"Blues" di Tino Caspanello, dato valore al teatro di qualità
di Santo Trimarchi | 14/09/2017 | OPINIONI
di Santo Trimarchi | 14/09/2017 | OPINIONI
3399 Lettori unici
Al Polifunzionale di Letoianni è andato in scena “Blues”, scritto e diretto da Tino Caspanello, con Francesco Biolchini, scena e costumi di Cinzia Muscolino, foto di Carmine Prestipino, organizzato dall'Associazione Maneggiare con cura in collaborazione con Teatro Pubblico Incanto. Si è trattato di un evento eccezionale per concludere la stagione estiva in tutta la riviera jonica, dando valore, finalmente, ad un teatro di qualità. Infatti è stato apprezzato dal pubblico presente con l'intensità degli applausi al protagonista, unico del palcoscenico ed all'autore del testo, che ha saputo toccare le corde più profonde dell'animo umano, ha fornito gli strumenti per scandagliare i segreti della coscienza, ha procurato sensazioni ed emozioni tipiche dell'inquietudine esistenziale dei nostri giorni. La trama del soliloquio si è svolta con una serie di immagini ricche di quotidianità grazie ad un treno che passa ad orari ben precisi ed è aspettato con puntualità e tensione dalla vita dell'uomo di sempre. Appare evidente la rappresentazione della vita che scorre nell'attesa di qualcosa, di una fermata improvvisa, di un incontro inusuale, di un gesto spontaneo, di un cambiamento di routine nella storia che si ripete, programmata, ordinata, abitudinaria in mezzo alla gente sempre più sola, con i propri problemi, le difficoltà, le distrazioni ed alienazioni di ogni tipo. Accade pure l'imprevisto, appena si ferma il treno, sulla scena per definire i disagi della comunicazione e della relazione, che, in questo tempo, mancano di un sostrato comune, della volontà di mettersi nei panni dell'altro, di sentire le ragioni diverse, di raggiungere un'intesa reciproca. Sembra che sia impossibile abbattere le barriere che si frappongono per stabilire un contatto fattivo, si continua a parlarsi addosso senza reali interlocutori, si resta nell'immaginario senza provare ad uscire dal sogno privato, attraversare percorsi comuni, affrontare i limiti della differenza rispetto al proprio simile. Rimane l'amarezza di una esperienza mancata, di un desiderio frustrato, di un'avventura possibile, di un viaggio da iniziare insieme, in sincronia, da attori coprotagonisti. Questa chiave ermeneutica della performance a carattere surreale ci serve per esaltare le suggestioni provocate nel tessuto teatrale a misura degli spettatori immersi nel pathos ricreato mediante efficace creatività nella semplicità dell'ordinaria ovvietà. Il risultato è di conseguenza lasciato all'elaborazione personale dello spettacolo per ritrovare punti di riorientamento e di riconciliazione con se stessi e con gli altri, con il mondo e l'ambiente che ci circonda, con il dono della vita ed il cuore.