Giovedì 21 Novembre 2024
Vent'anni dopo 'Joyce', la rock band è tornata alla ribalta con un nuovo album


"You(th)", il sorprendente ritorno dei Dugjive

di Gianluca Santisi | 16/11/2016 | MUSICA

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Il vinile limited edition di "You(th)"

Un disco all'improvviso. Vent'anni dopo quel “caso musicale” chiamato “Joyce”, finito nelle liste dei migliori dischi rock italiani del tempo, i Dugjive hanno sorpreso tutti rilasciando un nuovo album di inediti. Si intitola “You(th)” e da qualche giorno è ascoltabile gratuitamente su Bandcamp, Spotify e Youtube, oppure può essere acquistato su iTunes. Nelle prossime settimane, inoltre, sarà stampata nello studio del chitarrista della band Ottavio Leo (oggi anche apprezzato ingegnere del suono) una tiratura limitata in vinile (con cd), già prenotabile contattando direttamente la band siciliana attraverso la pagina Facebook ufficiale. Zero pose, zero hype, nessuna promozione. Un disco che arriva in silenzio così come in silenzio è maturato: una band che non c'è più, se non nello spirito; cinque amici che si rivedono dopo anni e, quasi per gioco, registrano un brano. Poi un altro. E un altro ancora. Finché non c'è materiale sufficiente per farne un disco. Otto pezzi energici ed trascinanti, tra chitarre distorte, una sezione ritmica martellante e la voce potente e precisa del cantante (e autore dei testi) Francesco Schepis. Perché questa è sempre stata la natura dei Dugjive. Alternative rock di stampo nord americano che a metà degli anni Novanta mise d'accordo pubblico e critica e spiccò per credibilità tra gli epigoni del Seattle sound. “I Dugjive – scriveva Andrea Dani sul numero di marzo 1996 di “Rockerilla”, introducendo una lunga intervista a doppia pagina – sono stati l'ultimo colpo di scena del 1995 nell'ambito delle realtà rock italiane e “Joyce”, un disco registrato e prodotto nell'ombra, al di fuori di ogni perverso meccanismo di attesa, un'opera sorprendente per compattezza e personalità sonora”. “Ci fu grande fermento intorno a noi e anche l'interesse di una major come la Wea, ma volevano che cantassimo in italiano e la cosa finì lì”, ricorda Ottavio Leo, componente della band assieme a Schepis, Antonio Vita (chitarra), Nino Allegra (basso) e Onofrio Chillemi (batteria). Un cd registrato alla Waterbirds di Checco Virlinzi, un ep in vinile e la partecipazione a varie compilation. Poi la band, nata nella riviera jonica messinese, tra Furci Siculo e S. Teresa di Riva, iniziò la parabola discendente. “Era il periodo della grande esplosione del grunge, dei Pearl Jam e dei Soundgarden e ci dava un po' fastidio essere etichettati in quel genere – continua Ottavio -, così virammo in maniera estrema verso il noise, affascinati dalla scena catanese guidata dagli Uzeda. La nostra idea era di cercare fortuna in Australia. Onofrio, Nino e Francesco ci andarono mentre io e Antonio partimmo per la leva militare”. Di fatto fu la fine del progetto. “Ma siamo rimasti sempre in contatto – prosegue Ottavio -. Questa estate è capitato che quattro su cinque eravamo qui e così ci siamo detti che sarebbe stato bello registrare un nuovo brano. Ma alla fine ci siamo fatti prendere la mano...”. Le parti musicali sono state registrate ad agosto nello studio di Ottavio, il Ludnica, a S. Teresa di Riva. “La voce di Francesco, invece, l'abbiamo aggiunta a marzo – continua -, poi mi sono messo a lavorare sui missaggi. Quattro brani sono completamente inediti, per gli altri abbiamo ripreso dei vecchi demo, riarrangiati completamente per l'occasione. Il disco sta piacendo tantissimo, sono contento di questo ma il problema è che la band di fatto non c'è. Per esempio, avremmo bisogno di due mesi di tempo per provare e portare questo lavoro ad un livello live, cosa che non è possibile per motivi lavorativi”. “Per me – aggiunge Schepis - è stato molto bello tornare con la formazione originale e fare un lavoro nuovo mettendo a frutto l'esperienza maturata nei vent'anni di differenza col suo predecessore; è un disco che ha una sua attualità pur avendo solide radici nel passato”.

La copertina del nuovo disco 

 


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