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Limina: si profila la sfida "padre contro figlio", ma comunque vada non sarà rinnovamento
di Filippo Brianni | 18/08/2020 | POLITICA
di Filippo Brianni | 18/08/2020 | POLITICA
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Marcello Bartolotta e Filippo Ricciardi, insieme da 32 anni
La sensazione è che la folla di nomi e di ipotesi che accalca il ring predisposto per le elezioni comunali del 4 ottobre a Limina sia solo apparente. Presto - già forse questa settimana, visto che i tempi stringono e le alternative non lievitano - suonerà il gong su entrambi gli schieramenti e, dopo il “fuori i secondi”, ad incrociare i guantoni probabilmente si troveranno solo loro due: il sindaco uscente Marcello Bartolotta contro il suo assessore Filippo Ricciardi. Come dire, il padre contro il figlio. Una rottura dopo 32 anni: i due fanno squadra dal 1988, quando lanciarono l’assalto a Francesco Garigali, riuscito otto anni dopo col movimento che si denominò “Limina Free”. Da allora, ininterrottamente insieme in sella al comune. Bartolotta al comando, Ricciardi primo ufficiale: gerarchia che, nei fatti, non è invertita nemmeno quando, dal 2005 al 2015 la carica di sindaco è stata ricoperta da Filippo Ricciardi, con Bartolotta a guidare il consiglio e la linea politica del gruppo. Quindi anche del sindaco. E l’opposizione? In queste settimane non ha mostrato idee chiare ma un dogma, sì: è contro Bartolotta. Quindi, in una sfida tra i due, molti si turerebbero il naso e voterebbero Ricciardi. Ma ripercorriamo le ultime puntate, per capirci meglio. Una crepa che parte da lontano La ricandidatura di Bartolotta ricompatta gli avversari Comunque vada non sarà rinnovamento
La crepa tra Ricciardi e Bartolotta risale già a diversi mesi fa e ne avevamo dato conto in questo articolo di febbraio (CLICCA QUI PER LEGGERE) In un primo momento il sindaco sembrava volesse uscire di scena ed affidare le “chiavi” ad un volto nuovo, possibilmente a sua immagine e somiglianza. Ricciardi, invece, pensava ad un progetto diverso, il più ampio possibile, dando la disponibilità (e, senza dirlo, coltivando la speranza) anche a guidarlo; un progetto ecumenico ed unificatore in cui, secondo Ricciardi, Bartolotta avrebbe pure potuto esserci, ma senza redini (e soprattutto senza frustino…) in mano. Ma a Limina tutti sanno che le parole “Bartolotta” e “gregario” sono un ossimoro, due cose che non possono nemmeno essere pensate una dietro l’altra. Lo sa anche Ricciardi ed è per questo che ha iniziato a corteggiare l’opposizione, per smarcarsi da un tutoraggio inevitabile. È stato anche furbo a dirsi disponibile a far guidare il progetto del leader dell’opposizione Sebastiano Occhino, sapendo bene che già da anni, per motivi di lavoro Occhino (che cinque anni fa perse solo al fotofinish) non si sarebbe potuto ricandidare. Ma il corteggiamento di Ricciardi ha centrato il primo obiettivo, quello di confondere le idee ad un’opposizione che prima delle “avances” le idee sembrava avercele chiare e che dopo invece si è trovata frantumata in tre tronconi, o meglio tre tronchetti: un gruppo tentato dalle sirene “ricciardesche” che promettevano vittorie e nuovi lidi; un secondo gruppo che apriva canali col team Bartolotta, per buttarsi sulla sua eredità elettorale, nel caso in cui davvero il “capo” avesse fatto un passo indietro; un terzo, più integralista, che proponeva solo di “sostituire” il condottiero Occhino e tentare di mandare fuori dal comune sia Ricciardi che Bartolotta, ritenute le due facce di una stessa medaglia che, peraltro, negli ultimi anni appariva piuttosto arrugginita. Un mese fa, la scelta di Ricciardi di non sostenere un’iniziativa consiliare dell’opposizione (sul riparto di fondi Covid) e di non dimettersi da assessore (lo è ancora mentre scriviamo) avevano fatto temere che la lite fosse tutta una farsa e che alla fine Ricciardi sarebbe stato sostenuto dal sindaco, ripetendo lo schema del 2005. Perciò Ricciardi (e i suoi referenti in opposizione) erano finiti nell’angolo, aumentando le quotazioni di una soluzione interna alla minoranza, magari col capogruppo Nino Ragusa.
A rigettare l’opposizione nuovamente (e, sembra, definitivamente) nel recinto Ricciardi è stato proprio il… sindaco, annunciando che non avrebbe fatto passi indietro, ma solo passi avanti, sentendosi “autostimolato” a ricandidarsi “di persona… personalmente”, senza intermediari e controfigure (LEGGI QUI L'ARTICOLO). Insomma una sorta di “El cambio sigue”, (il cambiamento, il suo, prosegue) per utilizzare uno slogan che fu caro proprio a Ricciardi qualche legislatura fa. Ciò ha unito l’avversario, la cui priorità è diventata ora mettere, non una pietra, ma un macigno, sopra l’epoca Bartolotta. Perciò ha riaperto il dialogo con Ricciardi, tentando comunque di esprimere una propria candidatura (Nino Ragusa) che non è decollata o di valutare un nome alternativo proposto da Ricciardi (Nino Restifo) che però non ha accettato di correre. Stringendo i tempi, l’alternativa era di fare una terza lista in zona Cesarini che però avrebbe spianato la via della riconferma a Bartolotta. Ricciardi, nel frattempo, ha dato corda, dicendosi disponibile a concessioni adeguate al sacrificio. Per cui ora l’opposizione sembra ora orientata ad affidarsi a lui, considerandolo in questo momento il “cavallo” in grado di superare il sindaco nella corsa elettorale, sia perché da 32 anni ne conosce (e, per vero, condivide) vizi e virtù, sia perché con quel suo “savoir fair”, quasi romantico e ammaliatore, Ricciardi ha fatto sempre ottime prestazioni nei rodei elettorali, a tutti i livelli, persino quando il suo mentore, Carmelo Lo Monte, lo ha costretto a correre con addosso la pesante felpa leghista sotto il sole di Sicilia, che a Limina sfondò il 40 per cento, attirando pure le telecamere di Retequattro. Quindi, fissato l’obiettivo comune (tirar fuori Bartolotta dal… Comune), ora anche i più recalcitranti (l’area “sinistra” del gruppo e persino il quintale di perplessità di Sebastiano Musumeci, che ha provato tutte le formule magiche pur di tenere il gruppo lontano da Ricciardi) sono sul punto di cedere, se non con entusiasmo, almeno con rassegnazione: Ricciardi proviene dalla stessa strada del “padre” politico, ma si propone di cavalcarne un nuova, farlo in gruppo e soprattutto senza.. frustini. Del resto, per dirla tutta, anche chi si appresta a sostenere (e candidarsi) con Bartolotta lo fa più per fedeltà al condottiero che per entusiasmo verso un progetto di futuro di cui non si vede nemmeno l’embrione.
La vaga speranza che possa tornare il periodo post 1996 - quando l’amministrazione Bartolotta rivoltò e ammodernò Limina - sembra molto più che remota. Insomma, il “chianometro” (l’indice di gradimento, tutto liminese, dato dal “chiano”, cioè Piazza Marconi e relativi “spiguli”) segnala molti a temere che, comunque vada, sarà un insuccesso per Limina, un’occasione di rinnovamento passata senza che nessuno – soprattutto tra i potenziali “volti nuovi” - sia riuscito o sia stato messo nelle condizioni di coglierla o di favorirla. Poi, si sa, i candidati sono come le apparenze, a volte ingannano. E magari quelli che ora sembrano cavalli logorati (e, soprattutto, logoranti…) da 24 anni di governo, troveranno ancora energie da purosangue. O il coraggio di far correre più e meglio i puledri di scuderia.