"Un miracolo chiamato vita", la storia di dolore e forza di Nunzio Currenti - INTERVISTA
di Redazione | 21/12/2023 | CULTURA E SPETTACOLI
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La presentazione del libro a Letojanni
“Un miracolo chiamato vita” il titolo del libro di Nunzio Currenti, presentato mercoledì sera nell’aula consiliare di Letojanni. Currenti, giornalista professionista, in quello che può essere considerato un romanzo-diario racconta la storia di suo figlio Damiano nato prematuro il 26 novembre del 2009 insieme al fratello gemello Simone, che purtroppo ha dovuto attraversare varie vicissitudini prima di uscire dal tunnel della morte e vedere finalmente la luce dopo quattro interventi chirurgici. Una storia toccante racchiusa in 85 pagine intrise di sentimenti forti e contrastanti, in cui riga dopo riga emergono momenti di sconforto, tristezza, disperazione, ma mai di resa. La storia si articola in 226 giorni (tanto è stato il tempo trascorso in ospedale dalla sua nascita fino alle dimissioni dall’ospedale) durante i quali Nunzio Currenti narra in prima persona i sentimenti di un padre disperato che nonostante tutto, e tra mille difficoltà, continua a mantenere gli impegni professionali. A Letojanni è stato raccontato uno spaccato particolare della storia di Damiano, la parte che ha riguardato il trasferimento ed il ricovero del piccolo da Catania al Policlinico di Messina, dove ad accoglierlo c’era il professor Giuseppe Magazzù, primario del reparto di Gastroenterologia pediatrica del nosocomio messinese, presente nell’aula consiliare dove ha condiviso con i presenti i ricordi di quel periodo. Insieme a lui anche Sergio Magazzù, redattore del quotidiano “La Sicilia”, amico e collega dell’autore che è stato il “gancio” tra la famiglia Currenti e il medico che ha acceso la speranza e ha contribuito fattivamente al lieto fine della storia. Nel corso della serata sono emersi aspetti positivi della sanità, in un mondo in cui siamo ormai troppo spesso abituati a registrare casi di malasanità, che è necessario diffondere e fare conoscere. A fare gli onori di casa l’assessore alla Cultura Teresa Rammi, mentre a dialogare con l’autore la vicepresidente del Consiglio comunale e giornalista Francesca Gullotta. Una testimonianza che Nunzio Currenti ha deciso di raccontare anche per un senso di riconoscenza nei confronti di tutte le persone che a vario titolo e in vario modo sono state coinvolte e hanno condiviso tratti di questo percorso e per dare speranza a chi lotta contro le malattie. Un libro dedicato implicitamente a tutti i bambini guerrieri che, al contrario di Damiano, non ce l’hanno fatta, e hanno perso la loro battaglia. Perché questo libro? Perché hai scelto di raccontare la storia di tuo figlio? Qual è il messaggio cardine per coloro che decideranno di leggerti? Oggi il tuo bambino, grazie al cielo sta bene, come ha commentato e/o vissuto la tua scelta, questo tuo libro? Quando hai maturato l'idea di un libro, c'è un aneddoto preciso?
“Ho avuto sempre la sensazione di aver vissuto qualcosa di speciale, qualcosa di inspiegabile. Volevo lasciare una testimonianza di emozioni, sensazioni, paure e frustrazioni, perché quelle in questi momenti così duri sono all’ordine del giorno. Volevo creare un tributo ai dottori che hanno salvato mio figlio, alle infermiere, agli staff che ce l’hanno messa tutta. Quando tutto sembrava perso hanno fatto la differenza. Damiano può con questo libro anche l’occasione per dire grazie. Perché di questo si parla, di buona sanità, di umanità e di dottori che interpretano il lavoro come una missione”.
“Non ho avuto una vita facile. Ho perso la mamma a 44 anni, papà quest’anno e purtroppo non ha letto il libro. Sono stato fortunato ad avere conosciuto mia moglie, lei è la ragione di tutto, della mia famiglia, del mio cuore e dei miei sogni. Quei terribili giorni con mio figlio sono stati un calvario senza precedenti per tutti noi. Quella favola, iniziata con la notizia che avremmo avuto due gemelli, si era trasformata in un incubo. Ma ci ha accompagnato sempre la certezza della speranza, della luce che diventava sole alla fine del tunnel. Mi fa piacere leggere i feedback di chi ha vissuto esperienze dolorose. Il senso del libro era trasmettere tutto questo. La vita è un miracolo, un dono, e, come tale, deve essere vissuta. Dami non ha mai mollato. Noi abbiamo sempre pregato e sperato. E ancora oggi mostra davvero di avere una grande forza. L’esame di licenza media è la ciliegina sulla torta, il lieto fine che forse ci mancava, perché abbiamo capito che dentro di noi c’è ancora tanto di quei giorni”.
“Fece una storia sul suo profilo Instagram. Ha iniziato a leggerlo. Oggi Dami deve ancora fare i conti con le scorie di quegli anni. Ma si lotta tutti insieme. Simone, il fratello gemello, lesse la bozza per conoscere la storia di quegli anni. Perché questo libro è anche la sua storia”.
“Avevo pensato dopo appena un anno di scriverlo. Ma in quel periodo eravamo in mezzo al guado. E con tanta rabbia in corpo. Durante il lockdown ho avuto la forza di completarlo e di farlo leggere al mio editor Vera Chiavetta, conosciuta per una casualità significativa (tale da dargli un senso), che ne ha ravvisato delle potenzialità. Da lì la scelta di raccontarlo io in prima persona, da padre giornalista e sportivo. Ma non è stato facile il parto, il Covid non ha aiutato, ma soprattutto la malattia e la morte di papà hanno reso tutto più difficile. Avevo deciso di riporlo nel cassetto. Poi c’è stato chi mi ha fatto capire che dovevo scrollarmi di dosso le paure, provare a rendere ulteriormente pubblico qualcosa che meritava di essere letto. Mio figlio Damiano stesso ha sbloccato tutto. La standing ovation della commissione, dopo il suo esame, è il momento più toccante. Lì ho deciso che quel libro, che non volevo più far uscire, meritava di farlo. Ho scelto di far scrivere prefazione a Samantha Viva e post fazione a Giovanni Finocchiaro, entrambi sono persone speciali per me. Una per me è una sorella, l’altro mio maestro di giornalismo e amico di lunga data. Perché volevo che fossero testimonianze non semplici frasi. Ho avuto tanto sostegno per Damiano. Per lui hanno fatto il tifo in tanti. Grazie ai social, con uso consapevole, ho sempre rendicontato tutto, anche nei giorni più duri. Questa storia mi ha cambiato, ci ha cambiati. Francesco, arrivato nel 2015, ci ha permesso di essere genitori, in quei terribili momenti dovevamo essere guerrieri. Lottare accanto a nostro figlio.