Frammenti di storia: Misserio e il "record" del prestito del Littorio durante il fascismo
di Paola Rifatto | 19/09/2021 | STORIA
di Paola Rifatto | 19/09/2021 | STORIA
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Una cartolina storica con una veduta del paese
Gli archivi storici consentono di scrivere la “Storia”, oppure a volte, più modestamente, di scoprire squarci di microstoria. È questo il caso di un documento di una pagina fronte-retro conservato all’Archivio di Stato di Messina, relativo a Misserio, borgo rurale della valle d’Agrò. Casale di Savoca dal basso medioevo fino al 1817, nel 1820 divenne frazione del comune di Casalvecchio Siculo e tale era nel 1927, anno a cui risale il documento. A quella data aveva una popolazione di circa 1.000 abitanti, non c’era ancora la corrente elettrica (che arriverà nel 1929) e l’acqua era fornita dalla fontana-lavatoio “Acqua Mantarro”. La viabilità era pessima: le strade di collegamento con Savoca e Casalvecchio erano viottoli in terra battuta e a Santa Teresa di Riva si “scendeva” dal letto della fiumara. I mezzi di locomozione erano l’asino, il mulo ed il carretto. L’attività principale era l’agricoltura: si trattava di un’agricoltura di sussistenza, per le caratteristiche del terreno, accidentato e quindi poco produttivo, per il tipo di rapporti dominanti (metaterìa, colonìa) e per la piccola dimensione delle aziende. La produzione (olio, vino, mandorle, castagne, ortaggi) serviva per soddisfare i bisogni della popolazione e solo una piccola parte era destinata al commercio. Il patrimonio zootecnico (suini, caprini, ovini) era limitato: ogni famiglia contadina possedeva alcuni capi di bestiame, la cui vendita serviva ad integrare il magro reddito, ricavato dalla coltivazione dei campi. La maggior parte delle terre appartenevano a famiglie non del luogo; gli uomini del villaggio erano prevalentemente “bracciali” (braccianti agricoli); le donne aiutavano nei lavori dei campi, si occupavano degli animali da cortile, allevavano il baco da seta, preparavano i prodotti alimentari per l’inverno (conserve, pomodori, fagioli, fichi essiccati, ecc.). Sicuramente quasi tutta la popolazione del borgo viveva di stenti e non aveva risparmi. Eppure, quando fu lanciato dal regime fascista il “prestito del Littorio”, anche Misserio rispose. Per la sottoscrizione del prestito nazionale (Regio Decreto 06/11/1926), finalizzato a provvedere al consolidamento del debito fruttifero a breve termine, con lo scopo di difendere la valuta nazionale che le continue domande di rimborso di buoni del Tesoro ponevano a grave rischio, ci fu una propaganda capillare nel periodo 18 novembre 1926-18 gennaio 1927 e ovviamente anche le sezioni territoriali del Partito nazionale fascista si misero all’opera. Tra queste la sezione di Misserio, il cui segretario politico si adoperò per fare sottoscrivere il prestito, contattando le poche persone che avevano qualche risparmio. Conclusa la sottoscrizione, inviò al prefetto di Messina il 21 gennaio 1927, una nota con oggetto “Risultato finale prestito del littorio”, (Archivio di Stato di Messina, Prefettura, Gabinetto, b. 10, fasc.136, s. fasc.29), contenente l’elenco dei 20 sottoscrittori: le più consistenti sottoscrizioni furono effettuate dal sacerdote Sebastiano Musco, parroco della chiesa di San Vito in Misserio (30.000 lire) e da Giuseppe Alberti, “gerente poste” (24.100 lire). La sottoscrizione complessiva, effettuata presso la “ricevitoria postale” di Misserio, fu di 76.100 lire. Il segretario della sezione, G. Alberti, come si evince dalla firma posta in calce al documento, (presumibilmente lo stesso Alberti che risulta tra i maggiori sottoscrittori), nella comunicazione al prefetto evidenzia “di aver compiuto nel miglior modo possibile il suo lavoro per la propaganda del prestito del Littorio”. Nella notazione finale, di seguito riportata, traspare l’orgoglio per il risultato raggiunto ma c’è anche “un grido di dolore” per la condizione di abbandono in cui versa il borgo: “Con questa sottoscrizione al prestito del Littorio che forse supera quella del capoluogo del comune, Misserio frazione di Casalvecchio Siculo con appena 1.000 abitanti, sempre prima nel compiere il proprio dovere e sempre dimenticata nelle sue più urgenti necessità, dimostra ancora una volta l’elevato sentimento di patriottismo e la sicura fiducia nel Duce Supremo.” Sicuramente l’importo della sottoscrizione di Misserio (76.100 lire) fu ragguardevole, se si considera che qualche mese prima, Luigi Ragno, podestà di Santa Teresa di Riva, aveva comunicato al prefetto di Messina (nota n. 2009 del 4/12/1926) la deliberazione dell’ente di sottoscrivere 2.000 lire, “non potendo di più stante le condizioni disagiate in cui versa il Comune”. Qualche anno dopo, nel 1928, il comune di Casalvecchio Siculo fu accorpato a Santa Teresa di Riva. Al censimento generale della popolazione del 1931, Misserio contava 1.173 abitanti e il vicino borgo di Fautarì 154, per un totale di 1.327 abitanti, quasi la metà della popolazione casalvetina (2985). Quando, nel 1939, Casalvecchio riconquistò l’autonomia, i due villaggi, a seguito di petizione popolare, ottennero di restare frazioni di Santa Teresa di Riva. La “marina”, luogo di servizi e di scambi commerciali, sembrava offrire prospettive migliori agli abitanti dei due borghi collinari “sempre dimenticati”. Anche se poi le cose non andarono sempre nel verso sperato.