Sabato 04 Maggio 2024
Una delle cinque postazioni di avvistamento di Santa Teresa cancellata per sempre


Torre Varata, la torre che non c’è più: storia di un monumento cinquecentesco distrutto

di Paola Rifatto | 18/06/2023 | STORIA

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Il quartiere Torrevarata dove sorgeva l'edificio

Il nome dei luoghi (toponimo) conserva spesso in sé tracce del passato, frammenti di memoria storica. Così è per Torrevarata, quartiere di Santa Teresa di Riva che si estende al di là del tracciato ferroviario. Prende il nome dalla “Torre Varata”, postazione di avvistamento edificata nella Marina di Savoca per difendere gli abitanti dalle incursioni dei pirati. Il primo documento in cui è citata risale al 1583: “…la torre Varata cioè Torremuzza discosta di mare un tiro di mano, torre antica et buona torre.” (Doc. 25. Biblioteca Storia Patria di Palermo, riprodotto nel libro “A nostra parra” di Santo Lombardo, 2017, pag. 132). Un anno dopo, nel 1584, Camillo Camilliani, matematico ed ingegnere del Regno di Sicilia, perlustrando il  litorale dell’isola per esaminare “lo stato, le condizioni e i pericoli delle spiagge”, così “vede” la marina di Savoca e la torre: “Passato questo (il fiume Agrò) siegue la spiaggia di Savoca, il quale spazio si stende per due miglia e mezzo, tutta arenosa e scoperta, onde si vedono alcune abitazioni e torri di sicurtà per gli arbitrii, che quivi d’intorno si trovano, ed anco una torre molto pendente, qual da un grand’empito di mare, che la percosse da molti anni, e di maniera, che oggi pare ogni momento a chi la mira, ch’ella del tutto si voglia piegare in terra”. In realtà la torre non si piegò del tutto, tanto che l’abate Lorenzo Coco-Grasso quasi tre secoli dopo, nella sua passeggiata dell’agosto 1844, scrive: “Vidi i Giardini, Fiume d’Agrò, e, dopo ventiquattro miglia di viaggio, il Capo S. Alessio, ed il castello appellato Torre-Varata in riva al mare, alla quale le onde fanno dispietata guerra, cosicché non è fuori di probabilità essa non possa a lungo ancora sussistere, e che le furie delle acque non la rovinino”.

La torre è dettagliatamente “fotografata” nella monografia “Santa Teresa” di Saitta-Raccuglia, pubblicata nel 1899: “Era quasi in mezzo all’attuale contrada di Bucalo, di forma rotonda ed a due piani separati da una solida volta munita di cataratta, con la postiera di dietro ed attorno finestre e feritoie. Più tardi ebbe in cima una colubrina. Fu atterrata verso il 1870, quando si diede mano al nuovo quartiere, ma era già in isfacelo e con la sommità quasi crollata”. Padre Giampietro Rigano, nato a Santa Teresa di Riva nel 1871, l’anno dopo la demolizione, così la descrive nella “Raccolta di notizie sulla religione cattolica e altri avvenimenti in Santa Teresa di Riva e i suoi dintorni”, 1936:  “Era una torre, come tramandano i più anziani, molto alta, sita un po’ più in là della stazione ferroviaria di Santa Teresa, circa 200 metri verso Messina. Era così denominata a causa di una furiosa mareggiata che, erodendone le fondamenta, la “varò” (inclinò) un pochettino. In seguito, dovendosi tracciare la nuova strada provinciale, venne rasa al suolo con la dinamite, facendovi così piazza pulita di un antico monumento storico. (testo riprodotto in Silvia Rapisarda, Giampietro Rigano da Santa Teresa di Riva, 2012, pag. 56). 

Alcuni decenni prima, nel 1839, era stata demolita anche la torre Avarna, sita in contrada Bolina. Delle cinque postazioni di avvistamento disposte strategicamente nel territorio di Santa Teresa di Riva e collegate alle strutture difensive di Savoca, il cui punto di forza era il castello dei “Pentefur”, restano: la Torre Catalmo nell’omonima contrada, la Torre del Baglio in via Sparagonà (in pessime condizioni) e la Torre dei Saraceni in piazza Santa Maria del Carmelo. Sono “Le Torri che guardano il mare”, come definite nel pregevole lavoro realizzato nell’anno scolastico 2015/2016 dagli studenti dell’Istituto di Istruzione superiore Caminiti–Trimarchi. Sono beni di interesse storico e architettonico da tutelare e valorizzare per non fare “piazza pulita” del passato, ma costruire il futuro con la consapevolezza delle proprie radici e del ricco patrimonio che ci è stato tramandato.


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