"Questa politica non ci appartiene": la delusione di tre giovani amministratori
di Sikily News | 31/01/2014 | POLITICA
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Salvo Calcagno, Ludovico Zinno e Antonino Longo
Avevano intrapreso quell'avventura con “entusiasmo, umiltà e onestà”, sperando di poter dare un contributo concreto al loro paese. Neanche due anni dopo la loro elezione in Consiglio comunale, tre giovani amministratori di Cesarò hanno dovuto prendere atto che sarebbe stato impossibile proseguire il loro percorso secondo gli “ideali, i propositi e le finalità che si erano prefissati”. Troppo distante il loro modo di pensare da un sistema politico vecchio e ancorato al passato, dove poche persone prendono le decisioni che contano mentre tu devi limitarti ad alzare la mano per approvare questo o quell'altro provvedimento. Il passo successivo è stato dimettersi dalla carica, un fatto che non capita certo tutti i giorni, sopratutto se la decisione riguarda tre consiglieri contemporaneamente, se tutti e tre sono giovani (l'età media non supera i 31 anni) e per giunta fanno parte dello schieramento di maggioranza. Si chiamano Salvo Calcagno, Antonino Longo e Ludovico Zinno. Eletti nella lista civica risultata vincitrice alle ultime amministrative, in Consiglio avevano costituito il gruppo “Agorà”. Uno slogan condensava il loro credo politico: “Condividiamo le nostre idee”. Ed è stata proprio la mancanza di condivisione nelle scelte a spingerli a gettare la spugna. ”Purtroppo sulla nostra pelle – hanno scritto in una nota - abbiamo fatto l’amara esperienza che non c’è spazio per la discussione né per le critiche o le voci fuori dal coro, e non c’è possibilità di incidere sulle decisioni già prese in partenza”. Il loro è un grido d'accusa contro un certo modo di fare politica: “Abbiamo messo a disposizione il nostro tempo, l’entusiasmo, la voglia di agire e fare per il bene comune e oggi ci sentiamo demotivati e amareggiati, ma soprattutto delusi dall’attuale modo di far politica, in quanto non facciamo parte di una categoria che continua a escogitare “strategie” e “giochetti” di potere che non ci appartengono”. Dimissioni, dunque, una scelta coraggiosa e in controtendenza, quando avrebbero potuto continuare a scaldar la sedia, come fanno decine e decine di loro (ormai ex) colleghi nei consigli comunali di mezza Sicilia. Ed è qui che la loro storia assume un carattere universale. “Ci siamo accorti – aggiungono – che il consigliere comunale è un soggetto assolutamente marginale, una sorta di strumento utilizzato solo per ratificare le decisioni prese dalla giunta e dal sindaco, senza possibilità di dialogo, in balia di un modo di amministrare la cosa pubblica di estrema chiusura e rigidità, facendo gli interessi del singolo a discapito di quelli della collettività”.