Nel Paese delle Patate occorre piantare ulivi
di Sandro Ballisto | 30/12/2013 | OPINIONI
di Sandro Ballisto | 30/12/2013 | OPINIONI
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Basta osservare i comportamenti della società per capire chi siamo e cosa vogliamo essere, se abbiamo speranze o se ci siamo rassegnati a vivere ogni giorno come se fosse l'unico. I tempi in cui viviamo ci condizionano: le incertezze per l'avvenire, l'instabilità politica ed economica, il disgregamento sociale, la disoccupazione. Abbiamo l'impressione che il castello dorato che ci avevano promesso o che avevamo sognato si stia frantumando, e che non si riesca a trovare rimedio per fermare lo sfaldamento.
Eppure, a leggere la storia, l'umanità ha sempre vissuto momenti di abbondanza e momenti di carestia, non ci sarebbe motivo di meravigliarsi, sono fasi che passano.
Abbiamo idolatrato l'abbondanza e lo spreco a tal punto che facciamo fatica a credere che possano arrivare cambiamenti di senso opposto. A queste prove non siamo abituati, sembriamo un pugile messo al tappeto, privi di forza non troviamo il modo per reagire. La crisi politica è crisi di origine sociale, nel senso che noi cittadini non partecipiamo più a produrre il tessuto sociale capace di dare orientamenti. Presi dalla sopravvivenza abbiamo scordato il piacere di vivere e di dare vitalità alle nostre comunità. Investire nel futuro ci sembra inutile: perché investire su qualcosa che potrebbe non esserci? Donare il nostro tempo per il bene di tutti è un investimento che potrebbe non rientrare mai?
IL PAESE DELLE PATATE
Ed è così che un Paese diventa il Paese delle patate, degli ortaggi, delle coltivazioni a breve termine. Lavorare la terra sì ma solo se si vedono i frutti subito, altrimenti non se ne parla, altrimenti è tempo perso.
Le patate rappresentano un modo veloce di avere cibo in abbondanza e per tutto l'anno, con un chilo di semi si ottengono otto chili di prodotto, ogni tre mesi si fa il raccolto. Per un contadino che voglia avere risultati immediati è la coltivazione perfetta. Questa logica della agricoltura immediata è la causa della deforestazione della foresta amazzonica dove per fare spazio ai campi di soia si sta tagliando il polmone verde del pianeta (ma questo è un altro discorso). Eppure la saggezza contadina del passato ci insegna altro. Mio nonno nel suo terreno ci piantava patate ma anche ulivi.
PIANTIAMO ULIVI
Ecco gli ulivi, quanto sono belli gli ulivi. In passato chi aveva ulivi era ricco, possedeva un bene prezioso. Ma gli ulivi non sono patate, gli ulivi li pianti e solo dopo dieci/quindici anni hai un beneficio, nel frattempo li devi "allevare" come figli. Oggi, però, non siamo più abituati ai tempi lunghi, il “tutto e subito” da frase fatta è diventato uno stile di vita. Gli ulivi rappresentano la volontà di lasciare a chi verrà un bene che può essere tramandato per generazioni. Gli ulivi rappresentano però il sacrificio dei padri per la prosperità dei figli. Ma il non piantare ulivi è forse segno che l'uomo oltre alla speranza stia perdendo anche l'amore? Come abbiamo potuto in poche generazioni modificare la natura umana? È così ovunque o è un fenomeno solo nostro?
Il bene più bello che possiamo fare alle generazioni future è smettere di concentrarci sul presente, di dare senso solo a ciò che si conclude con il nostro tempo di vita; smettere di sacrificarsi per il raggiungimento di un appagamento personale.
TUTTO E SUBITO
La metafora delle patate diventa metafora di tutti gli ambiti della società. Fare un elenco dei casi in cui si nota la mentalità e gli atteggiamenti tipici da Paese delle Patate partendo dalla politica è scontato, ma è anche troppo facile. La politica, così come la vediamo adesso, è svuotata del suo compito, è divenuta fine a se stessa, ma eliminarla non elimina il problema. A che serve estirpare un campo di patate per piantarci altre patate, sì magari una nuova specie di patate, ma sempre di patate si parla. Allora l'elenco facciamolo partire dal basso, dalla gente, dalla vita di ogni giorno. I cambiamenti che hanno rivoluzionato il mondo sono sempre nati nelle strade e non nei palazzi. Ed è nelle strade e nelle piazze del Paese delle Patate che si vede la vita vera.
Nella gente, anche lì, le patate si stanno radicando, di ulivi se ne vedono pochi. Il fenomeno però è interessante perché nelle strade il disimpegno è diventato ormai parte del paesaggio, ha la forma di un centro commerciale dove le patate sanno di virtuale, sono belle alla vista ma prive di gusto. Se partiamo dal basso ci si accorge di come ormai il deserto sociale abbia preso il sopravvento. Dove fino a pochi decenni fa nascevano le comunità vere e solidali oggi c'è l'indifferenza. Dove c'erano formichine operose oggi ci sono cicale sprecone. Lo sconforto farebbe dire che se nella gente non c'è voglia di futuro allora non ci sarà futuro.
L'Italia, la Sicilia, il posto in cui vivo, sono diventati il Paese in cui si vive e si sogna alla giornata. Le nostre speranze sono proiettate non più lontano di una settimana o un mese, ed è per questo che piantare patate diventa l'unico modo di coltivare, che impegnarsi nel sociale in maniera occasionale, e finchè dura l'entusiasmo, è l'unico modo che si crede possa migliorare il Paese.
La logica dell'emergenza, tecnica usata dalla politica per lucrare sui beni comuni, ci fa dire che dobbiamo muoverci prima che questa politica mandi tutto a scatafascio. Allora nascono i movimenti delle patate contro la politica delle patate: che spesso non produce nessun cambiamento vero, ma solo la sostituzione di gruppi di potere, cioè la politica rimane sempre la stessa e cambiano solo i soggetti che la fanno.
Ed è qui che il Paese stenta a capire da che parte stare: sto dalla parte delle patate x o dalla parte delle y? Eppure sarebbe ovvio: dobbiamo stare dalla parte della patate in cui ci riconosciamo, ma dobbiamo pensare anche a piantare più ulivi, a costruire la comunità partendo da chi si trova in difficoltà, sennò la politica sarà sempre politica delle patate.
LA PROVA D'AMORE PER IL NOSTRO PAESE STA NELLE PICCOLE COSE
La metafora delle patate e degli ulivi ci deve far riflettere per trovare una via di uscita dalla situazione attuale. Però dobbiamo fare un sforzo per non lasciarci tentare dal voler trovare soluzioni che abbiano effetti repentini, perché è la logica dell'emergenza che è fra le maggiori cause dello scollamento sociale. La fretta di cambiare le cose per migliorarle ha prodotto un peggioramento, allora dobbiamo andare lenti, perché lentamente le cose si fanno meglio, essere orientati allo slow social ci aiuta a vivere e a conoscerci, a creare comunità. Sono le comunità vere che operano cambiamenti è piantano ulivi, l'individualismo invece si nutre solo della logica delle patate. Certo bisogna riprendere il vero significato di comunità perché ormai moltissimi lo confondono con il termine comitiva che è un semplice insieme di individualisti.
Cosa c'è da fare? Piccole cose in grado di realizzare una rivoluzione silenziosa ma efficace: come ad esempio 2 ore alla settimana dedicate alla propria comunità in maniera gratuita e disinteressata (due ore in una associazione però, evitare il volontariato individualista). Altro? Non c'è bisogno di altro per iniziare, basta solo questo piccolo impegno garantito con costanza, il resto nasce da solo.