La perdita di Filippo Miano: il cuore spezzato della comunità di S. Teresa
di Santo Trimarchi | 12/01/2018 | OPINIONI
di Santo Trimarchi | 12/01/2018 | OPINIONI
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I funerali di Filippo Miano
Quanta umanità nel cuore di un figlio! Quanto dolore nell'animo di un padre!! Quale amarezza nel corpo di una madre!!! Quale strazio nella carne dei fratelli!! Soltanto tristezza e commozione negli occhi umidi dei presenti!! Quando la morte improvvisa carpisce prematuramente la vita di un giovane si frantuma e va in confusione, per un momento, l'esistenza stessa di una comunità. Appare evidente la compassione della folla che vuole stare accanto con immenso rispetto, che si asciuga dal volto lacrime silenziose, affranta dalla sofferenza che si respira nell'aria, che si tocca con mano, si ascolta nell'angoscia della voce dei familiari. Non ci sono parole, non si riesce a comprendere, si resta prostrati davanti al mistero della morte che colpisce inesorabilmente, di sorpresa, da un giorno all'altro, a qualsiasi età, senza differenze. Quando viene a mancare un figlio, un amico, un compagno, un vicino di casa, un sorriso, una parola, il quartiere diventa più povero. La gente si sente più sola, subentra l'incredulità, si mostra smarrita, impaurita, impotente, si stringe attorno all'afflizione in cerca di consolazione, facendosi più prossima e solidale nella condivisione della sorte. Il cuore spezzato di una comunità, sul piano della fede, deve trovare conforto ed ascoltare le parole del sapiente biblico, forse vissuto tra il 30 a.C. o il 40 d.C. sotto l'impero romano: “Il giusto, anche se muore prematuramente, si troverà in un luogo di riposo. Vecchiaia veneranda non è quella longeva, né si misura con il numero degli anni; ma canizie per gli uomini è la saggezza, età senile è una vita senza macchia. Divenuto caro a Dio, fu amato da lui e, poiché viveva fra peccatori, fu portato altrove. Fu rapito, perché la malvagità non alterasse la sua intelligenza o l’inganno non seducesse la sua anima, poiché il fascino delle cose frivole oscura tutto ciò che è bello e il turbine della passione perverte un animo senza malizia” (4,7-12). Da qui apprendiamo come ciò che conta agli occhi di Dio non sia il numero dei giorni vissuti, ma una vita trascorsa con saggezza e senza macchia, che può diventare motivo di conforto per i sopravvissuti. La pienezza di vita non si conta, quindi, in relazione agli anni ma nell’aver svolto la propria vocazione nel periodo temporale donatoci dal Signore. In realtà l'età giovanile non riguarda un periodo ben preciso ma la condizione della mente e dell'anima, lo stile di vita che sa coniugare il tempo che passa all'eternità, che sa legare la terra al cielo, che sa guardare con speranza dall'ambiente corrotto del mondo, limitato e caduco, verso la dimora del regno di Dio, nella gloria, nella luce e nella pace divina.