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Il terremoto del 1908: ecco cosa accadde nella riviera jonica
di Salvatore Coglitore | 27/12/2016 | STORIA
di Salvatore Coglitore | 27/12/2016 | STORIA
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In occasione del 108° anniversario del terremoto, che il 28 dicembre 1908 alle ore 5,21 colpì le città di Messina e Reggio Calabria, ecco una raccolta di notizie poco conosciute e/o inedite che riguardano specificatamente la riviera jonica. Il maremoto - Torre Faro 0.80 m - Grotte 2.80 m - Pace 4.70 m - Paradiso (contrada Casicelle) 3.70 m - Paradiso (a sud del villaggio) 2.40 m - Messina (brigata marittima di P.S.) 3.0 m - Messina (S.Raineri, difesa marittima) 3.0 m - Messina (faro di S.Raineri) 2.60 m - Messina (foce torrente Portalegna) 6.00 m - Galati Marina (villa Rizzotto) 8.00 m - Briga Marina (S.Paolo, casa Panarello) 8.50 m - Giampilieri Marina (casa Palazzolo) 7.20 m - Scaletta (casa Crimi) 8.00 m - Itala marina (torrente) 7.90 m - Ali Marina (torrente Bagni) 6.85 m - Ali Marina (contrada Malambri) 7.30 m - Ali Marina (torrente Mastroguglielmo) 8.40 m - Nizza di Sicilia (quartiere Nave) 9.20 m - Roccalumera (contrada Farina) 8.00 m - Roccalumera (via Casazza) 7.00 m - S.Teresa di Riva (contrada Furci) 5.80 m - S.Teresa di Riva (contrada Bucalo) 6.10 m - S.Teresa di Riva (contrada Barracca) 6.00 m - S.Alessio (contrada Sena) 7.10 m - Capo S.Alessio (presso la galleria) 11.70 m (massima altezza in Sicilia) - Letojanni (a sud della galleria) 5.00 m - Letojanni (villa Spisone) 5.85 m - Isolabella (costa interna) 4.00 m - Giardini (stazione ferroviaria) 9.00 m - Giardini (capo Schisò, casa Lombardo) 8.20 m - Fondachello (casa d’Agata) 5.60 m - Riposto (lanterna) 5.80 m - Torre di Archirafi 5.70 m - S.Tecla (a sud del villaggio) 5.70 m - Acireale (rada) 3.70 m - Aci Trezza (stabilimento Amenta) 7.10 m. - Aci Trezza (scalo) 5.00 m - Ognina (bottega) 5.00 m - Ognina (porto di Ulisse) 3.30 m - Catania (casotto del maregorafo) 2.70 m - Augusta (salina regina) 1.85 m - Augusta (ponti di campagna) 2.00 m - Siracusa (ponte del canal grande) 1.60 m - Capo Passero 1.50 m Ecco l’elenco dei comuni della riviera jonica danneggiati dal terremoto di Messina, approvato con il Regio decreto n. 595 del 3 agosto 1909 e con il n. 111 del 3 marzo 1910. 1) Alì 2) Antillo 3) Briga 4) Casalvecchio Siculo 5) Fiumedinisi 6) Forza d’agrò 7) Giardini Naxos 8) Itala 9) Letojanni 10) Limina 11) Locadi 12) Mandanici 13) Mongiuffi Melia 14) Nizza di Sicilia 15) Savoca 16) Roccafiorita 17) Roccalumera 18) S. Teresa di Riva 19) Savoca 20)Scaletta Zanclea Le baracche americane a S. Teresa di Riva Scontento tra i profughi a S. Teresa di Riva Baracche a Furci (allora frazione di S.Teresa) nel terreno del Principe Mola Censimento ufficiale dei feriti ricoverati negli ospedali di Catania Da Casalvecchio Siculo: Trimarchi Felice e Giuseppe di Luigi, Bonaccorso Olivia fu Nunzio (34), Carnabuci Maria fu Biagio (64) Da Fiumedinisi: Bonanno Annunziata fu Domenico (54), Carbone Giuseppe fu Filippo (12), Cernuto Carmela di Nunzio (23) Da Forza d’Agrò: Lombardo Giuseppa fu Candeloro (42) Da Giardini: Federico Biagio di Antonino (14), Siracusano Giovanni di Antonino (14), Capurro Flavia (26), Gugliemo (28) e Letterio (28) Da Itala: Tavilla Grazia fu Giacinto (65) Da Letojanni: Ferrara Gaetano fu Carmelo (54), Nicolò Santa Da Limina: Costa Giovanni fu Domenico (60) Da Nizza di Sicilia: Cotroneo Antonino (12) e Giuseppe (55), Sindona Giovanni, Catanzaro Concettina di Letterio (16), Catanzaro Francesco fu Giuseppe (57) Da Pagliara: Mirone Eugenia di Gaetano (27), Mirone Gaetano fu Domenico (69), Monforte Carmela (60) Da Roccalumera, Ferrara Chiarina (10), Monforte Ernesto e Guglielmo Da S. Alessio: Di Natale Giovanni (30), Latteri Giacomo (30) Da Santa Teresa di Riva: Alicati Filippo di Antonio (25), la famiglia Aliquò, Antonio (25), Angelina (3), Antonia (7),Chiara (5), De Domenico Caterina (4), Triolo Anna (4), Ruffo Isabella fu Francesco (30) Da Taormina: Calì Francesca (64) e Francesco fu Giuseppe (64), Azzolaja Serafina di Gaetano (37), Storniolo Antonino (31), Francesco (42) e Giovanni (14). A conclusione di questa breve raccolta di notizie, ecco una testimonianza inedita del cappuccino padre Giampietro di Santa Teresa, alias Giuseppe Rigano (Santa Teresa di Riva 1881- Messina 1950), che durante il terremoto si trovava nel convento di Savoca a pregare. Tratto dal suo dattiloscritto: “Le grandezze e le glorie del cristianesimo nella Sicilia Orientale e nord Orientale”, 1940. Il 28 dicembre del 1908 nel convento dei Cappuccini di Savoca Nota VII Nella foto di copertina, tratta dal quindicinale ”Illustrazione Militare Italiana” del 25 dicembre 1910, le baracche americane a Santa Teresa di Riva (Torrevarata).
Sappiamo che al terremoto fece seguito, come causa indiretta, un terribile maremoto, che probabilmente fece più danni della scossa. A determinarlo fu una grossa frana sottomarina avvenuta lungo la costa ionica a circa 80-100 km a largo di Capo Taormina, lungo la faglia “Messina-Giardini Naxos”. Il corpo della frana scivolando a grandissima velocità lungo gli abissi dello Jonio favorì l’attivazione dell’onda del maremoto, che una volta formatasi si diresse con grande impeto verso le coste calabresi e siciliane. In meno di 5 minuti, secondo le testimonianze dei sopravvissuti raccolte nel 1910 dal geografo Mario Baratta, l’onda colpì dapprima l’area antistante l’evento franoso sottomarino, lungo la costa tra Giardini Naxos e Taormina. In seguito, iniziò a propagarsi lungo la costa jonica messinese risalendo da sud, in direzione dello Stretto, con una velocità elevatissima, non inferiore ai 300 km/h (tipica degli tsunami).
Le altezze delle onde sono state descritte nel libro di Giovanni Platania, “Il maremoto dello stretto di Messina del 28 Dicembre 1908″. Le misure (in metri), rappresentano l’altezza dell’onda sul livello del mare. Le rilevazioni sono state eseguite lungo i porti o a terra e rappresentano l’altezza che raggiunse l’acqua sui muri delle case, lungo le scarpate delle ferrovie o su altri punti di riferimento. Ecco le altezze dell’onda che interessarono in particolare la Sicilia orientale, da nord a sud:
Stando a queste misure, dunque, a Capo Sant’Alessio l’onda raggiunse l’altezza di un palazzo di quattro piani!
Danni causati dal terremoto e dal maremoto nella riviera jonica
Dal “Bollettino della Società Sismologica Italiana” risulta che a S. Teresa di Riva “il terremoto venne avvertito da tutti coloro che erano seduti e in quiete, con tremolio alle porte e alle invetrate!”. Gli unici morti, riferiti alla costa jonica, si contarono nei villaggi messinesi di Galati Marina, Giampilieri e Santa Margherita. Nella riviera i danni materiali riscontrati, a causa del terremoto e del seguente maremoto, furono di modesta entità. Le memorie storiche raccolte nel tempo riferiscono che a S. Teresa di Riva crollò il campanile della chiesa della Madonna del Carmelo, realizzato nel 1881; a Casalvecchio Siculo crollò parte della seicentesca chiesa Matrice (e per i futuri fabbricati venne consigliato di edificare la zona sotto il vecchio cimitero a valle della strada comunale); ad Alì (Marina) vi furono notevoli danni all’Istituto Maria Ausiliatrice: oltre al crollo di gran parte del terzo piano, crollò anche la volta della chiesa interna al collegio, che era stata eretta appena 7 anni prima. Da notizie non ufficiali risulta anche che ci sia stata almeno una vittima, la piccola Melina Messina, educanda del collegio delle suore, morta sotto le macerie nel suo dormitorio; a Savoca venne danneggiato irrimediabilmente il palazzo municipale e il palazzo della Curia (e per i futuri fabbricati venne consigliato di edificare lungo la via che porta alla Marina); a Limina venne parzialmente distrutta la chiesa di San Sebastiano, poi ricostruita negli anni Trenta; a Letojanni venne gravemente danneggiata l’originaria chiesa di S. Giuseppe (poi ricostruita nel 1929) e per i successivi edifici venne consigliato di realizzarli a sinistra del torrente Leto; a Forza d’Agrò venne fortemente danneggiato il campanile della chiesa della Santissima Annunziata (ristrutturato nel 1920), così come subì danni un’ala del chiostro del convento Agostiniano, mentre crollarono alcune casette e tra queste le carceri comunali; a Limina si contarono danni per circa 100mila lire. I villaggi di Giampilieri, Santa Margherita e di Galati Inferiore vennero completamente rasi al suolo. A Galati Inferiore venne pure demolita la chiesetta dedicata a Sant’Anna. Negli altri paesi limitrofi crollarono solo dei cornicioni e qualche parapetto. Ufficialmente, comunque, non risultarono vittime a causa del terremoto. A Furci e Scaletta, a seguito del maremoto, sulla battigia furono trovati due cadaveri provenienti da Briga (Messina). A Barracca (S. Teresa), il giardiniere dell’ing. Fleres, che allora si trovava nell’orto, testimoniò che l’onda era alta circa 6 metri e demolì parte del bastione di protezione inondando e distruggendo tutti i suoi ortaggi. A Roccalumera, il sig. Carmelo Campagna e altri testimoniarono che l’onda in via Casazza (dirimpetto la Torre Saracena) giunse dopo 6 minuti dal terremoto, demolì alcuni muri e arrivò a lambire l’odierna via Umberto I. Nei ricordi dei pescatori affiorano altri episodi, come quello di Roccalumera, dove nel quartiere Baglio una montagna di “cicirello” si depositò sulla battigia, tanto da impedire la vista della costa calabra. A ridosso di Capo Sant'Alessio un pescatore che si trovava sulla spiaggia si ritrovò miracolosamente vivo oltre i binari della linea ferroviaria e l’onda anomala danneggiò parte dell’antico quartiere, dove scomparvero circa una decina di barche. La potente onda percorse verso l'interno circa 150 metri e in molti paesi invase la Strada statale 114. L’acqua entrava da una “vanedda” e fuoriusciva dall’altra, come a Furci, dove raggiunse e inondò parte di via Madonna delle Grazie e lesionò, tra l’altro, il piano sovrastante il portico (visibile ancora oggi) che collega la via del Pozzo alla via dell’Oriente, dove le onde si scontravano.
I messinesi sopravvissuti sfollarono in provincia, alla ricerca disperata di un posto dove mangiare e dormire. Dopo l’evento catastrofico giunsero a Messina e provincia numerosi aiuti economici e subito si cominciarono a realizzare delle baracche, sotto la supervisione del Genio civile, per ospitare i profughi. Furono create delle cooperative al fine di potere collocare le baracche prefabbricate che provenivano in larga parte dall’estero. Una di questa cooperative, “La messinese”, venne incaricata del montaggio delle baracche cosiddette “americane” poiché arrivavano dagli Usa. In provincia di Messina erano previste 1.947 baracche e già a maggio del 1909 ne furono consegnate 1.161, mentre 169 erano in corso di montaggio. Queste baracche vennero montate a Mazzeo, frazione di Taormina (circa 14), a Santa Teresa di Riva (circa 60), mentre a Sant’Alessio, Antillo, Limina e Scaletta vennero installate con qualche ritardo, che provocò proteste da parte dei profughi. Le “baracche americane” a Santa Teresa di Riva furono montate nella zona Torrevarata (al tempo ancora non urbanizzata), allora di proprietà del senatore Giuseppe Avarna: 40 erano monofamiliari, le restanti plurifamiliari. A causa di questi trasferimenti forzati dei profughi, in provincia ci fu un notevole aumento della popolazione residente e questo spiega il motivo di tanti cognomi di origine messinese presenti ancora oggi nella riviera jonica. Mentre nei cimiteri di Fiumedinisi, Roccalumera, S. Teresa di Riva e altri centri, in mancanza di spazi nel cimitero di Messina, vennero tumulate parecchie vittime del terremoto.
Si ha notizia che i profughi sistemati nelle “baracche americane” nel quartiere di Torrevarata, come dicevamo di proprietà del senatore Avarna, per potersi rifornire dell’acqua utilizzavano quella del pozzo pubblico posto nella sottostante piazzetta di Pozzo Lazzaro. Ma il pozzo non era coperto e di conseguenza l’acqua non era potabile ed inoltre mancava anche il secchio per poterla prelevare. Utilizzarono, pertanto, l’acqua che sgorgava dalla fontanella della stazione ferroviaria, ma il capostazione, durante la giornata, ne limitava l’uso! Per poter porre rimedio alla situazione ci volle l’intervento risoluto del Prefetto, prof. De Gaetani, e dell’allora sindaco, l’avv. Michele Crisafulli Mondio. Inoltre i profughi si lamentavano che i viveri, in quel periodo, erano aumentati di prezzo e la qualità era scadente. Infatti il pane non si vendeva più a peso, la frutta messa in vendita era acerba e la carne spesso era di animali che erano morti non si sa per quale causa.
A Furci (fino al 1923 frazione di S. Teresa), dove venne collocato pure un piccolo ospedale, le baracche erano posizionate nel terreno degli eredi del Principe di Mola. Nel settembre del 1909 ci fu una protesta da parte dei profughi, i quali chiedevano maggiori baracche poiché quelle previste non bastavano. Gridavano: “O per tutti o per nessuno”. A seguito dei tumulti, intervennero il maresciallo della locale stazione dei carabinieri Alessandro Bucceri e il sindaco. Dopo promesse di interessamento presso gli Uffici del Genio civile, i circa 1500 profughi si calmarono. Nel 1911, l’on. Giovanni Colonna di Cesarò fece una proposta di legge per istituire una "Tombola telegrafica” (una sorta di lotteria col fine di raccogliere fondi a favore dei profughi) per un importo di 250mila lira a favore degli ospedali di Furci (Santa Teresa di Riva) e di Francavilla di Sicilia.
Ecco un estratto parziale dei nomi dei feriti ricoverati (tra parentesi l’età) negli ospedali di Catania nel 1909, provenienti dai paesi della riviera jonica:
Da Alì: Triolo Giovanna fu Giuseppe (43); Borghese Rita (28) e Antonino di Paolo (14)
“Nel 28 dicembre del 1908, quando l’infausto terremoto distrusse la città di Messina e rovinò molti paesi della spiaggia, il Convento di Savoca, riportò gravissimi lesioni, da renderlo quasi inabitabile. Al tempo del terremoto, nel convento, ci trovavamo: Guardiano Padre Luigi da Castelbuono, Padre Francesco Muscolino da Casalvecchio Siculo ed io Padre Giampietro da Santa Teresa e i due frati laici, frà Mariano da Petralia e frà Giuseppe da Nicosia. Passato il terrore, i religiosi con a capo P. Luigi da Casalvecchio, aiutati dai naturali di Savoca e dei paesi attorno, ripararono il Convento e lo resero abitabile, per continuare la missione. I secolari che si sono interessati, in questa circostanza a beneficio del convento e che si sono distinti, furono: l’arciprete Padre Cicala Antonino, l’arciprete don Giacomo Muscolino da Casalvecchio, il sig. Carmelo not. Salvadore, l’avv. Crisafulli e molti altri”.
“Parlando del terremoto del 1908, ricordo questo: erano le 5 e mezzo di mattina, tutti si era in coro per la meditazione, quando mentre si recitava la litania dei canti, in un attimo si udì un rombo, come di un fortissimo vento, era un terribile boato, che veniva da luoghi misteriosi; contemporaneamente avvenne un terribile scuotimento delle murature e del sottosuolo, uno scricchiolamento di legname. Già tutte le lampade si spensero, i candelieri ribaltavano sopra gli altari, dei calcinacci cadevano addosso, ci trovammo perduti, eravamo in fin di vita e non sapevamo più in che mondi ci trovassimo. Il resto meriterebbe la descrizione in un libro a parte”.