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Presentato al Classico di S. Teresa il libro dell'afghano sfuggito alla guerra nel 1997


La storia di Alì, dal viaggio della speranza alla libertà ritrovata in Italia

09/05/2017 | CULTURA E SPETTACOLI

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Ehsani con Lipari, Trimarchi e alcuni studenti

Ogni giorno i mass-media ci informano di continui sbarchi di migranti sulle nostre coste ma noi, vinti dalla più triste delle abitudini, restiamo ad ascoltare senza impressionarci più di tanto, perché ormai è una notizia che fa parte del nostro quotidiano. Non ci sconvolge più il numero dei morti in mare, non ci fermiamo più a riflettere su quelle vite spezzate e su quei sogni rimasti irrealizzati. Eppure, ogni uomo che sceglie di affrontare il mare a bordo di un barcone ha una sua storia da raccontare, una storia che la sua unicità rende differente da tutte le altre. Unica, ad esempio, è quella di Alì Ehsani, autore del romanzo “Stanotte guardiamo le stelle” e protagonista dell’incontro tenutosi presso il Liceo classico “E. Trimarchi” di S. Teresa di Riva, facente parte dell’Istituto di istruzione superiore “Caminiti-Trimarchi”. La dirigente scolastica, Carmela Maria Lipari ha accolto l’autore nella palestra del liceo e ha dato inizio, insieme al responsabile della Feltrinelli Point di Messina, Salvatore Trimarchi, a quella che si è rivelata una mattinata ricca di emozioni.

Una mattinata che ha visto Alì dialogare con i ragazzi, raccontare, con estrema sincerità, ogni singolo momento di quel viaggio della speranza di cui è stato, suo malgrado, protagonista. Un viaggio che l’ha visto partire bambino da Kabul nel 1997 in compagnia del fratello maggiore, Mohammed, divenuto per lui unico punto di riferimento, unico approdo sicuro dopo la morte di entrambi i genitori. Questi ultimi vengono uccisi mentre si trovano entro le mura della propria abitazione distrutta interamente da un razzo, arma di una stupida guerra tra fazioni. La vista di quelle macerie diventa simbolo per il piccolo Alì di un futuro da costruire attraverso un percorso che si prefigura, però, arduo e insidioso, un futuro che Kabul non gli potrà mai regalare. Ecco che il viaggio della speranza ha inizio. Un viaggio, un’esperienza di vita che ha colpito, particolarmente, gli studenti del liceo classico, che dopo aver letto attentamente il romanzo di Alì, hanno voluto essere, come è giusto che sia, parte attiva dell’incontro. Coordinati dalle docenti Sabrina Fara, Pasqua Santoro, Critsina Verboso e Alessia Vanaria hanno guardato alla vicenda di questo giovane da differenti punti di vista, realizzando video o elaborando riflessioni di notevole intensità. Hanno cercato, nell’infinito libro dell’esistenza, storie di vita raffrontabili con quelle di Alì, vicende rimaste sepolte nel mare del silenzio. Quel mare che si sceglie di affrontare animati dalla speranza di potercela fare, di poter aver ancora il tempo per scrivere un futuro migliore. La speranza dello straniero, poi, non poteva non richiamare alla mente dei giovani studenti del liceo classico l’immagine del viaggiatore per eccellenza, dell’eroe greco Odisseo. Non a caso è stato scelto, infatti, di drammatizzare un brano tratto dal VI libro dell’Odissea, in cui si racconta l’incontro tra Ulisse e Nausicaa. La figlia di Alcinoo non prova alcuno spavento dinnanzi allo straniero ma invita le ancelle a riservargli i giusti onori. Ricorda alle ancelle quanto sacro sia il valore dell’ospitalità, e a distanza di secoli lo ricorda anche noi che sembriamo averlo dimenticato del tutto.

La nostra accoglienza del migrante, come sottolineato anche da Alì nella seconda parte dell’incontro, è, infatti, sostanzialmente parziale. Accogliamo ma poi non ci preoccupiamo di provvedere ad un’effettiva integrazione del soggetto nel contesto sociale, lo abbandoniamo al suo destino. Uno dei tanti errori di quella “macchina dell’accoglienza” che Alì ha avuto modo di sperimentare in maniera diretta, uno dei tanti errori che è ancora possibile cancellare a patto che gli stati più ricchi smettano di inviare armi nei paesi più poveri e optino per l’invio di strumenti molto diversi come i libri. Questi, veicolo di trasmissione di cultura, possono divenire base imprescindibile per la creazione di un domani diverso. Ed è proprio sull’importanza formazione culturale che Alì ha insistito molto, lasciando agli studenti degli insegnamenti di notevole spessore. Lo studio ha reso libero Alì, gli ha permesso di integrarsi nel territorio italiano, di poter conseguire la laurea, lo studio può rendere libero qualsiasi uomo. “La cultura è ciò che nulla riuscirà mai a raggiungere”. E se vogliamo volare alti e liberi in cielo come gli uccelli non possiamo non riconoscere l’importanza della cultura, non possiamo non ricordare l’esperienza di Alì che ha affrontato con tenacia i tantissimi pericoli del suo “viaggio della speranza” animato dalla volontà di non mollare, dalla volontà di raggiungere la terra ferma per scrivere una pagina nuova nel libro della sua vita. E il tempo ha dato ragione al suo agire. Basta crederci fino in fondo e il resto verrà da sé. 


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