"Un paese ci vuole", Dimartino racconta il suo nuovo album
di Gianluca Santisi | 22/04/2015 | MUSICA
di Gianluca Santisi | 22/04/2015 | MUSICA
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La copertina del disco e Antonio Di Martino
“Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene” canta Antonio Di Martino ne Le montagne, decima traccia del suo nuovo album, uscito ieri e intitolato, per l'appunto, Un paese ci vuole. Sono le parole di Cesare Pavese (tratte da "La luna e i falò") che il trentaduenne di Misilmeri, da qualche anno sulla ribalta nazionale con il progetto Dimartino, ha preso in prestito non solo per dare il titolo al suo terzo disco ma anche per tessere quel filo rosso che lega tra loro i brani. Un inno alla provincia e alla bellezza delle piccole cose, un antidoto alla frenesia della città. “Ma il paese non è solo un luogo geografico – spiega il cantautore – è soprattutto una condizione umana in estinzione. Il paese è quello che ti porti dentro ovunque tu vada”. Perché tutti siamo legati al posto in cui siamo cresciuti ma sentiamo anche la necessità di liberarcene. Come lo stesso Dimartino che un anno fa si trovava in Messico, a quattordici ore di volo da casa. “Ero su un autobus e tra i crinali delle colline attorno a me, ogni tanto intravedevo piccoli cumuli di case e poco distanti sagome di uomini sui muli. Ad un certo punto mi sembrò di trovarmi al centro della Sicilia. Mi tornarono in mente fatti e situazioni legati alla mia vita di paese e quando tornai iniziai a parlare sempre più spesso con mio nonno, grande narratore di cose perdute”. Ricordi che diventano racconti, ma non canzoni. Non subito almeno, “perché la canzone ha altri tempi, ha il limite dell'immediatezza”. Per registrare l'album avete scelto una casa dispersa nelle campagne di Misilmeri. Ci racconti come è andata? Attraverso l'esperimento di uno streaming geolocalizzato avete dato a tutti l'opportunità di ascoltare in anteprima il disco ma solo se ci si trovava nei pressi di uno dei 350 paesi selezionati. In Una storia del mare canti con Francesco Bianconi dei Baustelle. Ne I calendari ti concedi un duetto con Cristina Donà. Anche in questo album, come nei precedenti, non mancano le collaborazioni eccellenti. Il tour che ha preso il via da Parma toccherà anche la Sicilia, il 16 maggio al Retronouveau di Messina e il 27 giugno al Qubba di Catania. Come è stato tornare sul palco? Il video di Come una guerra la primavera, la traccia che apre l'album
“E' stata un'esperienza da factory. Abbiamo trovato il tempo di fare tutto in maniera molto più tranquilla e con maggiore libertà rispetto ai tempi imposti dallo studio. Per esempio, ho potuto registrare delle cose solo quando mi sentivo pronto per cantarle. Certo, ogni tanto dovevamo staccare perché il rumore di una motozappa rientrava nei microfoni...”.
“Visto che oggi non ci si può sottrarre alla logica dei social abbiamo provato ad usarli in maniera più poetica. Da un lato c'era la volontà di spingere le persone a spostarsi dalle città ai paesi, che hanno bisogno di essere visitati. Dall'altro, mi piaceva l'idea che l'ascoltatore fosse portato ad avvicinarsi al disco e non viceversa, come invece accade oggi. Penso agli U2 che ci hanno addirittura mandato il loro disco su iTunes”.
“Sia io che Bianconi siamo autori per la Sony e questo ci ha permesso di entrare in contatto. Sono andato a casa sua e un'ora dopo eravamo già a lavorare insieme. Tra i brani scritti nei giorni successivi ce n'era uno che parlava di un amore nato in un'isola. Mi sembrava adatto al tema e così è finito sull'album. Anche con Cristina Donà è stato tutto molto naturale. L'avevo conosciuta in occasione di un'esibizione a Teramo e quando ho scritto quel pezzo ho pensato di cantarlo con lei. Gliel'ho mandato per email e lei ha accettato”.
“Una liberazione! Con Angelo Trabace e Giusto Correnti non ci esibivamo da oltre anno ma abbiamo ritrovato sin da subito il feeling. È stato come rinnamorarsi. A giugno contiamo di suonare anche a Palermo in una location importante che speriamo di poter annunciare presto”.