"Sacco di Fiumedinisi", chiesti quattro anni e quattro mesi per De Luca
di Redazione | 16/04/2019 | CRONACA
di Redazione | 16/04/2019 | CRONACA
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De Luca al centro tra gli avvocati Micalizzi e Taormina
Quattro anni e quattro mesi di reclusione per Cateno De Luca, tre anni e otto mesi per il fratello Tindaro e due anni e otto mesi per Benedetto Parisi. Sono le richieste avanzate oggi dal procuratore generale Adriana Costabile al termine della requisitoria nel processo di appello sul “sacco di Fiumedinisi”, apertosi nei mesi scorsi in Corte d'appello dopo la sentenza del 10 novembre 2017 che ha chiuso il primo grado con assoluzioni e prescrizioni nei confronti dei 18 imputati, tra cui l’attuale sindaco di Messina, Cateno De Luca. Oltre lui, imputato nella qualità di primo cittadino di Fiumedinisi all’epoca dei fatti, sono coinvolte in secondo grado altre sette persone: il fratello Tindaro Eugenio De Luca, l’allora vicesindaco Grazia Rasconà, gli ex assessori Giuseppe Bertino e Salvatore Piccolo, il tecnico comunale Natale Coppolino Gregorio, l’allora presidente della Commissione edilizia comunale Benedetto Parisi e funzionario del Comune Pietro D’Anna. Oltre le tre richieste di condanna, la Procura generale ha chiesto oggi l’applicazione delle prescrizioni ulteriormente maturate con la riqualificazione di alcuni capi d’imputazione contestati e l’assoluzione. Oggi sono intervenuti gli avvocati Giovanni Calamoneri ed Enrico Ricevuto, difensori di Parisi e l’avvocato Giovanni Mannuccia, difensore di Pietro D’Anna. L’udienza è stata rinviata al 17 luglio per dare la parola ai difensori di Tindaro De Luca. In primo grado il Collegio ha disposto il non doversi procedere per intervenuta prescrizione nei confronti di Cateno De Luca, Tindaro De Luca, Angelo Caminiti, Francesco Carmelo Oliva, Renzo Briguglio, Roberto Favosi, Fabio Nicita, Pietro D’Anna e Benedetto Parisi per il reato di tentata concussione in concorso, riqualificato dai giudici in tentata induzione indebita a dare o promettere utilità in concorso, e per falso in atto pubblico. L’assoluzione è invece scattata per Cateno De Luca, Natale Coppolino, Grazia Rasconà, Antonino Cascio, Pietro D’Anna, Giuseppe Bertino, Salvatore Piccolo, Paolo Crocé, Carmelo Crocetta, Giuseppe Giardina per il reato di abuso d’ufficio perché il fatto non sussiste e per Carmelo Satta e Pietro D’Anna perché il fatto non costituisce reato. Sentenza contro cui la Procura peloritana ha presentato appello ritenendo che De Luca non andava assolto dall’accusa di abuso d’ufficio, la concussione non andava derubricata in tentata induzione indebita e quindi non era possibile applicare la prescrizione. Il processo riguarda una serie di opere pubbliche realizzate negli anni scorsi nel borgo collinare tramite il “Contratto di Quartiere”, che secondo la Procura della Repubblica di Messina sarebbe stato modificato per agevolare le imprese della famiglia De Luca. L'inchiesta ha analizzato fatti avvenuti nel periodo tra il 2004 e il 2010 ed è culminata nel giugno 2011 con l’arresto di Cateno De Luca, ristretto per un periodo ai domiciliari. Al centro delle indagini, svolte della Polizia municipale di Messina in seguito a un esposto, i lavori per la costruzione di un albergo con annesso centro benessere della società “Dioniso Srl”, l'edificazione di 16 villette da parte della cooperativa “Mabel" e la realizzazione di muri di contenimento del torrente Fiumedinisi. Secondo l'accusa gli indagati avrebbero agevolato l'ex sindaco De Luca, mediante l'approvazione della variante al Prg, per la realizzazione dell'albergo di contrada Vecchio con i finanziamenti regionali per la messa in sicurezza del torrente.