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Frana sull'A18 a Letojanni, in 6 rinviati a giudizio per i lavori di messa in sicurezza
di Andrea Rifatto | 09/01/2020 | CRONACA
di Andrea Rifatto | 09/01/2020 | CRONACA
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La frana sull'A18 a Letojanni
Sei rinvii a giudizio per i lavori di messa in sicurezza eseguiti sulla carreggiata dell’autostrada A18 dopo la frana di Letojanni dell’ottobre 2015, che secondo la Procura della Repubblica di Messina furono pagati troppo, con costi gonfiati, ed eseguiti male. Li ha disposti ieri il giudice dell’udienza preliminare Maria Militello, accogliendo integralmente la richiesta avanzata dal pubblico ministero Anna Maria Arena, al culmine dell’inchiesta iniziata tre anni fa che portò nel marzo 2018 all’applicazione di misure cautelari per due dirigenti del Consorzio per le autostrade siciliane e un imprenditore. Il processo si aprirà il 15 aprile davanti la Seconda Sezione penale del Tribunale di Messina. I coinvolti sono l’allora direttore generale del Cas Salvatore Pirrone, l’ex dirigente dell’area tecnica Gaspare Sceusa, l’imprenditore letojannese Francesco Musumeci, titolare della Musumeci Costruzioni Generali Spa, il geometra Antonino Spitaleri, allora responsabile del Cas per la sicurezza delle strade in pensione dal 2016, l’ingegnere Francesco Crinò di Furci Siculo e il geologo Giuseppe Torre di Sant’Agata Li Battiati, questi ultimi nella qualità di progettisti dei lavori scelti dall’impresa Musumeci. I sei sono difesi dagli avvocati Rosario Trimarchi, Alberto Gullino, Giovanni Calamoneri, Francesca Bilardo, Antonio Pillera e Rosa Anna Scalia. Le accuse contestate sono disastro ambientale, peculato, falso in atto pubblico, abuso d’ufficio, inadempimento in pubbliche forniture. Secondo le indagini, sviluppate dai Carabinieri della Compagnia di Taormina e da quelli della Sezione di Polizia giudiziaria della Procura della Repubblica di Messina, che nel marzo 2018 notificarono a Pirrone e Sceusa la misura cautelare della sospensione dall’esercizio del pubblico ufficio per un anno, mentre Musumeci fu colpito dal divieto di esercitare l’attività di impresa per otto mesi, vi furono una serie di comportamenti illeciti che hanno contrassegnato la fase di progettazione e quella di esecuzione degli interventi di messa in sicurezza dell’area, nonché la realizzazione di una barriera di contenimento del movimento franoso risultata totalmente inadeguata rispetto al livello di rischio idrogeologico. L’accusa contesta ai due dirigenti del Cas di aver omesso di esercitare qualsivoglia tipo di controllo nei confronti della ditta incaricata dell’esecuzione dei lavori, sostenendo in luogo di quest’ultima le spese di progettazione dei lavori e permettendo altresì una ingiustificata lievitazione dei costi dell’opera, senza pertanto impedire che la realizzazione dei lavori venisse eseguita in maniera inadeguata, con modalità diverse da quelle indicate nel prezziario Anas tanto che il 25 novembre 2016 si verificò lo sfondamento della protezione con colamento di materiale sciolto misto a detriti e rotolamento a valle di blocchi di diversa pezzatura, che finirono sulla corsia destinata alla circolazione, a causa dell’inadeguatezza della rete, come attestato dal Genio civile il 6 dicembre 2016. In sostanza, come scrisse il giudice per le indagini preliminari Eugenio Fiorentino, il Cas consegnò all’impresa Musumeci un mandato in bianco senza fornire alcuna indicazione sul tipo di lavori da effettuare e sui costi da sostenere, abdicando a vagliare l’idoneità dell’intera opera ad assicurare effettivamente la messa in sicurezza del tratto autostradale.