ristretto nel carcere di Barcellona Pozzo di Gotto) e la madre Franca Bartolone (ai domiciliari), difesi all’avvocato Giuseppe Marino, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere in quanto il loro legale deve ancora esaminare tutti gli atti dell’inchiesta, una mole di documenti tra intercettazioni e materiale probatorio raccolto per quasi un anno dai carabinieri; analoga strategia difensiva ha scelto Davide Pitasi, assistito dall'avvocato Daniela Principato del Foro di Agrigento, che rinchiuso nel carcere di Messina Gazzi non ha risposto alle domande del Gip, in quanto il difensore (che ha partecipato all’interrogatorio in videocollegamento) non ha avuto ancora la possibilità di studiare tutto il fascicolo di indagine. Hanno invece reso dichiarazioni davanti al giudice gli altri tre arrestati, tutti ristretti ai domiciliari, ossia Giuseppe Macrì e Andrea Micali, che hanno chiarito la loro posizione difesi dagli avvocati Oleg e Tancredi Traclò, e Salvatore Lenzo, assistito dall’avvocato Salvatore Silvestro, che ha risposto alle domande negando ogni responsabilità. Il suo legale ha già presentato istanza al Tribunale del Riesame per far rivedere la posizione del suo assistito e ottenere la revoca degli arresti domiciliari. Le accuse più gravi vengono contestate ai fratelli Pitasi, ossia danneggiamento seguito da incendio per aver bruciato le autovetture del comandante della Stazione dei Carabinieri, Maurizio Zinna, dell’allora responsabile dell’Ufficio tecnico comunale, Sebastiano Stracuzzi; per questo secondo episodio viene accusata dello stesso reato, aggravato dall’aver agito in orario notturno, su strada pubblica e contro un pubblico ufficiale, anche la madre Franca Bartolone. Madre e figli devono rispondere anche di stalking verso la famiglia Stracuzzi per aver minacciato e molestato continuamente i componenti del nucleo familiare, con messaggi e commenti sui social network, pedinamenti, incendi delle autovetture e aggressioni. I fratelli Pitasi, con Giuseppe Macrì, sono accusati di tentata estorsione attuata nei confronti del titolare dell’hotel e ristorante “Agostiniana” di Forza d’Agrò e dell’impresa edile “Edilagrò” (insieme alla moglie), al quale sarebbero stati chiesti 65mila euro per evitare che alcuni mezzi meccanici venissero bruciati. Contestati infine una decina di episodi di spaccio e cessioni di droga (cocaina, crack, marijuana) ai fratelli Pitasi, a Macrì (due), Micali (due) e Lenzo (uno), tra Forza d’Agrò, Sant’Alessio Siculo, Santa Teresa di Riva, Roccalumera, Taormina, Roccalumera.