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"U Camiddu di Casalvecchio va valorizzato, diventi un bene immateriale"
di Filippo Brianni | 06/09/2015 | CULTURA E SPETTACOLI
di Filippo Brianni | 06/09/2015 | CULTURA E SPETTACOLI
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Il tavolo dei relatori
Non solo parodia della dirimpettaia Savoca, ma anche un collegamento preciso a S. Onofrio Eremita ed un altro, ancora più inatteso, legato a Ruggero II il Normanno. Insomma, “U Camiddu” di Casalvecchio, dal convegno a lui dedicato, ne è venuto fuori con ben tre… gobbe. Ed una proposta, lanciata alla fine da Santino Mastroeni: “Iscriviamolo nel registro dei beni immateriali dell’assessorato regionale ai Beni culturali”. Montato di fronte alla Chiesa della SS. Annunziata, “U Camiddu” si è goduto tutto quel parlare su di lui con lo sguardo beffardo e solo un po’ infastidito dal vento che ha schiaffeggiato più volte, fino a farla rimuovere, anche la copia del mantello dell’incoronazione di Re Ruggero II, portata da Motta Sant’Anastasia dal consigliere comunale Giuseppe Puzzolo ed il cui originale è oggi conservato al museo viennese di Hoffburg. E proprio dall’immagine di quel mantello ha cominciato Ketty Tamà, evidenziando come rappresenti i due leoni degli Altavilla che hanno la meglio su due cammelli, simbolo degli arabi. Peraltro, Ruggero II adottò proprio quel simbolo araldico invece del giglio francese tipico degli altri sovrani normanni. Per Luciano Catalioto, docente di storia medievale all’Università di Messina, quel mantello rientrava nella “propaganda per immagini” dei normanni e del papato tendente a demonizzare gli arabi e ad enfatizzare le vittorie sui saraceni, descrivendoli come empi e distruttivi. In realtà, nel tre secoli in cui furono nel Val Demone, gli arabi (che poi erano nordafricani) si inserirono bene nella società siciliana, contribuendo ad un periodo splendido, senza che cenobi e strutture religiose, soprattutto di rito greco, subissero persecuzioni da quella presenza. Anche la resistenza militare araba in questa zona fu abbastanza blanda, tanto che Ruggero I ed il fratello Roberto conquistarono il territorio rapidamente, trovandosi di fronte un solo vero e principale nemico: il caldo. La copia del mantello dell’incoronazione di Re Ruggero II
Francesco Nicita, casalvetino, insegnante di lettere a Mantova, ideatore del convegno, ha tracciato un profilo storico di Casalvecchio, in epoca araba “Kalat Biet”, attraverso le sue vie e le caratteristiche che colgono a piene mani elementi della presenza araba e normanna poi. Mario Sarica, studioso di storia attraverso le sue rappresentazioni musicali, ha ricollegato il Cammello (simbolo di grande resistenza ed evocativo delle zone desertiche) a S. Onofrio, eremita egiziano. Alla fine, per Ketty Tamà “non è stato un parlarsi addosso, ma sono stati forniti tanti spunti di conoscenza affinché U Camiddu venga valorizzato”. Un assist messo in porta al volo da Santino Mastroeni: “U Camiddu non può limitarsi ad un giorno all’anno, ma negli altri 364 giorni i visitatori che vengono qui devono conoscerlo e poterne in qualche modo fruire, anche in modo interattivo”. E poi un appello all’amministrazione guidata da Marco Saetti - che insieme alla parrocchia ha patrocinato l’evento -, affinché avvii la procedura per l’iscrizione del Camiddu nel registro dei beni immateriali: Lions con Ketty Tamà e Archeoclub con Mimmo Costa hanno dato immediata disponibilità a collaborare.