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"Molto presto di mattina", l'ultimo racconto di Carmelo Ucchino
17/07/2013 | CULTURA E SPETTACOLI
17/07/2013 | CULTURA E SPETTACOLI
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Carmelo Ucchino e la copertina del suo libro
Sarà pubblicato nella prima decade di agosto il nuovo racconto dello scrittore santateresino Carmelo Ucchino, docente di italiano e storia a Roma. Il prof. Ucchino è impegnato costantemente in varie iniziative culturali tra Lazio e Sicilia. In qualità di promotore, sono da ricordare la cerimonia in onore alle vittime della mafia svolta nel Comune di Savoca, nel 2011, alla presenza di numerose autorità e il convegno "Niente cultura, niente sviluppo", del 2012, organizzato insieme a Rosario Crocetta, quando non era ancora presidente della Regione Sicilia. Dopo il romanzo "Luci del Vespro" del 1991 e "Passeggiate Joniche" del 2008, dedicato all'amico e compianto prof. Nino Nicotra, è la volta di un nuovo intrigante racconto dal titolo "Molto presto di mattina", edito da Armando Siciliano, che verrà presentato in prima assoluta il 12 agosto prossimo a Santa Teresa, presso il "Parco Unità d'Italia" di Villa Ragno. La prefazione è curata da Paolo Di Paolo, finalista quest'anno al "Premio Strega". Nell'attesa, abbiamo posto alcune domande all'autore. Sta per essere pubblicato il tuo nuovo romanzo “Molto Presto di mattina” per i tipi di Armando Siciliano, di che si tratta? Quali sono i contenuti? Entriamo più nei dettagli? E Damiano cosa fa? Quali sono gli sviluppi della narrazione? E poi che succede? Cosa volevi raccontare attraverso la storia di Damiano? E hai scelto la metafora?
Intanto, è importante per me, dopo vent'anni, tornare a pubblicare con Armando Siciliano, un editore conosciuto a livello nazionale. Poi ci tengo a dire che a Santa Teresa, la città dove sono nato, farò la mia prima presentazione nazionale. Più che un romanzo è un lunghissimo racconto che esce in questi giorni dopo l’ultima mia fatica “Le passeggiate Joniche” (Giulio Perrone editore) di qualche anno fa.
E’ un testo fantastico e surreale che ho scritto all’età di diciotto anni, l’unico che ho realizzato interamente in Sicilia; è una grande metafora dell’esistenza che è una lotta, alla fine vittoriosa, per uscire dalle gabbie e dalle prigioni verso la libertà.
Il testo narra del protagonista, Damiano Ruscello, che ormai da due mesi ha deciso di non alzarsi più dal letto nonostante le sorelle zitelle con cui vive lo minaccino in tanti modi. Qual è il contesto?
Il racconto è ambientato in un luogo e in un tempo indefiniti, lo spazio è un palazzo nobiliare molto degradato e usurato dove vive quella che una volta era stata una famiglia aristocratica ormai in declino e in decadenza.
Damiano non si muove. Rimane nel suo letto, mentre fuori dalla stanza della tortura infuriano la pioggia e lo scirocco che avvolge con la sua bruma e la sua nebbia tutto l’ambiente creando un paesaggio gotico…
Uno snodo centrale è costituito dalla visita del medico-erborista-mago Sigillo, che riesce miracolosamente a far alzare dal letto Damiano e, insieme alle sorelle, a calarlo in una tinozza d’acqua e fargli fare un lungo bagno purificatore. Una vera e propria catarsi.
Poi, dopo averlo vestito decorosamente e sobriamente, farlo uscire sulla terrazza e fargli abbandonare gli odori e gli umori della stanza-prigione. Devo dire che, per molti tratti, il racconto si trasforma in un vero testo teatrale che ha tutte le caratteristiche per essere rappresentato.
Ero stanco di così tanta letteratura cosiddetta impegnata, a tutti i costi realistica. La mia è una vera e propria provocazione. Ho scelto di trasferirmi in un mondo irreale, fantastico, surreale, metastorico, indefinito, per levare un inno alla libertà. Per fare un invito alla rivolta contro tutte le gabbie, le sovrastrutture, i pregiudizi, le paure, i muri, che ci impediscono di essere noi stessi fino in fondo.
Sì, mi sono espresso con linguaggio metaforico perché penso che possa toccare corde e pieghe dell’animo umano, meglio di un discorso realistico. Penso infine, che non si esca da questa crisi, che è economica ma che è soprattutto culturale, se non recuperiamo la nostra soggettività e identità anche individuale. Questo è stato e vuole essere il mio contributo.