Sequestrato il depuratore di Sant’Alessio: tre indagati per omissioni e fognatura in mare
di Redazione | 28/09/2022 | CRONACA
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Sigilli all'impianto di contrada Cassarina
È scattato il sequestro preventivo per il depuratore fognario di Sant’Alessio Siculo, al centro di indagini della Procura della Repubblica di Messina già da tre anni. Ad eseguire il decreto sono stati gli ufficiali di polizia giudiziaria della Capitaneria di Porto di Messina, su disposizione della giudice per le indagini preliminari Simona Finocchiaro del Tribunale peloritano, sulla scorta degli elementi probatori raccolti nel corso degli accertamenti, accogliendo la richiesta della Procura che ha condotto delle corpose e meticolose indagini già iniziate nel 2019. Il sequestro ha compreso l’intero plesso, ubicato in contrada Cassarina, e comprende l’impianto di depurazione comunale costituito da vari stadi di trattamento del refluo urbano che una volta fuoriuscito sfocia in mare attraverso una condotta sottomarina. Nel sequestro ricadono, inoltre, tutte le aree adibite a deposito temporaneo di rifiuti, come vaglio di grigliatura, sabbie e fanghi derivanti da depurazione, riscontrati all’interno dell’area stessa. L’attività di polizia ambientale ha comportato l’iscrizione di tre persone sul registro degli indagati: il vicesindaco Giovanni Foti, sindaco all’epoca dei fatti contestati; l’architetto Gaetano Faranna, allora responsabile dell’Ufficio tecnico comunale, e Caterina Agata Italia Sapienza, rappresentante legale della ditta “Rizzotti Costruzioni” di Catania che ha gestito l’impianto negli anni scorsi. I fatti contestati risalgono all’8 ottobre 2019 e i tre sono difesi dagli avvocati Massimo Brigandì, Pietro Fusca e Carmelo Galati. Foti e Faranna sono indagati in concorso per omissione di atti d’ufficio “per aver consentito il funzionamento dell’impianto in condizioni inadeguate al corretto ciclo depurativo e in assenza di adeguata manutenzione, consentendo il funzionamento dell’impianto in assenza di autorizzazione allo scarico in uscita dall’impianto nelle acque marine, omettendo di verificare l’esecuzione dei lavori di potenziamento e di adeguamento aggiudicati alla ditta ‘Rizzotti Costruzioni”. La Sapienza deve rispondere del reato di inadempimento di contratti di pubbliche forniture “per non aver eseguito i lavori oggetto del capitolato d’oneri relativo al servizio di gestione, adeguamento sistema ossidativo e sistemazione vasche di sedimentazione”, dopo l’appalto aggiudicato nel giugno 2019; tutti e tre sono poi accusati del reato di getto pericoloso di cose “perchè omettendo di effettuare le opportune verifiche sul funzionamento dell’impianto di depurazione, nonché omettendo di eseguire un corretto trattamento depurativo e procedere alla manutenzione dell’impianto, provocavano lo scarico in mare di acque reflue non depurate”. Secondo la gip Finocchiaro “vi è fondata ragione di ritenere che la libera disponibilità del depuratore ben potrebbe aggravare e protratte le conseguenze dei reati, con perdurante grave danno per l’ambiente e la salute pubblica” e vi è “la necessità di far cessare la permanenza delle condotte”. Da qui la decisione di disporre il sequestro dell'impianto.