La storia di Ugo Fleres e di "Giustizia", giallo del '900 ambientato a S. Teresa di Riva
di Paola Rifatto | 28/10/2019 | CULTURA E SPETTACOLI
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Ugo Fleres e S. Teresa ai primi del Novecento
Il romanzo “Giustizia” dello scrittore messinese Ugo Fleres, pubblicato nel 1909, in tre parti, nella rivista “Nuova antologia di lettere, scienze ed arti”, è ambientato nel paese siciliano di Riva, nella realtà Santa Teresa di Riva, in provincia di Messina. Fleres, nato a Messina l’11 dicembre 1857 da padre di origine savocese, lasciò a 17 anni la città dello Stretto e dopo un breve soggiorno a Napoli, trascorse la sua vita a Roma, dove morì il 28 dicembre 1939. Intellettuale eclettico, fu critico d’arte, romanziere, disegnatore, poeta, animatore culturale. A contatto con la moderna letteratura europea, partecipò con passione al dibattito sulla nuova cultura e anche in campo artistico fu con Capuana un innovatore. Legato da amicizia profonda a Luigi Pirandello, introdusse lo scrittore agrigentino negli ambienti letterari romani e gli fece conoscere Luigi Capuana. Pirandello lo ricorda in una lettera dell’ottobre del 1924: “Vivo a Roma quanto più posso ritirato; non esco che per poche ore soltanto sul far della sera, per fare un po’ di moto, e m’accompagno se mi capita, con qualche amico: Giustino Ferri o Ugo Fleres”. Scrisse numerosi romanzi, di cui due ambientati in Sicilia: “Giustizia” (1909) a Santa Teresa di Riva e “Fata Morgana” (1928) a Messina. Nel romanzo “Giustizia”, definito dal critico letterario Giulio Natali giallo “ante litteram”, è descritta “la spasmodica agitazione” di Riva per la scomparsa di Marta Candia, moglie del barone Galeazzo Provenzali. La baronessa di Riva era uscita in barca e dopo tre giorni di ricerche viene trovata morta, in mezzo al mare, con una pallottola nel cuore. L’opera racconta gli errori giudiziari che si susseguono nelle indagini sull’omicidio, per il quale vengono trovati diversi capri espiatori, mentre il vero colpevole rivela il suo delitto solo in confessione. Il parroco di Riva, don Giuliano Astorga, che da giovane aveva conosciuto Marta e se ne era innamorato, sa chi è l’assassino, ma non può violare il segreto confessionale; per impedire che un innocente resti in galera, decide di accusarsi dell’omicidio e viene condannato. Tuttavia alla fine verità e giustizia prevarranno. Interessante, oltre alla complessa vicenda giudiziaria ed ai dibattiti su di essa che si svolgono soprattutto nella farmacia del paese, “centro e vortice di tutte le ciarle di Riva”, la descrizione dell’ambiente e del paesaggio. L’autore traccia un’estesa, articolata descrizione d’ambiente che si allarga a comprendere un contesto via via più ampio. Le case con gli orti a mare, la spiaggia con i ciottoli levigati dal morso e dal bacio delle onde, la fragranza inebriante delle zagare, la pesca con la sciabica, il sole che dalle montagne calabre illumina il lido siciliano e l’irta rupe di Sant’Alessio. Ogni aspetto della realtà, sia visivo che auditivo e olfattivo è considerato dal punto di vista del personaggio, che collega il proprio stato emotivo al contesto che lo circonda. La Santa Teresa dei primi del Novecento è così “fotografata” da Fleres, secondo la minuzia descrittiva tipica del Naturalismo: “Riva, ieri meschino villaggio di pescatori, cittadina fiorente oggi per miracolo della ferrovia che a pro di essa spopolava le borgate delle alture, aveva sommariamente la forma d’una lisca di pesce. Qualche villa sparsa qua e là tra il verde; il resto, tutto il caseggiato vecchio e nuovo, dal Palazzo Provenzali, la testa della spina, allo sterrato della chiesa, in coda, era lungo la strada provinciale che va da Messina a Catania e più oltre, strada costiera assai popolata e di meravigliosa bellezza. Da essa, come le spine minori della resta, si partivano i viottoli verso i colli o verso il mare, brevissimi, questi tagliati dai giuncheti al limite della sabbia, quelli dal terrapieno ferroviario. Di qua e di là, verzura intensa, quasi tutta d’agrumi, fragrante ancora verso sera al principio dell’estate, sottile zona ubertosa incuneata tra l’arido greto e l’arida roccia.” Un paese dalla pianta urbana a spina di pesce, in rapida crescita demografica dopo la costruzione della strada ferrata Messina - Catania (1866 – 1867), ma ancora immerso nel verde degli agrumi, con gli orti delle case lambiti dalle onde del mare. E il mare, con la vista della Calabria in fondo e il promontorio di Sant’Alessio a destra, fa da cornice alle vicende più significative del “giallo”: a mare viene uccisa la baronessa di Riva, al mare dà l’addio don Giuliano la notte in cui matura la decisione di accusarsi dell’omicidio. Il romanzo “Giustizia” era “singolarmente caro all’autore” (Giulio Natali – Ricordi e profili di maestri e amici – Roma 1965) che desiderava vederlo pubblicato in volume, desiderio che ad ottanta anni dalla sua morte, non si è ancora realizzato. Del resto Fleres è rimasto sostanzialmente ai margini del sistema letterario, anche se fu certamente uno dei più versatili ingegni del suo tempo sia per le qualità artistiche che per le tematiche affrontate nelle sue opere.