"Palamede" di Baricco chiude il 54° Festival del Teatro Antico di Siracusa
di Giovanna Musso | 24/07/2018 | CULTURA E SPETTACOLI
di Giovanna Musso | 24/07/2018 | CULTURA E SPETTACOLI
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Alessandro Baricco e Valeria Solarino (foto Franca Centaro)
Si è magistralmente e magicamente conclusa la 54° edizione del Festival del Teatro Antico di Siracusa, appuntamento ormai annuale, che attira migliaia di spettatori dall'Italia e dal mondo, felici di rivivere l'atmosfera del teatro classico nella sua location più suggestiva: il teatro greco di Siracusa, millenaria metropoli del mondo classico, un tempo rivale di Atene in ricchezza e potenza. É toccato stavolta ad Alessandro Baricco e Valeria Solarino abbassare il sipario di questa stagione 2018 eccezionalmente lunga, protrattasi fino a luglio inoltrato con degli appuntamenti “speciali”, quali “Conversazione su Tiresia” di e con Andrea Camilleri, “Le rane” di Aristofane con protagonisti Ficarra e Picone, e infine “Palamede, l'eroe cancellato” di Alessandro Baricco. Eventi speciali che si sono aggiunti ad un eccezionale cartellone che ha portato in scena “Edipo a Colono” per la regia di Yannis Kokkos, “Eracle” di Emma Dante, la commedia di Aristofane “I cavalieri”, con la regia di Giampiero Solari. Il filo conduttore di questo Festival risiedeva nella riflessione sulla natura del potere e sulla figura del tiranno, che diviene metafora della condizione umana tout court, con la sua precarietà, con la sua propensione alla solitudine, all'esilio, al crimine stesso, commesso a volte anche contro la propria volontà, che si risolve inesorabilmente in un destino tragico. In questa prospettiva, le sorti di eroi ed antieroi si sovrappongono nella loro tragicità. L'interessante lavoro di studio e di approfondimento da parte di Baricco, che dà corpo, anima e voce alla figura titanica ed eroica di Palamede, ci racconta la parabola discendente di un uomo giusto, geniale, sapiente e saggio, integralmente dedito al bene del popolo greco, un “Greco tra i Greci”, come egli stesso si definisce nella magistrale orazione di Gorgia “Discorso in difesa di Palamede”. Nella prima parte dello spettacolo, Baricco sulla scena, coadiuvato da musiche incalzanti, effetti suggestivi di luci e ombre, che rompono l'oscurità della cavea ormai al tramonto, tiene la sua lectio magistralis, raccontando la figura e la vicenda di Palamede con accattivante passione, eccezionale chiarezza e affascinante dizione. Palamede, l'eroe dimenticato perché rivale di Ulisse in abilità ed intelligenza e da lui fatto condannare alla lapidazione con un sordido inganno. Eroe sapiente, inventore dei numeri e dell'alfabeto, dei pesi e delle misure, del gioco degli scacchi, dell'uso delle fiaccole per le segnalazioni militari, eccezionale condottiero dell'esercito greco insieme ad Agamennone, a Diomede e ad Ulisse. Ma mentre Agamennone rappresenta il potere e la ricchezza per eccellenza e Ulisse l'astuzia, Palamede è invece il portatore della conoscenza, di un sapere finalmente laico, dell'illuminismo sofistico che si sdogana dal condizionamento delle divinità omeriche, è l'iniziatore ante litteram del metodo scientifico, un Galileo Galilei che si scontra con i poteri e le auctoritas tradizionali. Il suo essere all'avanguardia, l'invidia ed il risentimento di Odisseo nei suoi confronti, lo trascineranno verso una tragica fine. Palamede aveva scoperto lo stratagemma ideato da Odisseo per non andare in guerra contro Troia: fingersi pazzo. Odisseo non gli perdonerà mai questo affronto e da allora iniziò a meditare vendetta. Ma la vendetta più temibile non fu tanto la lapidazione, che pur costò la vita al più intelligente e valoroso degli eroi achei, bensì la damnatio memoriae, la condanna per sempre all'oblio. La tradizione omerica non ricorda Palamede, ma celebra l'ingegno di Ulisse, mito che si perpetuerà attraverso tutta la tradizione letteraria occidentale, passando da Dante, che ne fa l'eroe della curiosità intellettuale, dell'ingegno e della conoscenza, fino all'Ulisse di Joyce, travagliato eroe novecentesco che esplora i meandri interiori della propria coscienza. L'Ulisse di “Palamede”, raccontato da Baricco attingendo a tutta una tradizione letteraria collaterale e misconosciuta, è invece un eroe non bello, ombroso caratterialmente, poco coraggioso, ma assai scaltro. Ben lontano dunque da quell'ideale dell'eroe greco “kalos kai agathos” (bello e buono). Conclusa la presentazione di Baricco, entra in scena, preceduta da un fugace gioco di ombre che si rincorrono sulle chiome degli alberi dietro lo spazio scenico, quasi a richiamare il senso di angoscia e la concitata difesa che Palamede si accinge ad esporre, la splendida Solarino vestita di rosso, da guerriera, fiera e raffinata, grintosa e gentile allo stesso tempo. La stringente orazione di Gorgia “Discorso in difesa di Palamede” si snoda attraverso argomentazioni logiche sempre più stringenti, con un pathos crescente che giunge al culmine nel tragico epilogo. Apologia perfetta che però non salverà Palamede dalla falsa accusa di aver venduto ai Troiani i piani di guerra degli Achei, e dalla conseguente condanna alla lapidazione. Pochi gli autori che hanno tramandato questa storia: oltre Gorgia ricordiamo Senofonte, Ditti Cretese, Filostrato, e anche i grandi tragediografi, Eschilo, Sofocle ed Euripide,che dedicarono a Palamede dei drammi andati purtroppo perduti. L'interpretazione appassionata e magistrale della Solarino, l'incupirsi dei toni musicali e il buio che avanza sulla scena, concludono questa bella ed intensa piece teatrale. Gli spettatori hanno vissuto l'ultima emozione della stagione 2018: andranno a casa portando con sé l'esperienza catartica ed unica dell'evento teatrale hic et nunc, irripetibile, la cui emozione ancestrale si tramanda intatta attraverso le generazioni, parlandoci ancora oggi con la schiettezza e il linguaggio autentico dei grandi classici.