Ponte sullo Stretto: un dilemma da miliardi di euro
di Rosangela Todaro | 06/10/2014 | OPINIONI
di Rosangela Todaro | 06/10/2014 | OPINIONI
2549 Lettori unici | Commenti 3
Ritengo sia giusto richiamare l’attenzione su una notizia, battuta dalle agenzie di stampa nei giorni scorsi, che riguarda la costruzione del ponte sullo Stretto di Messina, alla quale è stato dato scarso rilievo. Dopo due anni di silenzio il tema è tornato d’attualità, in seguito ad una dichiarazione rilasciata da Pietro Salini, amministratore delegato della Salini Impregilo S.p.a., società appaltatrice dell’opera, che ha affermato: “Siamo disponibilissimi a rinunciare alla penali se il progetto dovesse ripartire: è un'opera importantissima come vetrina per l'industria del Paese, perché non è solo la costruzione di un ponte, ma un’occasione per dare visibilità a tutta una filiera tecnologica importante, che ci permetterebbe di presentarci al mondo facendo vedere cosa siamo capaci di fare".
È opportuno ricordare alcune dati. Il ponte di Messina costituisce un opera strategica per completare il Corridoio Europeo n. 1, per il collegamento Berlino–Palermo, ed è inserito tra i progetti prioritari nell'ambito della sviluppo delle reti transeuropee. L’Impregilo è una delle società di costruzioni italiane di maggiore prestigio ed è a capo del consorzio General Contractor Eurolink, che si è aggiudicato l’appalto per la costruzione dell’imponente opera. Lo stesso Consorzio ha presentato ricorso contro il provvedimento del governo Monti con il quale, nel dicembre 2012, è stata messa una pietra tombale sulla realizzazione dell' opera, ed ha chiesto, a titolo di penale, oltre un miliardo di Euro allo Stato italiano, richiesta su cui i giudici non si sono ancora pronunciati. L’ad Salini, durante un recente incontro con il presidente del Consiglio Matteo Renzi, ha spiegato quali sono gli intendimenti della società per quanto attiene la realizzazione del ponte. Il premier, dal canto suo, si è riservato di dare una risposta.
Pagare una penale così alta solo per non realizzare l’opera sarebbe assurdo, anche alla luce degli attuali problemi economici del nostro Paese. Si evidenzia che l'investimento pubblico previsto sarebbe modesto, pari a circa 1,5 miliardi di euro, e che il capitale rimanente dovrebbe arrivare da fonti private. Sappiamo che il collegamento stabile sullo stretto di Messina comporterebbe l’impiego di 40mila posti di lavoro per almeno 10 anni, dando una notevole scossa al sistema economico locale, da tempo ormai in profonda crisi.
Negli anni si sono susseguite numerose manifestazioni di cittadini e ambientalisti contrari al ponte, che temono le conseguenze dell’impatto ambientale dell’opera sull’ecosistema delle aree sulle quali dovrebbe sorgere. Si registrano anche dichiarazione possibiliste, come quella dal ministro dei Trasporti Maurizio Lupi, a Cosenza, la scorsa settimana. L’associazione messinese CittadinanzAttiva ha annunciato, da qualche giorno, che organizzerà una petizione popolare per l’indizione di un referendum consultivo o propositivo sulla costruzione della megaopera. Non pare dunque ancora possibile mettere la parola fine sulla questione. Certamente rappresenta un argomento da non accantonare con leggerezza, che merita la massima attenzione, soprattutto da parte delle istituzioni politiche nazionali e regionali, oltre che quella degli abitanti delle due sponde dello stretto. Vanno valutate e soppesate le molteplici conseguenze della costruzione del ponte di Messina, mettendo da parte i pregiudizi e i luoghi comuni che spesso risultano fuorvianti