L’industria enologica messinese nell'800 e lo stabilimento "De Pasquale" di Santa Teresa
di Paola Rifatto | 21/01/2024 | STORIA
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Migliaia di ettolitri partivano dal porto di Messina
L’esportazione di vino siciliano all’estero, che all’inizio degli anni Settanta superava appena i centomila ettolitri l’anno, nel 1880 era aumentata a 760.434 ettolitri, pari al 35% dell’esportazione italiana. Nel triennio 1879-1881 l’esportazione era diretta in gran parte verso la Francia, i cui vigneti erano stati colpiti dalla fillossera e al primo posto tra le province siciliane c’era Trapani con il 33%, ma rispetto alla metà del secolo si era andata affermando la produzione messinese, che contribuiva con il 27,5%, seguiva Catania con il 26,3% e poi via via le altre province. (Orazio Cancila, Storia dell’industria in Sicilia, 1995, pagg. 169 – 170, pag. 174). Nella provincia di Messina la vite era coltivata soprattutto nelle vallate e sulle colline prospicienti al mare, bassa ad alberello, senza sostegno quando il ceppo era vecchio, con i sostegni di paletti o di canne quando era giovane. Le vigne specializzate predominavano nei circondari di Messina e Patti, le viti consociate ad altre piante, (olivi, fichi e altri alberi da frutta, leguminose, patate, cereali) caratterizzavano invece i circondari di Mistretta e Castroreale. (Notizie e studi intorno ai vini e alle uve d’Italia, 1896, pag. 192). Il vino era per lo più fabbricato con gli antichi sistemi e in buona parte era semplicemente vino da taglio. Gli stabilimenti enologici veri e propri, aventi carattere industriale, erano tre: Fratelli De Pasquale e C. a Santa Teresa di Riva, Giacomo De Angelis e Giacomo De Pasquale a Messina. Essi si dedicavano principalmente alla produzione del marsala. L’azienda vinicola Fratelli De Pasquale, che era la più importante ed era sita nel comune di Santa Teresa di Riva, arrivava a produrne ed esportarne circa 4000 ettolitri l’anno. A capo della ditta era Salvatore De Pasquale, un imprenditore moderno, che non possedeva vigne ma acquistava il mosto dai produttori e lo trasformava in vini di vario tipo a seconda delle richieste del mercato. De Pasquale produceva mosto concentrato, utilizzando macchinari fabbricati dalla ditta Fratelli Mussi di Milano, e si dedicava anche alla progettazione di apparecchi enologici. Nel 1879 presentò al Comizio agrario di Messina l’enotermo (utensile per il trattamento termico dei vini), da lui ideato per la valutazione da parte di una Commissione scientifica. La Commissione, effettuate le prove nello stabilimento enologico di Santa Teresa di Riva, valutò l’enotermo superiore rispetto a quelli finora utilizzati. Nello stesso anno Salvatore De Pasquale partecipava al Concorso agrario regionale di Caltanissetta e la sezione della giuria preposta allo studio della meccanica agraria gli assegnava per l’enotermo di sua invenzione la medaglia d’oro e un premio in denaro di 200 lire. Anche la “spina “ della botte venne modificata dall’imprenditore messinese e la “spina De Pasquale” era meno costosa delle altre, ma più funzionale perché impediva del tutto le perdite di vino. Nel 1885 De Pasquale partecipò al Concorso a premi bandito dal Ministero dell’Agricoltura (DM. 6 ottobre 1881) allo scopo di promuovere il miglioramento del materiale vinicolo e delle cantine, ottenendo la medaglia di bronzo e un premio in denaro di 250 lire. Nella relazione della Commissione giudicatrice, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia 66 del 20/03/1866, venivano descritti dettagliatamente i locali e le attrezzature dello stabilimento di Santa Teresa di Riva, nonché la produzione vinicola. De Pasquale manipolava all’anno da 4 a 5000 ettolitri di vino, di cui 1000 ettolitri in vino da pasto detto Claretta, ed il resto in Marsala, Lacrima Cristi e Moscato. Il vino da pasto era messo in commercio dopo 18 mesi, gli altri vini non prima di 3 anni. I vini erano esportati principalmente in Russia, Norvegia, Danimarca, Germania, Inghilterra ed America. Nello stabilimento erano occupati abitualmente otto lavoranti maschi (5 adulti e 3 sotto i 15 anni), compresi quattro bottai (2 adulti, 2 sotto i 15 anni); durante la vendemmia, per una quarantina di giorni, i lavoranti erano 42. L’imprenditore messinese era anche titolare di una fabbrica di aceto di vino, nella quale lavoravano tutto l’anno undici operai maschi (8 adulti e tre sotto i 15 anni), compresi sei bottai (4 adulti e 2 ragazzi). Anche in questa fabbrica venivano utilizzate attrezzature innovative: 80 apparecchi di acetificazione sistema Agobet (brevetto depositato dalla ditta francese Agobet et Compagnie nel 1890) e l’apparecchio girevole di acetificazione rapida brevettato nel 1890 da Grazia De Luca nata Magno di Messina. Il prodotto era venduto in massima parte in Italia (Campania, Romagna, Veneto, Lombardia) ma piccole quantità erano anche esportate in Germania, Austria, Inghilterra e Russia. L’aceto bianco di vino De Pasquale venne premiato con la medaglia d’argento sia alla Fiera vinicola di Roma del 1893 che all’Esposizione enologica di Milano del 1894. Alla fine dell’Ottocento Salvatore De Pasquale, per dare maggiore impulso alle sue attività, decideva di trasferire sia lo stabilimento enologico che la fabbrica di aceto da Santa Teresa di Riva a Messina, nella borgata di Camaro Inferiore. (Annali di Statistica, Statistica Industriale, 1897, pag.74). Intanto la fase di espansione vitivinicola nell’ultimo scorcio del secolo XIX si fermava: la guerra doganale con la Francia dimezzò nel 1888 le esportazioni di vino italiano. La crisi fu aggravata dalla filossera, che aveva già colpito molti vigneti soprattutto nella Sicilia orientale, mentre la produzione francese, superato il periodo critico provocato da tale patologia, cominciava a riversarsi sul mercato internazionale. L’esportazione di vino da Messina, che nel 1880 era stata di 217.000 ettolitri, nel 1900 scese a 19.000 ettolitri, mentre le esportazioni dal porto di Messina crollarono del 75%. Il rilancio del settore, colpito così duramente, si avrà negli anni venti del Novecento con la realizzazione di innesti di viti americane, che consentiranno di combattere la fillossera, ma l’avvento del fascismo e la crisi del 1929, con la conseguente svolta verso il protezionismo, bloccarono la ripresa. Si dovrà ancora aspettare per una affermazione definitiva della vitivinicoltura siciliana.