Sabato 21 Dicembre 2024
Eventi, storie e gli anni difficili che seguirono al sisma che colpì lo Stretto di Messina


Il terremoto del 1908: ecco cosa accadde nella riviera jonica

di Salvatore Coglitore | 27/12/2016 | STORIA

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In occasione del 108° anniversario del terremoto, che il 28 dicembre 1908 alle ore 5,21 colpì le città di Messina e Reggio Calabria, ecco una raccolta di notizie poco conosciute e/o inedite che riguardano specificatamente la riviera jonica.

Il maremoto
Sappiamo che al terremoto fece seguito, come causa indiretta, un terribile maremoto, che probabilmente fece più danni della scossa. A determinarlo fu una grossa frana sottomarina avvenuta lungo la costa ionica a circa 80-100 km a largo di Capo Taormina, lungo la faglia “Messina-Giardini Naxos”. Il corpo della frana scivolando a grandissima velocità lungo gli abissi dello Jonio favorì l’attivazione dell’onda del maremoto, che una volta formatasi si diresse con grande impeto verso le coste calabresi e siciliane. In meno di 5 minuti, secondo le testimonianze dei sopravvissuti raccolte nel 1910 dal geografo Mario Baratta, l’onda colpì dapprima l’area antistante l’evento franoso sottomarino, lungo la costa tra Giardini Naxos e Taormina. In seguito, iniziò a propagarsi lungo la costa jonica messinese risalendo da sud, in direzione dello Stretto, con una velocità elevatissima, non inferiore ai 300 km/h (tipica degli tsunami).
Le altezze delle onde sono state descritte nel libro di Giovanni Platania, “Il maremoto dello stretto di Messina del 28 Dicembre 1908″. Le misure (in metri), rappresentano l’altezza dell’onda sul livello del mare. Le rilevazioni sono state eseguite lungo i porti o a terra e rappresentano l’altezza che raggiunse l’acqua sui muri delle case, lungo le scarpate delle ferrovie o su altri punti di riferimento. Ecco le altezze dell’onda che interessarono in particolare la Sicilia orientale, da nord a sud:

- Torre Faro 0.80 m

- Grotte 2.80 m

- Pace 4.70 m

- Paradiso (contrada Casicelle) 3.70 m

- Paradiso (a sud del villaggio) 2.40 m

- Messina (brigata marittima di P.S.) 3.0 m

- Messina (S.Raineri, difesa marittima) 3.0 m

- Messina (faro di S.Raineri) 2.60 m

- Messina (foce torrente Portalegna) 6.00 m

- Galati Marina (villa Rizzotto) 8.00 m

- Briga Marina (S.Paolo, casa Panarello) 8.50 m

- Giampilieri Marina (casa Palazzolo) 7.20 m

- Scaletta (casa Crimi) 8.00 m

- Itala marina (torrente) 7.90 m

- Ali Marina (torrente Bagni) 6.85 m

- Ali Marina (contrada Malambri) 7.30 m

- Ali Marina (torrente Mastroguglielmo) 8.40 m

- Nizza di Sicilia (quartiere Nave) 9.20 m

- Roccalumera (contrada Farina) 8.00 m

- Roccalumera (via Casazza) 7.00 m

- S.Teresa di Riva (contrada Furci) 5.80 m

- S.Teresa di Riva (contrada Bucalo) 6.10 m

- S.Teresa di Riva (contrada Barracca) 6.00 m

- S.Alessio (contrada Sena) 7.10 m

- Capo S.Alessio (presso la galleria) 11.70 m (massima altezza in Sicilia)

- Letojanni (a sud della galleria) 5.00 m

- Letojanni (villa Spisone) 5.85 m

- Isolabella (costa interna) 4.00 m

- Giardini (stazione ferroviaria) 9.00 m

- Giardini (capo Schisò, casa Lombardo) 8.20 m

- Fondachello (casa d’Agata) 5.60 m

- Riposto (lanterna) 5.80 m

- Torre di Archirafi 5.70 m

- S.Tecla (a sud del villaggio) 5.70 m

- Acireale (rada) 3.70 m

- Aci Trezza (stabilimento Amenta) 7.10 m.

- Aci Trezza (scalo) 5.00 m

- Ognina (bottega) 5.00 m

- Ognina (porto di Ulisse) 3.30 m

- Catania (casotto del maregorafo) 2.70 m

- Augusta (salina regina) 1.85 m

- Augusta (ponti di campagna) 2.00 m

- Siracusa (ponte del canal grande) 1.60 m

- Capo Passero 1.50 m
Stando a queste misure, dunque,  a Capo Sant’Alessio l’onda raggiunse l’altezza di un palazzo di quattro piani!

Ecco l’elenco dei comuni della riviera jonica danneggiati dal terremoto di Messina, approvato con il Regio decreto n. 595 del 3 agosto 1909 e con il n. 111 del 3 marzo 1910.

1) Alì

2) Antillo

3) Briga

4) Casalvecchio Siculo

5) Fiumedinisi

6) Forza d’agrò

7) Giardini Naxos

8) Itala

9) Letojanni

10) Limina

11) Locadi

12) Mandanici

13) Mongiuffi Melia

14) Nizza di Sicilia

15) Savoca

16) Roccafiorita

17) Roccalumera

18) S. Teresa di Riva

19) Savoca

20)Scaletta Zanclea


Danni causati dal terremoto e dal maremoto nella riviera jonica
Dal “Bollettino della Società Sismologica Italiana” risulta che a S. Teresa di Riva “il terremoto venne avvertito da tutti coloro che erano seduti e in quiete, con tremolio alle porte e alle invetrate!”. Gli unici morti, riferiti alla costa jonica, si contarono nei villaggi messinesi di Galati Marina, Giampilieri e Santa Margherita. Nella riviera i danni materiali riscontrati, a causa del terremoto e del seguente maremoto, furono di modesta entità. Le memorie storiche raccolte nel tempo riferiscono che a S. Teresa di Riva crollò il campanile della chiesa della Madonna del Carmelo, realizzato nel 1881; a Casalvecchio Siculo crollò parte della seicentesca chiesa Matrice (e per i futuri fabbricati venne consigliato di edificare la zona sotto il vecchio cimitero a valle della strada comunale); ad Alì (Marina) vi furono notevoli danni all’Istituto Maria Ausiliatrice: oltre al crollo di gran parte del terzo piano, crollò anche la volta della chiesa interna al collegio, che era stata eretta appena 7 anni prima. Da notizie non ufficiali risulta anche che ci sia stata almeno una vittima, la piccola Melina Messina, educanda del collegio delle suore, morta sotto le macerie nel suo dormitorio; a Savoca venne danneggiato irrimediabilmente il palazzo municipale e il palazzo della Curia (e per i futuri fabbricati venne consigliato di edificare lungo la via che porta alla Marina); a Limina venne parzialmente distrutta la chiesa di San Sebastiano, poi ricostruita negli anni Trenta; a Letojanni venne gravemente danneggiata l’originaria chiesa di S. Giuseppe (poi ricostruita nel 1929) e per i successivi edifici venne consigliato di realizzarli a sinistra del torrente Leto; a Forza d’Agrò venne fortemente danneggiato il campanile della chiesa della Santissima Annunziata (ristrutturato nel 1920), così come subì danni un’ala del chiostro del convento Agostiniano, mentre crollarono alcune casette e tra queste le carceri comunali; a Limina si contarono danni per circa 100mila lire. I villaggi di Giampilieri, Santa Margherita e di Galati Inferiore vennero completamente rasi al suolo. A Galati Inferiore venne pure demolita la chiesetta dedicata a Sant’Anna. Negli altri paesi limitrofi crollarono solo dei cornicioni e qualche parapetto. Ufficialmente, comunque, non risultarono vittime a causa del terremoto. A Furci e Scaletta, a seguito del maremoto, sulla battigia furono trovati due cadaveri provenienti da Briga (Messina). A Barracca (S. Teresa), il giardiniere dell’ing. Fleres, che allora si trovava nell’orto, testimoniò che l’onda era alta circa 6 metri e demolì parte del bastione di protezione inondando e distruggendo tutti i suoi ortaggi. A Roccalumera, il sig. Carmelo Campagna e altri testimoniarono che l’onda in via Casazza (dirimpetto la Torre Saracena) giunse dopo 6 minuti dal terremoto, demolì alcuni muri e arrivò a lambire l’odierna via Umberto I. Nei ricordi dei pescatori affiorano altri episodi, come quello di Roccalumera, dove nel quartiere Baglio una montagna di “cicirello” si depositò sulla battigia, tanto da impedire la vista della costa calabra. A ridosso di Capo Sant'Alessio un pescatore che si trovava sulla spiaggia si ritrovò miracolosamente vivo oltre i binari della linea ferroviaria e l’onda anomala danneggiò parte dell’antico quartiere, dove scomparvero circa una decina di barche. La potente onda percorse verso l'interno circa 150 metri e in molti paesi invase la Strada statale 114. L’acqua entrava da una “vanedda” e fuoriusciva dall’altra, come a Furci, dove raggiunse e inondò parte di via Madonna delle Grazie e lesionò, tra l’altro, il piano sovrastante il portico (visibile ancora oggi) che collega la via del Pozzo alla via dell’Oriente, dove le onde si scontravano.

Le baracche americane a S. Teresa di Riva
I messinesi sopravvissuti sfollarono in provincia, alla ricerca disperata di un posto dove mangiare e dormire. Dopo l’evento catastrofico giunsero a Messina e provincia numerosi aiuti economici e subito si cominciarono a realizzare delle baracche, sotto la supervisione del Genio civile, per ospitare i profughi. Furono create delle cooperative al fine di potere collocare le baracche prefabbricate che provenivano in larga parte dall’estero. Una di questa cooperative, “La messinese”, venne incaricata del montaggio delle baracche cosiddette “americane” poiché arrivavano dagli Usa. In provincia di Messina erano previste 1.947 baracche e già a maggio del 1909 ne furono consegnate 1.161, mentre 169 erano in corso di montaggio. Queste baracche vennero montate a Mazzeo, frazione di Taormina (circa 14), a Santa Teresa di Riva (circa 60), mentre a Sant’Alessio, Antillo, Limina e Scaletta vennero installate con qualche ritardo, che provocò proteste da parte dei profughi. Le “baracche americane” a Santa Teresa di Riva furono montate nella zona Torrevarata (al tempo ancora non urbanizzata), allora di proprietà del senatore Giuseppe Avarna: 40 erano monofamiliari, le restanti plurifamiliari. A causa di questi trasferimenti forzati dei profughi, in provincia ci fu un notevole aumento della popolazione residente e questo spiega il motivo di tanti cognomi di origine messinese presenti ancora oggi nella riviera jonica. Mentre nei cimiteri di Fiumedinisi, Roccalumera, S. Teresa di Riva e altri centri, in mancanza di spazi nel cimitero di Messina, vennero tumulate parecchie vittime del terremoto.

Scontento tra i profughi a S. Teresa di Riva
Si ha notizia che i profughi sistemati nelle “baracche americane” nel quartiere di Torrevarata, come dicevamo di proprietà del senatore Avarna, per potersi rifornire dell’acqua utilizzavano quella del pozzo pubblico posto nella sottostante piazzetta di Pozzo Lazzaro. Ma il pozzo non era coperto e di conseguenza l’acqua non era potabile ed inoltre mancava anche il secchio per poterla prelevare. Utilizzarono, pertanto, l’acqua che sgorgava dalla fontanella della stazione ferroviaria, ma il capostazione, durante la giornata, ne limitava l’uso! Per poter porre rimedio alla situazione ci volle l’intervento risoluto del Prefetto, prof. De Gaetani, e dell’allora sindaco, l’avv. Michele Crisafulli Mondio. Inoltre i profughi si lamentavano che i viveri, in quel periodo, erano aumentati di prezzo e la qualità era scadente. Infatti il pane non si vendeva più a peso, la frutta messa in vendita era acerba e la carne spesso era di animali che erano morti non si sa per quale causa.
A Furci (fino al 1923 frazione di S. Teresa), dove venne collocato pure un piccolo ospedale, le baracche erano posizionate nel terreno degli eredi del Principe di Mola. Nel settembre del 1909 ci fu una protesta da parte dei profughi, i quali chiedevano maggiori baracche poiché quelle previste non bastavano. Gridavano: “O per tutti o per nessuno”. A seguito dei tumulti, intervennero il maresciallo della locale stazione dei carabinieri Alessandro Bucceri e il sindaco. Dopo promesse di interessamento presso gli Uffici del Genio civile, i circa 1500 profughi si calmarono. Nel 1911, l’on. Giovanni Colonna di Cesarò fece una proposta di legge per istituire una "Tombola telegrafica” (una sorta di lotteria col fine di raccogliere fondi a favore dei profughi) per un importo di 250mila lira a favore degli ospedali di Furci (Santa Teresa di Riva) e di Francavilla di Sicilia. 

Baracche a Furci (allora frazione di S.Teresa) nel terreno del Principe Mola

 

Censimento ufficiale dei feriti ricoverati negli ospedali di Catania
Ecco un estratto parziale dei nomi dei feriti ricoverati (tra parentesi l’età) negli ospedali di Catania nel 1909, provenienti dai paesi della riviera jonica:
Da Alì: Triolo Giovanna fu Giuseppe (43); Borghese Rita (28) e Antonino di Paolo (14)

Da Casalvecchio Siculo: Trimarchi Felice e Giuseppe di Luigi, Bonaccorso Olivia fu Nunzio (34), Carnabuci Maria fu Biagio (64)

Da Fiumedinisi: Bonanno Annunziata fu Domenico (54), Carbone Giuseppe  fu Filippo (12), Cernuto Carmela di Nunzio (23)

Da Forza d’Agrò: Lombardo Giuseppa fu Candeloro (42)

Da Giardini: Federico Biagio di Antonino (14), Siracusano Giovanni di Antonino (14), Capurro Flavia (26), Gugliemo (28) e Letterio (28)

Da Itala: Tavilla Grazia fu Giacinto (65)

Da Letojanni: Ferrara Gaetano fu Carmelo (54), Nicolò Santa

Da Limina: Costa Giovanni fu Domenico (60)

Da Nizza di Sicilia: Cotroneo Antonino (12) e Giuseppe (55), Sindona Giovanni, Catanzaro Concettina di Letterio (16), Catanzaro Francesco fu Giuseppe (57)

Da Pagliara: Mirone Eugenia di Gaetano (27), Mirone Gaetano fu Domenico (69), Monforte Carmela (60)

Da Roccalumera, Ferrara Chiarina (10), Monforte Ernesto e Guglielmo

Da S. Alessio: Di Natale Giovanni (30), Latteri Giacomo (30)

Da Santa Teresa di Riva: Alicati Filippo di Antonio (25), la famiglia Aliquò, Antonio (25), Angelina (3), Antonia (7),Chiara (5), De Domenico Caterina (4), Triolo Anna (4), Ruffo Isabella fu Francesco (30)

Da Taormina: Calì Francesca (64) e Francesco fu Giuseppe (64), Azzolaja Serafina di Gaetano (37), Storniolo Antonino (31), Francesco (42) e Giovanni (14).

A conclusione di questa breve raccolta di notizie, ecco una testimonianza inedita del cappuccino padre Giampietro di Santa Teresa, alias Giuseppe Rigano (Santa Teresa di Riva 1881- Messina 1950), che durante il terremoto si trovava nel convento di Savoca a pregare. Tratto dal suo dattiloscritto: “Le grandezze e le glorie del cristianesimo nella Sicilia Orientale e nord Orientale”, 1940.

Il 28 dicembre del 1908 nel convento dei Cappuccini di Savoca
“Nel 28 dicembre del 1908, quando l’infausto terremoto distrusse la città di Messina e rovinò molti paesi della spiaggia, il Convento di Savoca, riportò gravissimi lesioni, da renderlo quasi inabitabile. Al tempo del terremoto, nel convento, ci trovavamo: Guardiano Padre Luigi da Castelbuono, Padre Francesco Muscolino da Casalvecchio Siculo ed io Padre Giampietro da Santa Teresa e i due frati laici, frà Mariano da Petralia e frà Giuseppe da Nicosia. Passato il terrore, i religiosi con a capo P. Luigi da Casalvecchio, aiutati dai naturali di Savoca e dei paesi attorno, ripararono il Convento e lo resero abitabile, per continuare la missione. I secolari che si sono interessati, in questa circostanza a beneficio del convento e che si sono distinti, furono: l’arciprete Padre Cicala Antonino, l’arciprete don Giacomo Muscolino da Casalvecchio, il sig. Carmelo not. Salvadore, l’avv. Crisafulli e molti altri”.

Nota VII
“Parlando del terremoto del 1908, ricordo questo: erano le 5 e mezzo di mattina, tutti si era in coro per la meditazione, quando mentre si recitava la litania dei canti, in un attimo si udì un rombo, come di un fortissimo vento, era un terribile boato, che veniva da luoghi misteriosi; contemporaneamente avvenne un terribile scuotimento delle murature e del sottosuolo, uno scricchiolamento di legname. Già tutte le lampade si spensero, i candelieri ribaltavano sopra gli altari, dei calcinacci cadevano addosso, ci trovammo perduti, eravamo in fin di vita e non sapevamo più in che mondi ci trovassimo. Il resto meriterebbe la descrizione in un libro a parte”.

Nella foto di copertina, tratta dal quindicinale ”Illustrazione Militare Italiana” del 25 dicembre 1910, le baracche americane a Santa Teresa di Riva (Torrevarata).


Più informazioni: terremoto 1908  


COMMENTI

G.Massimo Cicala | il 28/12/2014 alle 16:23:49

Complimenti al caro Salvatore Coglitore... di storie e microstorie locali da intrecciare con le macrostorie poi passate alle cronache, ma mai con la dovizia .... coglitoriana. Aggiungo, per amor di consolidamento di memorie altrimenti a rischio di estinzione se le lasciassimo orali, una coppia di chicche che la mia famiglia tramanda oralmente: quello che dovrebbe essere un mio bisnonno per parte paterna, tale xxxxx Bruto, avrebbe raccontato al resto della famiglia, che in tutta evidenza dormiva ancora, che all'alba del 28 dicembre, quindi qualche minuto prima dell'infausto evento, nel preparare il pastone alle galline della stia, le sentì inusitatamente agitate, e aperta loro la porticina del pollaio letteralmente "gli saltarono sul petto per uscire". Altra notizia storica, meno circostanziata ma che rimane permeata di microstoria di quartiere, reciterebbe che i succitati 6 metri e dieci di altezza dell'onda di maremoto, risalirono via sparagonà "bretella mare", poi il crocevia con la nazionale, e proseguirono (ritengo per un'altra settantina di metri) all'altezza di un tale proprietario che oggi non individuo più ma che il mio bisnonno citava per soprannome, inteso "sciabulazza".

Eugenio Scarcella | il 29/12/2014 alle 16:27:01

Complimenti, Arch. Coglitore, ottima ricerca. Confermo quanto raccontato da mio cugino G.Massimo Cicala | ieri alle 16:23:49, aggiungendo che il nostro antenato comune a cui le galline spaventate saltarono addosso era il il sig. Rosario Bruto fu Valentino (n.1872-m.1945) che abitava a Sparagonà alto nei pressi di Vico Primo! Saluti!

Sergio Mastroeni | il 30/12/2014 alle 06:39:10

Complimenti, veramente suggestivo ! Di grandissimo valore storico !

G.Massimo Cicala | il 31/12/2014 alle 15:26:18

Lo faccio sempre, ma questa volta mi sono dimenticato di citare la mia preziosissima ed erudita fonte storica familiare, mio cugino Ennio. Chiedo Venia. Prendo opportunità per un'altra testimonianza che mi perviene da parte familiare lato mia moglie Veronica, aventi origini di Locadi. Ebbene i suoi nonni (Caminiti-Uscenti), ancora viventi, narrerebbero che il Terremoto del 1908 interessò in modo importante il tessuto urbano del tempo, relativo alla caratteristica frazioncina di Pagliara, verosimilmente lesionando la maggior parte delle abitazioni tutt'ora rilevabili perchè abbandonate nella zona est che i locali chiamano Burrucu (potrebbe significare la sicilianizzazione di Borgo). In effetti la edificazione successiva al '08 si diparte dalla piazza "Rranciuanni" (topos ufficiale San Giovanni) verso ovest e verso sud. La scelta dovrebbe esser stata operata poichè così si portava il nuovo baricentro urbano direttamente sulla formazione rocciosa ben visibile dalla prospiciente strada provinciale n.25 per Mandanici, allontanandolo dalla zona danneggiata dal sisma, praticamente boschiva e pedemontana dell'originario insediamento (appunto) nt'o Burrucu.

Riccardo Rickards | il 01/01/2015 alle 22:19:54

Sono interessato sempre al doloroso evento luttuoso che ha colpito la città di Messina, perchè in quella circostanza si è conclusa la vita di una considerevole parte della mia famiglia. SEMPRE GRATO PER QUELLO CHE SCRIVETE.

Nunzio Bonaccorso | il 14/07/2015 alle 01:17:51

sto scoprendo tutto ad un tratto un dilemma che per molti anni rimase tale. Leggo: Da Casalvecchio Siculo: Bonaccorso Olivia e Carnabuci Maria. La prima è la zia di mio nonno, la seconda è la nonna di mio nonno nonchè la mia trisavola. Il padre di mio nonno si chiamava Carmelo fratello di Olivia, di Domenico, di antonino e di Concetta. Fu carabiniere è morì nel terremoto,ma di lui nemmeno mio nonno seppe più nulla perchè all'epoca si trovava a Palermo. Da oggi sto ricucendo l'albero genealogico.Grazie

Moschella | il 28/12/2015 alle 00:18:10

Grazie per la raccogliamento delle storie.

Iano Filistad | il 28/12/2015 alle 01:24:33

È stato impressionante leggere tante notizie e dati su quei terribili eventi. Sono grato a chi,con il proprio lavoro di ricerca o con i loro ricordi, mi hanno reso partecipe di tutto ciò. Grazie. Iano Filistad Taormina

Carpo Mario | il 28/12/2015 alle 13:38:32

Architetto Coglitore. ....un grazie per quello che dai alle comunità dei nostri paesi. .....memoria storica. Mia zia Grazia Carpo madre del sacerdote Padre Miano , nacque proprio in pieno terremoto. ...il 28.12.1908

lo conte agatino | il 29/12/2015 alle 10:38:28

grazie arch. per il suo lavoro.una storia terrificante , resa utile per la memoria dalla nuova generazione.grazie tantissimo

carmelo garufi | il 25/08/2016 alle 13:11:12

bravo

Daniele Ciatto | il 27/12/2017 alle 06:25:48

Dietro Capo S. Alessio, in occasione del maremoto, si trovavano a mare tre pescatori (Pasquale, Concetto ed Antonino Riggio), i quali hanno notato che il mare cominciava a ritirarsi, sino a vedere la base del capo S. Alessio, ed intuendo che qualcosa di anomalo e pericoloso stava accadendo, si sono messi alla voga con sei remi verso la Calabria. Per loro fortuna, la direzione dell'onda dello tsunami era parallela allo stretto e sono riusciti ad evitarla, aspettando al largo delle coste calabresi, sino a quando hanno intravisto i segnali luminosi che da terra i compaesani inviavano mediante lanterne e torce. Questa testimonianza, che peraltro è riportata anche nell'ottimo libro del Compianto Carmelo Duro "Sant'Alessio nel novecento", mi è stata riferita dalla nuora di uno dei pescatori in questione, Sig.ra Caterina Foti in Riggio, che della storia di Sant'Alessio è stata una vera protagonista in quanto assieme ad altre compaesane ha avuto un ruolo determinante nella storia dell'autonomia del paese da Forza D'Agrò.

Salvatore Coglitore | il 29/12/2017 alle 13:10:51

Ringrazio l'amico Daniele per la preziosa testimonianza che, assieme alle altre ricevute, sarà inserita in questa nostra breve ricerca. Magari il prossimo anno in occasine del 110° anniversario del triste evento si potrebbe realizzare una mostra-convengo sull'argomento.

LUIGI | il 27/12/2018 alle 22:25:13

Complimenti

Luigino Smiroldo | il 28/12/2023 alle 11:35:46

Ciò che hai scritto conferma la testimonianza di mio padre... Grazie

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